Don Gianluca RosatiDIOCESI – Con questo articolo presentiamo una serie di riflessioni elaborate da Don Gian Luca Rosati sull’anno Santo della Misericordia.

«Dopo l’Incarnazione del Verbo tutto è dominato dal volto, dal volto umano di Dio» (Pàvel Nikolàjevič Evdokìmov).

Questo volto abbiamo la possibilità di contemplarlo incontrando il Vangelo, incontrando il Cristo: infatti «la figura del Cristo è il volto umano di Dio; lo Spirito Santo riposa su di lui e ci rivela la Bellezza assoluta, divino-umana…» (P. Evdokìmov, Teologia della bellezza, San Paolo, p. 39). Noi cristiani possiamo compiere opere di misericordia solo se teniamo lo sguardo fisso sul volto di Dio, solo se guardiamo come Lui compie opere di misericordia nella vita di ciascuno dei suoi figli, nella storia del mondo. Il motto di questo giubileo ci aiuta: «Misericordiosi come il Padre». Ricevendo la misericordia dal Padre, siamo chiamati a comunicarla a ognuno dei fratelli che incontriamo.

Queste riflessioni sulle opere di misericordia vorrebbero essere un semplice tentativo di guardare Gesù e imparare da Lui. Ho provato a guardarlo mentre Egli compie le opere di misericordia. Penso sia essenziale fermarci a contemplarlo prima di agire, prima di metterci a correre per le strade, prima di intraprendere qualsiasi azione. È essenziale perché le nostre azioni parlino di Lui e non di noi, siano evangelizzazione e non propaganda, siano espressione di amore e non di potenza.

Il primo episodio che vorrei prendere in considerazione è tratto dal Vangelo di Matteo (9,35-38 – 10,1.6-8):

35Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.
36Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. 37Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
10,1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. E li inviò ordinando loro: 6«Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Gesù è uomo che cammina e percorre «tutte le città e i villaggi».
Gesù è uomo che insegna nelle sinagoghe perché è animato da un’autentica passione educativa. Vuole insegnare all’uomo la verità più grande: Dio è amore!
Gesù è uomo che annuncia il Vangelo del Regno e il suo annuncio si fa guarigione di ogni malattia e infermità.
Gesù è uomo che vede e sente compassione.

Provo a immaginare i suoi occhi che, nel guardare le pecore stanche e sfinite, si riempiono di commozione. È necessario che i discepoli si imprimano negli occhi il Volto di Gesù che si commuove guardando le sue pecorelle, perché, da quel momento in poi, dovranno saper guardare ogni fratello attraverso il Volto di Gesù.

A volte mi capita di guardare il sole a occhio nudo. Quando distolgo lo sguardo, l’occhio rimane impressionato e non riesco subito a guardare le cose senza vedere sopra di esse anche una macchia luminosa lasciata dal sole. Vorrei che il mio occhio si impressionasse guardando Gesù, perché alla Sua luce sarei capace di vedere il fratello, di riconoscerlo e di aver compassione di lui.

Noi preti abbiamo il privilegio di avere a disposizione tanto tempo per stare davanti a Gesù. Gli altri devono ritagliarselo questo tempo. Eppure mi capita di trascorrere giornate intere senza trovare un momento per fermarmi a guardare Gesù. Sono giorni meno luminosi degli altri, giorni in cui faccio fatica a guardarmi con benevolenza, a guardare il fratello con simpatia, con compassione. Giorni in cui il fare ha un peso quasi insopportabile perché sembra ridursi a un’accozzaglia di azioni senz’anima, senza senso, senza costrutto… Senza Gesù non possiamo far nulla, senza la vite, siamo tralci che non portano frutto.

«La messe è abbondante» (Mt 9,37). Questo è motivo di gioia! Perciò, animo: non perdiamo tempo in chiacchiere, ma mettiamoci a pregare perché il Signore mandi operai; andiamo lieti a lavorare con Lui senza scoraggiarci. È il Signore a inviare ciascuno di noi; è Lui a darci i mezzi necessari e a suggerirci le parole: «Il regno dei cieli è vicino» (Mt 10,7). La povertà dell’inviato, la sua radicale obbedienza a Dio sono segni di questa vicinanza del regno: ricco solo dell’annuncio, l’inviato è testimone della vita nuova che annuncia, è segno del tesoro che ha trovato.

Bellissima l’ultima frase: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Non inviati soltanto a dare, ma a dare ciò che si è ricevuto. La gratuità non è cosa scontata: oggi spesso si ha a che fare con le logiche di mercato, tutto è monetizzato, tutto si può comprare. Ciò che hai ricevuto da Dio non lo hai comprato; ti è stato dato gratuitamente. Ricevere e dare gratuitamente per restare umili: anche l’inviato ha qualcosa da ricevere, ha un punto di riferimento a cui tornare. Nell’andare in missione siamo chiamati a custodire il legame con chi ci manda: sapremo essere operatori di misericordia, se da Dio continuamente accoglieremo la misericordia.

«Pieni di forza, di grazia e di gloria», come dice un canto, seguiamo il Cristo Risorto per le strade del mondo annunciando a tutti la misericordia del Padre!

Buon Giubileo della misericordia!

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