IRLANDA – Venerdì 25 maggio il 62% degli irlandesi si è recato alle urne in occasione dell’atteso referendum sull’aborto. Ha votato a favore il 66,4%, mentre si è espresso in senso contrario il 33,6%. Schiacciante dunque la vittoria di coloro che hanno voluto abolire l’Ottavo Emendamento, col quale in Irlanda il nascituro era messo sullo stesso piano della madre e l’aborto era consentito solo se quest’ultima si fosse trovata in pericolo di vita.

La notizia ha trovato ampia eco su tutti i mezzi di comunicazione degli altri paesi europei. Ci chiediamo se in caso di esito contrario, la cosa avrebbe avuto la stessa risonanza mediatica. La domanda è legittima, poiché, come è noto, il circuito mass-mediatico è palesemente orientato a favore del fronte abortista.
Lo dimostra il fatto che quanto accaduto in Irlanda ha trovato spazio sulle prime pagine di tutti i giornali, mentre la scelta che risale a pochi giorni fa dell’amministrazione americana di tagliare i fondi pubblici alle strutture che praticano l’aborto ha trovato spazio solo in qualche trafiletto.

In un contesto così schierato è impossibile non notare l’approccio completamente ideologico alla questione dell’aborto. La battaglia civile e culturale fra abortisti e antiabortisti viene sempre proposta come uno scontro fra laici e cattolici. Messa in questi termini, il fronte antiabortista ha gioco facile: basta parlare alle masse, invitandole all’emancipazione dalle chiese e dalle visioni religiose e il gioco è fatto. Non si tiene invece sufficientemente in conto che, se per assurdo le religioni non esistessero, il problema dell’aborto si porrebbe ugualmente, poiché è una questione che riguarda l’umanità e che coinvolge la ragione, prima ancora che la fede. Non occorre affatto impegnare la fede laddove è sufficiente l’uso della ragione e la ragione ci spinge a dire chequella che si sopprime durante la pratica dell’aborto è una vita. A riprova di ciò, ci sono moltissimi atei che sono contrari all’aborto. Non serve essere credenti per essere antiabortisti.

Un’altra operazione che viene messa in campo per propagandare l’aborto è la criminalizzazione di chi è contrario.

Chi si oppone all’aborto viene definito come un medioevale, un integralista, uno che non è al passo coi tempi, uno che vuole imporre le sue idee agli altri. Sono spesso tutte accuse vuote di significato che evitano accuratamente di entrare nel merito del problema e cioè che stiamo parlando non di un grumo di cellule, ma di una vita umana che ha una sua specifica dignità. Basta vedere quello che accade ai medici obiettori di coscienza verso i quali si è scatenata una nuova caccia alle streghe, specialmente sui social. Il ragionamento è più o meno questo: gli obiettori non consentono di mettere in pratica il diritto all’aborto, sancito dalla legge 194. Come se non fosse la stessa legge 194 a proclamare il diritto all’obiezione di coscienza!

Il referendum irlandese cade negli stessi giorni in cui in Italia si è tornati a parlare di aborto, grazie a delle campagne lanciate da alcune associazioni pro-life che hanno esercitato il loro diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero, affiggendo dei manifesti in molte città italiane. Come è noto, molti di questi cartelloni sono stati rimossi o oscurati, alla faccia della libertà di espressione. Si ha l’impressione che la libertà di espressione sia accordata ancora una volta al solo fronte abortista.

Insomma, sembra che con l’avvento della 194 alla caduta di un (presunto) dogmatismo non si sia fatto spazio alla libertà di pensiero, ma solo a nuovi dogmi di segno opposto ai precedenti.

Un’ultima considerazione: quello che la ragione ci suggerisce, viene confermato dalla fede. Citiamo il Catechismo della Chiesa Cattolica che afferma:
2271 Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale:
« Non uccidere il bimbo con l’aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita ». 182

« Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell’uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l’aborto come pure l’infanticidio sono abominevoli delitti ». 183

2272 La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. « Chi procura l’aborto, se ne consegue l’effetto, incorre nella scomunica latae sententiae », 184 « per il fatto stesso d’aver commesso il delitto » 185 e alle condizioni previste dal diritto. 186 La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

2274 L’embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano.

La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se « rispetta la vita e l’integrità dell’embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale […]. Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l’eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi […] non deve equivalere a una sentenza di morte ». 189

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