“Mi sento emozionato e senza parole. Non ho parole mie. Conoscevo Laura da tanto tempo, ho camminato con lei, sono cresciuto grazie a lei e forse se oggi sono qui come sacerdote, lo devo anche a questo percorso che abbiamo fatto insieme”.

Con queste parole Don Matteo Calvaresi, vice parroco della Chiesa San Basso di Cupra Marittima, ha aperto al sua omelia durante i funerali di Laura Curzi celebrati ieri, lunedì 9 gennaio presso la parrocchia SS. Annunziata di San Benedetto del Tronto.
Don Matteo ha poi affermato: “Vorrei riflettere con voi su tre parole che mi hanno suggestionato in questa giornata. Oggi è il primo giorno della prima settimana del tempo ordinario. Sembra quasi che Laura ci abbia dato un appuntamento, che abbia fatto finire le feste, che abbia aspettato che tutti fossimo stati contenti.
Non ha voluto in qualche maniera “rovinare” le feste. Se ne è andata dopo l’Epifania, quando il tempo di Natale e il tempo ordinario si toccano, nel momento in cui lo straordinario che Dio compie tocca l’ordinario della nostra quotidianità. Non è un caso infatti che Laura abbia vissuto lo straordinario nell’ordinario. Laura non era perfetta, aveva i difetti come tutti gli esseri umani.
Oggi diciamo le cose belle di Laura perchè attraverso queste cose lei ci ha insegnato a camminare, ci ha insegnato che è possibile avere speranza, ci ha insegnato che è possibile aver fede, ci ha insegnato che è possibile essere cristiani gioiosi in questo mondo.
La prima parola che prendo in prestito dalla prima lettura è: fecondità. Una fecondità che sembra non esserci per Anna che soffre la sterilità. Eppure c’è l’amore speciale di suo marito Elkanah che con il tempo, grazie anche alle preghiere che rivolgerà davanti a Dio nel tempio, gli permetterà di avere Samuele il figlio che farà grandi cose in Israele, il più grande giudice che ungerà il capo di Re Davide.
La parola fecondità la ritroviamo nella vita di Laura. Lei non era sposata, non aveva figli propri, eppure ne ha avuti tanti. È una persona che attraverso il suo amore ha generato alla vita e ha generato tanto.
Il fatto che abbia generato alla vita lo testimonia anche la presenza di tante persone qui.
Molti sono stati suoi ragazzi e hanno camminato con lei. Molti oggi gli rendono grazie per l’amore che ha seminato in loro. Si dice spesso che i capi devono seminare senza aspettare di vedere i frutti. Forse Laura da lassù adesso qualche frutto lo vede, anzi ne vede molti. Mentre pensavo a queste cose, questa mattina un mio parrocchiano mi ha mandato un sms. Mi ha scritto queste parole: ‘In questi ultimi anni ho incontrato Laura in alcune occasioni in cui abbiamo cantato insieme. Per celebrazioni diocesane con il vescovo o per gli incontri con i giovani. Non l’ho conosciuta di persona e ne ricordavo il suo nome. Quando più volte ho letto il suo nome su Facebook, non lo associavo a lei. Quando ho visto la foto però non ho trattenuto alcune lacrime.
Quel volto lo conoscevo, era a me familiare.Quando l’ho conosciuta, quel volto esternamente era già segnato dalla malattia.
Tramite gli occhi e il sorriso però esprimeva da dentro un qualcosa che sapeva di bello e che la sofferenza fisica non intaccava, anzi forse la faceva emergere ancora di più’.
Questo comunicava Laura attraverso il sorriso, attraverso la gioia di guardare il mondo, attraverso una gioia che non poteva essere trattenuto dal male. Un male che l’ha impegnata a lungo. Laura era una persona appassionata, appassionata di generare alla vita.
Riusciva a fare quello che non tutti i capi riuscivano a fare. Riusciva a vedere in tutti i ragazzi, anche quelli più difficili, la possibilità di una crescita, la capacità di un cambiamento.
Requisito fondamentale per il capo è vedere nel bambino di oggi, l’uomo e la donna della partenza che sarà. Laura ci riusciva.
A volte io mi stufavo con certi elementi, dicevo: ‘Vabbè questo lasciamolo perdere! Questo se lascia il gruppo è quasi meglio’.
Lei mi rimproverata sempre ‘devi guardare le sue capacità, le sua passioni. Devi guardare quello che può fare, quello che può essere.’
In molti momenti mi ha sostenuto e anche in questo periodo di malattia ha generato la vita, anche quando il dolore della malattia era grande e lei non si lamentava.
Laura anche nella malattia vedeva una sfida da portare avanti. È stata importante per tante cose nello scautismo. Adesso però il gruppo San Benedetto 1 non si deve disperare. Adesso è il tempo di rimboccarsi le maniche. Adesso è il tempo di tirar fuori quello che si è imparato. Allora coraggio San Benedetto1! Se avete imparato qualcosa da Laura è ora di dimostrarlo.
Dal Salmo prendo una seconda parola: grazie. Mi piace leggere una parola maestra delle coccinelle, la parola maestra di Shiba: ‘Che il sentiero sia seminato dei grazie che ti diranno per la gioia che saprai donare’.
Laura quando doveva ringraziare qualcuno tirava fuori sempre questa frase che era una vera e propria benedizione. È un grazie legato alla gioia.
Laura lo diceva agli altri ma questa parola è proprio per lei. Laura riusciva a seminare intorno a se la gioia e la gratitudine che oggi gli tributiamo. Anche nella sofferenza riusciva ad essere lieta e riusciva a far essere lieti anche gli altri. Lei riusciva a leggere nella quotidianità la bontà di Dio.

