Di fronte al dibattito sorto nell’ambito del progetto di legge numero 18 sull’Identità del nascituro morto nel ventre materno, che si prefigge di dare risposta ai genitori che desiderano registrare il loro figlio morto durante la gravidanza con un nome e i due cognomi, la Conferenza episcopale panamense, in un comunicato stampa, manifesta “il suo appoggio a questa proposta che aiuterà i genitori ad alleviare il dolore e a rendere più leggero il lutto”.
La nota mette in evidenza che “in diverse occasioni la Chiesa cattolica ha difeso i diritti della persona fin dal momento del concepimento fino alla morte naturale” e che ciò a Panama è riconosciuto dal Codice di Famiglia, all’articolo 484, che definisce il minore come “ogni essere umano dal concepimento fino al compimento dei 18 anni d’età”. Secondo i vescovi, “il figlio non nato è una persona che ha il diritto ad avere un’identità. Non possiamo scartarlo come se non fosse mai stato concepito”.
Nel comunicato la Conferenza episcopale panamense prende posizione anche su un ulteriore tema, l’imminente designazione dei magistrati della Suprema Corte di Giustizia (Csj), auspicando che essa sia caratterizzata “da un processo indipendente da interessi politici, partitici e individuali, di fronte alla fragilità istituzionale e la debole fiducia della cittadinanza nel sistema giudiziario”.

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