MONTEMONACO – Prima di salire a Isola San Biagio di Montemonaco, dopo aver superato il capoluogo attraverso un panorama mozzafiato, c’è il bivio per il Monte Sibilla. Luoghi, entrambi, a “un passo dal cielo”, verrebbe da dire, dove madre natura e la sapiente mano dell’uomo, guidata a fede ed esigenza di creare una comunità, hanno reso particolarmente prezioso e unico un territorio minacciato ora dalla peggiore delle conseguenze del sisma: l’abbandono. Restituite alla popolazione la chiesa di San Biagio dunque, riaperta sabato 26 ottobre dal vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, MonsCarlo Bresciani e dal sindaco di Montemonaco Francesca Grilli, alla presenza del Governatore della Regione Marche Luca Ceriscioli, del presidente del Parco Nazionale dei Sibillini Andrea Spaterna, di Paola Di Girolami direttrice dei Musei Sistini del Piceno e di numerosi cittadini, ha rappresentato molto di più di una semplice operazione di ricostruzione.

«So bene – ha detto monsignor Bresciani – che ci sono ancora tante case ed edifici pubblici da mettere a posto. Ma in questi tre anni spesso mi sono sentito dire: “eccellenza il nostro paese senza la chiesa si sta spegnendo”. Ed ecco che la motivazione, alla base dell’impegno di restituire gli edifici di culto alla cittadinanza (e San Biagio è il quindicesimo) è certamente religiosa. Ma c’è anche quella sociale, altrettanto importante.
Riaprire una chiesa – ha specificato l’alto prelato – vuol dire ridare le mura ad una popolazione affinché possa ricreare quel senso di aggregazione  che sta rischiando di perdere. Sono mura antiche il cui vero valore però è rappresentato dalle persone che le animano, le quali si trovano a raccogliere un’importante eredità lasciata dai padri che chissà con quanta fatica le hanno alzate, secoli fa, per il grande amore verso la chiesa e per il bisogno di essere comunità». Da qui l’appello del vescovo agli amministratori presenti, di «fare di tutto e più in fretta possibile per contrastare lo spopolamento e l’ulteriore scivolamento verso la costa dei residenti, lavorando per mantenere vivi riti e tradizioni».

«Dopo il sisma – ha commentato Ceriscioli – abbiamo messo in ordine di priorità la ricostruzione di scuole, strade e per terzo le chiese, puntando sui luoghi di aggregazione per rinsaldare i legami delle comunità di cui queste piccole frazioni sono il cuore, dove in pochi ormai abitano ma che sono un punto di riferimento per tutti quelli che qui hanno le loro origini».

E’ sulla stessa lunghezza d’onda Spaterna: «Una realtà spirituale e storica così straordinaria è importante per il recupero del tessuto sociale di queste zone e speriamo vada di pari passo con la rigenerazione di quello economico. L’Ente che presiedo darà il suo contributo in tal senso, ponendosi come ulteriore opportunità di crescita».

Il sindaco Grilli ha ringraziato le istituzioni regionali per una tale manifestazione di vicinanza: «Oggi la comunità riconquista un altro pezzo della sua identità. L’auspicio è che presto anche le altre chiese danneggiate e le case possano tornare ad accogliere la popolazione». Da parte di tutte le autorità, è andato il plauso a chi materialmente e «con grande professionalità» si è occupato dei lavori, da Piergiorgio Carosi responsabile tecnico della curia, all’ingegnere progettista e direttore dei lavori Benedetta Marcozzi, coadiuvata dall’architetto Gloria Marcozzi, sua sorella, originarie di Force e con studio a Fermo, passando per la ditta ascolana Walter Sparti ed il restauratore Osvaldo Pieramici.

 

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