Pochi sanno che l’attuale scoglio di San Nicola, a nord di Grottammare, è il residuo di un “pezzo” fatto brillare in occasione della costruzione della ferrovia, intorno al 1840. In realtà il vero scoglio di San Niccolò era molto più grosso, quasi un isolotto che insisteva proprio sotto le attuali rotaie. Fu appunto fatto brillare proprio per far spazio alla collocazione dei binari, ma in parte esiste ancora, sottoterra. Fino al 1600, come risulta dal testamento di Domenico Partini di Grottammare, redatto il 28 novembre 1603, esso era in mezzo al…mare. La linea di costa era più arretrata rispetto all’attuale e il mare arrivava all’incirca dove oggi sussiste la strada statale 16. Lo scoglio di San Nicola “vero” era il residuo di un’antica frana, in pratica un “pezzo” di collina distaccatosi e scivolato a mare. Era alto sopra le acque 8 metri, lungo 15 e largo circa 10 metri, aveva la forma di un prisma quadrilatero, con gli angoli smussati. Se noi confrontiamo l’attuale scoglio di San Nicola con la antistante collina di Grottammare, verifichiamo che ha la stessa conformazione e origine geologica della collina. Lo scoglio-isolotto originario di San Nicola aveva una chiesetta sulla sua sommità dedicata a san Nicola di Bari, protettore dei naviganti, ciò lo evinciamo sempre leggendo il testamento del Partini, che voleva far restaurare a sue spese la vetusta cappellina. Lo storico grottammarese Don Giovan Bernardino Mascaretti, ci scrive nell’800 una “memoria” dello stesso scoglio, egli afferma che in origine la chiesina di San Nicola si trovava al paese alto, in zona di campagna e che- a seguito della frana “scivolò” in mare sopra il pezzo di roccia dove era appoggiata, restando malconcia, semidiroccata ma…in piedi . Lo storico illustra un panorama mozzafiato, sempre a seguito della frana, memoria questa tramandata dagli anziani: querce maestose in piedi in mezzo al mare, come se il monte o parte di esso, si fosse tuffato nelle acque. Nel testamento di Partini egli, volenteroso, avrebbe voluto che alla sua morte il suo patrimonio fosse impiegato nella costruzione di un comodo ponte che congiungesse lo scoglio alla terraferma e del restauro della chiesina, ciò per rendere fruibile ai devoti la devozione a San Nicola, non solo fattibile “via barca”. Ciò però non avvenne mai, perché gli eredi del Partini impugnarono il testamento e riuscirono a non “scucire” un soldo , facendo una gran cagnara e non eseguendo le volontà del genitore…!..Ma di ciò – dice il Mascaretti – ebbe colpa anche la Comunità di Grottammare, che non seppe mediare con gli eredi, ma si disinteressò del testamento e della ricostruzione della chiesina di San Nicola. Nell’800 Mascretti spiega di vedere ancora sopra lo scoglio, gli avanzi delle mura della chiesetta diruta, ormai irreversibilmente compromessi. Ne descrive perfino la fattura “.. muri alternati a file di mattoni e ciottoli tagliati piani, uniti da una sorta di cemento di calce e brecciolina”. Ma quando lo scoglio fu demolito, proprio all’epoca dello scrittore, i residui del muro andarono sbriciolati, pertanto egli si sentì stimolato a narrare la storia mirabolante dello scoglio di San Nicola, ormai irrimediabilmente scomparso. Vicino ad esso ve n’era un altro a punta, a cono un po’ inclinato, ch sulle carte troviamo denominato come: “Sasso piccuto” ( cioè sasso appuntito), avanzo anche questo di antiche frane a cui andava soggetta Grottammare. Ne abbiamo testimonianza anche dalla mappa del catasto gregoriano, che ci delinea i perimetri di entrambi i grossi scogli ed essi vengono considerati come segno di “limite” o “confine” del territorio . ( dalla Memoria sul sasso di S.Nicola al mare” di Gian Bernardino Mascaretti, 1863).

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