DIOCESI – “Che ne sarà di me?: è una domanda che più o meno consciamente è nel profondo della nostra vita. Noi cerchiamo, come non mai nella storia, la cura del nostro corpo, della sua salute e del suo aspetto estetico”.

Con queste parole è iniziata l’omelia del Vescovo Carlo Bresciani in occasione della solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.

Il Vescovo Bresciani ha poi affermato: “Frequentiamo palestre, arriviamo anche ad usare la chirurgia estetica per migliorarne l’aspetto; i cosmetici sono sempre più una parte importante della nostra spesa. In ogni modo cerchiamo di ostacolarne la vecchiaia e la decadenza dell’età. Ma la domanda resta lì, inevitabile, a turbare la nostra superficiale tranquillità: “che ne sarà di me? Che ne sarà di questo corpo che mi ha permesso tutte le esperienze belle e tristi della mia vita?”
Ogni volta che una persona, in qualche modo a noi legata, muore, la domanda riemerge impellente: cerchiamo di nasconderla dietro parole di commiserazione, di solidarietà, di incoraggiamento, ma in fondo, sentiamo che sono parole che non rispondono alla nostra domanda, che alla fine è la domanda più vera che da sempre l’essere umano non ha cessato di porsi e alla quale ha sempre tentato di dare qualche risposta.
I nichilisti la sfuggono affermando che tutto finisce nel nulla. Noi e il nostro corpo saremmo destinati semplicemente al nulla: polvere dimenticata dagli uomini e da un Dio che non sarebbe altro che una pietosa invenzione per una troppo facile consolazione, adatta solo a spiriti che non sanno reggere la realtà della vita.
È una risposta, non solo non vera, ma che non ci permette neppure di guardare al nostro futuro con speranza: lo tinge solo di nero e di paura. Ci rende talmente aggrappati al momento presente, talmente timorosi di perderlo, che non ci lascia liberi di viverlo con vera gioia. Ma, soprattutto, ci avvolge in una paura esistenziale che, vedendo e aspettandosi dal futuro solo disastri, ci chiude in un sempre più esasperato egoismo individuale, di coppia e perfino di nazioni. Volendo salvare ad ogni costo il nostro corpo, la sua salute, la sua bellezza e il nostro benessere, timorosi di perdere qualcosa, non siamo più capaci neppure di generare figli per il futuro.
Se davanti a noi c’è solo il nulla, inevitabilmente abbiamo paura di andare avanti, e ci aggrappiamo a fili d’erba illudendoci di poterci così salvare almeno qualcosa. Una società nichilista è inevitabilmente destinata alla dissoluzione, incapace di spendersi per il bene non immediato, incapace di superare l’egoismo.
Ma è solo questa la risposta possibile alla domanda che ci siamo posti? Oggi la Chiesa, sulla scorta della vicenda di Gesù, risponde con risoluta decisione: NO. Quel velo impenetrabile della morte corporale, che porta molti ad affermare che nasconde solo il nulla, è stato squarciato dalla resurrezione di Gesù e, con questa, abbiamo potuto esperimentare che dietro quel velo c’è un’altra vita, che ci è difficile descrivere, ma che è vera. Una vita cui anche il nostro corpo, trasformato come quello del Cristo risorto, sarà fatto partecipe. Noi, nella celebrazione della santa messa, affermiamo esattamente questo, poiché in questa celebrazione noi non ricordiamo un morto, ma incontriamo un vivo. Se non fosse così, non avrebbe alcun senso partecipare alla santa messa, ricevere l’eucaristia, chiedere i sacramenti …
Allora sì, saremmo degli illusi, in qualche modo da compatire, perché incapaci di affrontare la realtà della vita. La nostra fede nella resurrezione non è una illusione di persone deboli e pusillanimi. Se così fosse sarebbero inspiegabili tutti martiri di ieri e di oggi che coraggiosamente hanno affrontato anche la morte, certi che la vita donata in Cristo sarebbe stata loro restituita nella resurrezione. Sarebbero assolutamente inspiegabili le vite di tutti i santi non certo timide, ma rese libere dall’attaccamento al presente per costruire fiduciosamente e faticosamente un futuro migliore per l’umanità.
Il cristiano, colui che crede che Cristo è risorto e vivo, dà una risposta certa alla domanda che ci siamo posti all’inizio: “che ne sarà di me e del mio corpo? Sarò chiamato a risorgere in Cristo e in quel momento la verità della mia vita, del bene e del male che ho compiuto, sarà svelata agli occhi di Dio e dell’umanità tutta”. Il bene avrà la sua ricompensa e il male la sua condanna. Non il nulla ci attende nel futuro, ma la vita nella beatitudine eterna o nella condanna eterna.
Non timore e paura ci guida, ma fiducia nella bontà e nella misericordia di Dio: per questo da seguaci di Gesù, cerchiamo di operare il bene, anche quando questo ci chiede, per il bene di tutti, di rinunciare a qualcosa di noi stessi, superando quella radice innata dell’egoismo che è dentro ciascuno di noi.
Maria, la madre di Gesù, ha vissuto tutto questo con grande radicalità; prima nella fede nel suo figlio Gesù, generato dal suo corpo verginale, è anche la prima ad essere stata chiamata a partecipare alla sua resurrezione, a quella vita oltre la morte cui è stata assunta prima che il suo corpo fosse aggredito dalla corruzione. Non ha temuto di donarsi completamente a quanto Dio le ha chiesto, dedicando tutta la sua vita al Figlio di Dio e alla Chiesa nascente. Prima nella fede, è prima anche nella resurrezione, proprio come afferma san Paolo: “prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo” (cfr. 1Cor 15, 23).
Noi oggi celebriamo l’Assunta, non una morta, ma una vivente in Dio. Adoriamo quel Dio che l’ha portata alla vita eterna con sé, mentre attendiamo nella fede di esserne fatti partecipi anche noi a suo tempo.
Santa Maria Assunta in cielo, prega per noi adesso, e nell’ora della nostra morte. Amen

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