SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nella mattinata di mercoledì 9 ottobre, il sindaco Pasqualino Piunti ha ricevuto il Padre Superiore dei Sacramentini. Il reverendo Giancarlo Breda era accompagnato da padre Silvano Nicoli e padre Leopoldo Cristinelli. Al superiore e ai suoi confratelli è stato donato un volume sulla città. L’incontro ha fatto da preludio alla consegna del Gran Pavese Rossoblù che i Padri Sacramentini riceveranno questo sabato, alle ore 11, durante una cerimonia pubblica prevista in sala consiliare, nell’ambito dei festeggiamenti patronali di S. Benedetto Martire.

Questa civica benemerenza, lo ricordiamo, viene assegnata per l’opera svolta da personaggi caratteristici locali, da istituzioni, associazioni, enti e società nelle varie attività economiche, sociali, assistenziali, culturali, formative, sportive, nonché per elevati atti di coraggio e di abnegazione civica. Nel caso specifico, la municipalità sambenedettese ha concesso ai Sacramentini il Gran Pavese come segno di gratitudine per l’opera di assistenza morale e materiale da loro prestata, in 80 anni di presenza in città, nei confronti dei più deboli e a tanti sambenedettesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Insieme con i Padri Sacramentini, sabato saranno premiati anche: le sorelle Anna Maria, Elsa, Giuseppina, Dina e Ombretta Merlini (commercianti di prodotti ittici), il giornalista Remo Croci ed il musicista Lito Fontana.

Il quadro storico che, principalmente, ha portato all’assegnazione di questa benemerenza ai nostri religiosi è stato tratteggiato dal compianto prof. Ugo Marinangeli: ex sindaco e studioso di storia locale: «Il 14 ottobre 1939 giungevano nella nostra città i Padri Sacramentini (sacerdoti, studenti e conversi) ed iniziarono subito la loro opera trasformando i due fabbricati occupati in Chiesa e studentato. E la loro opera si manifestava all’esterno nei vari ambienti e strati sociali cittadini recando la parola, il consiglio e l’aiuto. In poco tempo divennero parte integrante della popolazione sambenedettese».

«Durante il periodo bellico – prosegue la relazione storica – la loro opera assistenziale si esprimeva in modo tutto particolare. La massima parte della popolazione era sfollata, ma 13 religiosi Sacramentini erano rimasti in città per proseguire una memorabile opera: assistenza continua e costante a persone e cose, la difesa degli immobili e di tutto l’arredamento casalingo dallo svaligiamento. Ed eccezionale fu la loro azione dopo il più orribile dei bombardamenti, quello del 27 novembre 1943 alle ore 12.00. Nel diario della Casa Religiosa è riportato: “Ci prodighiamo per amministrare i sacramenti ai morenti, per trasportare sulle nostre spalle i feriti all’ospedale, per organizzare il disseppellimento dei morti e dei feriti rimasti sotto le macerie e trovandoci soli per il panico generale e tra il fuggi fuggi dei pochi rimasti in città”».

Nei decenni successivi, i Sacramentini hanno proseguito nella loro opera di assistenza spirituale e materiale, sia dei sambenedettesi che di altre persone in difficoltà. Padre Nicoli, in particolare, ricorda l’esperienza del 1991, quando una piccola comunità di albanesi, in fuga dalla loro nazione, trovarono ospitalità per parecchi mesi nella struttura di via Crispi.

«La trepidazione di Monsignor Luigi Ferri per la fondazione – ha ripercorso padre Silvano Nicoli in un suo scritto – lo spirito di fede e di compatta generosità di vita con cui la comunità ha iniziato la sua presenza e si è fatta conoscere in città, la risposta di accoglienza senza riserve e di sostegno della cittadinanza, il ruolo di riferimento per la preghiera esercitato dal Santuario dell’Adorazione, la testimonianza di un folto gruppo di studenti religiosi decisamente impegnati nella preparazione del sacerdozio in un clima certo di preghiera ma anche di lavoro, le varie attività di servizio culturale e pastorale (il corso di Teologia, la parrocchia di S. Giuseppe) sono un bene e una ricchezza, di cui neanche ignoriamo i limiti, che non devono restare confinati nel nostro privato di Sacramentini! Vogliamo rafforzare la memoria del nostro passato, per propiziare un futuro che tenga fede, nelle mutate situazioni, al meglio che il passato stesso ci ha consegnato».

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