Per rispondere a chi sostiene sia necessario tutelare la madre, il vescovo ribadisce l’indicazione della Chiesa secondo cui “quando una donna incinta gravemente malata ha bisogno di cure mediche che possono mettere a rischio la vita del suo bambino, tali trattamenti sono sempre eticamente ammissibili, purché sia stato fatto ogni sforzo per salvare la vita sia della madre sia del bambino”. Quanto al caso di un nascituro gravemente malato scrive: “Se ci chiedessimo cosa faremmo in queste situazioni un mese dopo la nascita, invece di un mese prima, saremmo inorriditi dal pensiero che togliere la vita al bambino era stata un’opzione”. A chi parla di “feto” e non di un “bimbo” per glissare sul fatto che si tratti di una persona umana, il vescovo ripropone i titoli apparsi sui giornali inglesi alla notizia che Kate Middleton, la moglie del principe William, fosse in attesa del terzo figlio: “Nessuno lo ha chiamato feto anche se era solo alla decima settimana”. Il vescovo conclude con un incoraggiamento a non lasciarsi intimidire dal fatto che “chi si oppone all’aborto sarà dipinto come estremista, assolutista e fanatico religioso”, poiché questo non è un tema religioso, ma “etico e umano, di uguale diritto alla vita” ed è la biologia che dice “che la vita nel grembo comincia con il concepimento” e non si tratta di “un potenziale di vita umana ma di una vita umana con potenziale”.

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