Maurizio Calipari

Alla ricerca di un migliore modello di comprensione del nostro sistema immunitario – la cui attività è incredibilmente complicata ed estremamente variabile da individuo a individuo – anche per riuscire ad ottenere vaccini migliori e per più malattie. Con questa finalità, tre studi offrono nuovi elementi, sulla base di quanto osservato in soggetti neonati nei giorni cruciali immediatamente successivi alla loro nascita, quando cioè il sistema immunitario deve affrontare per la prima volta le numerose “minacce” provenienti dal mondo esterno.
Già lo scorso anno, un primo studio realizzato da alcuni ricercatori europei aveva analizzato il sistema immunitario di 100 bambini nati prematuri, tutti tra la prima e la dodicesima settimana dopo la nascita. Qualche giorno fa, una seconda ricerca (pubblicata su “Nature Communications”) condotta da un gruppo internazionale di studiosi ha iniziato a delineare alcuni punti fermi di riferimento per uno sviluppo sano del sistema immunitario, indagando quali geni, proteine e cellule immunitarie sono attivi durante la prima settimana di vita di un neonato. “In tutta la prima settimana di vita – spiega Ofer Levy, medico dello staff e direttore del programma Precision Vaccines del Boston Children’s Hospital, coautore dello studio più recente – avvengono massicci cambiamenti molecolari. Cambiano oltre 1000 geni, molte proteine, centinaia di metaboliti: stiamo parlando di cambiamenti davvero radicali”.
Lo sforzo di queste due ricerche è finalizzato a comprendere non soltanto quali siano i “pezzi” del sistema immunitario, ma anche la maniera in cui interagiscono adattandosi tra loro. “Il sistema immunitario – chiarisce Petter Brodin, immunologo pediatrico e docente al Karolinska Institute di Stoccolma (autore senior dell’articolo dell’anno scorso) – è estremamente complesso; ci sono così tante parti in movimento. Se ci concentriamo solo su, diciamo, un tipo di cellula o di proteina, non saremo in grado di vedere come è cablato il sistema nel suo complesso, o come è regolato e funziona in un dato paziente in un dato momento”.
In pratica, Brodin e colleghi hanno potuto verificare che, quando il bambino nasce, l’impatto con l’ambiente esterno provoca in lui dei cambiamenti drastici, soprattutto a causa del fatto che i batteri colonizzano rapidamente il tratto digestivo, la pelle e i polmoni dei neonati. “Pensiamo – afferma lo studioso – che questo sia il fattore scatenante dopo la nascita, che sia la ragione per cui tutti i bambini rispondono in modo simile: sono tutti colonizzati”.
Ritornando alla seconda recente ricerca, Levy e gli altri ricercatori del gruppo internazionale hanno messo a confronto due campioni di sangue di 30 neonati nati in Gambia (Africa occidentale), convalidando poi i loro risultati con quelli ottenuti in altri 30 neonati, nati però dall’altra parte del mondo (Papua Nuova Guinea). Pur riscontrando nei diversi neonati numerose variazioni nelle misure di attività genetica, immunitaria e metabolica, tuttavia il team di ricerca ha potuto constatare la presenza di alcune, per così dire, “firme di base” (così le definisce lo stesso Levy) del cambiamento di attività geniche e immunitarie dei bambini nel corso della prima settimana dopo la nascita. Si tratta, in pratica, dei primi passi per cominciare ad impostare un parametro di base del comportamento immunitario, utile in futuro per capire come i bambini prematuri o malati differiscono da questo standard.
Un terzo recente studio (pubblicato su “Nature Medicine”), questa volta indirizzato all’esame del sistema immunitario in età adulta, è stato invece sviluppato da un gruppo di scienziati dell’Università di Stanford e di Israele. Grazie al monitoraggio dell’attività del sistema immunitario di 135 adulti di varie età, per un periodo di oltre nove anni, gli studiosi hanno verificato che, sebbene il sistema immunitario di ogni adulto sia diverso, i cambiamenti legati all’età seguono comunque una traiettoria comune. “È come se – spiega Shai Shen-Orr, coautore senior dello studio e responsabile del laboratorio di immunologia dei sistemi e medicina di precisione al Technion-Israel Institute of Technology – tutti guidassero verso la stessa posizione ma a velocità diverse”. Sulla base di questi risultati, Shen-Orr e i suoi collaboratori hanno quindi provato a sviluppare una misura clinica della salute immunitaria, utile a verificare se il sistema immunitario i pazienti funziona in modo appropriato, in modo analogo a quanto si usa fare con i livelli di colesterolo e la pressione sanguigna per valutare la salute cardiovascolare. A parere di Shen-Orr, gli stessi dati potrebbero anche aiutare a identificare le persone che non trarranno beneficio dai vaccini antinfluenzali, o servire potenzialmente come punto di riferimento per i cambiamenti di stile di vita o per i farmaci destinati a rallentare l’invecchiamento immunologico. A conferma di queste prospettive, anche Wayne Koff, presidente e amministratore delegato dello Human Vaccines Project (un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che lavora per decodificare il sistema immunitario umano) considera questi sforzi per tracciare un quadro complessivo del sistema come passi cruciali per lo sviluppo di vaccini di nuova generazione.

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