Laura sapeva leggere in ogni giorno un dono, in ogni saluto un dono, in un ogni abbraccio un dono e questo dono ogni volta lo riceveva da Dio.

Era lieta perchè sapeva essere grata. Chi non si ferma mai a ringraziare il Signore non può riconoscerlo come Padre. Il vero Padre è qualcuno verso il quale siamo debitori, è qualcuno che sentiamo il bisogno di ringraziare perchè ne comprendiamo il bene. Laura riconosceva questo bene.
Nell’analizzare il grazie di Laura mi viene da dire: Grazie Dio per Laura.

La terza parola che traggo dal Vangelo è: vieni. È la parola che Gesù rivolge ai primi quattro apostoli.
Questa parola segna la novità nella vita di questi discepoli.
Perchè la novità? Quando Gesù li chiama i discepoli stavano vivendo la quotidianità dei loro mestieri: ‘Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini».

Facevano le cose normali di ogni giorno. Gesù con questo “vieni” apre ad una novità, rompe con il passato e apre ad un nuovo presente che è il preludio di un nuovo futuro.

Ogni giorno il Signore ci chiama sulla sua strada, ci chiama a fare un passo con lui. L’esigenza alla conversione è necessaria per andare dietro a Gesù, altrimenti si rischia di tornare alle cose di ogni giorno.
Nel Vangelo secondo Giovanni infatti Gesù si era mostrato agli apostoli, ma loro dopo non sanno più quello che devono fare. Pietro torna a fare quello che sapeva fare bene e come riportato nel Vangelo afferma: “Io vado a pescare”. Gli dissero gli altri: “Anche noi veniamo con te” (Giovanni C. 21 3).
L’apostolo era tornato alla routine, ancora una volta Pietro aveva bisogno di conversione. Quando va a pescare Pietro incontra Gesù che un’altra volta gli dice: Vieni.

Questa parola “Vieni” Laura l’ha ascoltata tante volte. Perché in quella voce che la chiamava sentiva quel vieni di Gesù.
C’è riuscita quando i servizi sono stati pesanti, quando aveva incarichi a livello regionale e nazionale. Ci è riuscita quando ha scoperta la malattia, ha accettato questo nuovo percorso non con la disperazione di chi sà che tutto è finito ma di chi sa che c’è da lottare, da andare avanti. Di chi sa che sarà duro e faticoso e che con l’aiuto di Dio ce l’avrebbe fatta.

Per Laura è sempre stato chiaro quando sarebbe stato il tempo della novità. Quando l’ho incontrata a Natale faceva progetti per il futuro e questo era il segno che dentro di lei non si era mai spento il fuoco che la spingeva a seguire il Signore.

Se ne è andata in un giorno particolare, come dicevo, in cui lo straordinario tocca l’ordinario, se ne è andata in punta di piedi. Se ne è andata nel giorno in cui i genitori si sono sposati, quasi a raggiungere il padre per fare festa con lui nel regno dei cieli.

Vorrei terminare con una parola di San Paolo che mi fa tremare il cuore in questo momento e che mi fa pensare a lei: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2Tm 4, 7).
Ciao Laura.

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