Di Gianni Borsa

Da europarlamentare ad ex-europarlamentare: quanto cambia la vita per chi lascia l’Emiciclo Ue? Certo mancheranno la routine settimanale dei viaggi per raggiungere Bruxelles e Strasburgo o le interminabili riunioni plurilingue per discutere di agricoltura, di energia oppure di crisi e di moneta unica. Potrebbero diradarsi amicizie costruite negli anni di mandato, relazioni di lavoro con gli assistenti, con i colleghi deputati, con gli uffici dell’Euroassemblea. Ma cosa succede quando è il momento di fare le valigie per tornare a casa, dopo anni spesi per costruire – un po’ da architetti un po’ da muratori – la “casa comune europea”? È il dubbio che assale in questi frangenti centinaia di eurodeputati uscenti che non saranno ricandidati alle elezioni del 22-25 maggio. Ma il discorso varrà probabilmente per molti che, pur ricandidati, non otterranno i voti necessari a tornare in sede Ue. Per sostenere questo “rito di passaggio”, l’Associazione degli ex deputati al Parlamento europeo, istituita nel 1999, ha pubblicato la “Guida alla vita dopo il Parlamento”. Il titolo non è dei più eloquenti, ma rappresenta, a suo modo, uno spaccato della vita nelle istituzioni comunitarie.

Incombenze, ricordi. La “Guida”, costituita da una quarantina di pagine, introdotta dal presidente dell’Associazione ex deputati, l’irlandese Pat Cox, presenta una parte con informazioni pratiche su come, ad esempio, sgomberare gli uffici occupati nel corso della legislatura; segue il capitolo dei diritti acquisiti, fra cui la pensione e l’assicurazione medica; quindi ecco le pagine per gestire i dati e i fascicoli accumulati durante il mandato (archivio); non manca la sezione per i “diritti applicabili dopo la cessazione delle funzioni”, fra cui l’accesso agli edifici del Parlamento Ue. Ma la parte più interessante è certamente quella delle testimonianze finali di alcuni “ex”, i quali raccontano come hanno impiegato il proprio tempo una volta tornati “liberi cittadini”.

Gli sherpa del trasloco.
 “Lo sgombero del vostro ufficio può essere un’operazione particolarmente frenetica e laboriosa per cui è importante organizzarsi per una transizione regolare”. Con un’enfasi forse degna di altre cause, la “Guida” si addentra nei particolari del trasloco, spiegando nel dettaglio tutte le incombenze previste, per predisporre le quali, avverte il testo, “sarà opportuno convocare una riunione con il vostro personale” (il che fa pensare a un faticoso trasferimento di scatolini affidato agli assistenti parlamentari, i quali, più che sherpa tibetani, sono in genere giovani laureati, con tanto di master, in grado di parlare più lingue, competenti in materie giuridiche, economiche, politiche). La pubblicazione si addentra in imballaggi, consegna chiavi, svuotamento cassette della posta, imprese di traslochi, restituzione pc e fax. Poi si passa all’elenco dei diritti dei deputati sul piede di partenza: fra questi appaiono l’indennità transitoria, la pensione di anzianità, il vitalizio integrativo volontario, il rimborso delle spese mediche, le assicurazioni, i corsi di lingua e di informatica… Modeste le ulteriori agevolazioni dopo la cessazione dalle funzioni, compresi l’accesso ai parcheggi e alle caffetterie del Parlamento.

Predicatori nomadi. Enrique Baròn Crespo, spagnolo, eurodeputato dal 1986 al 2009, è stato presidente dell’Assemblea. Nutre ricordi vividi della sua attività politica, dedicata, spiega, “al ritorno alla democrazia nel mio Paese e alla costruzione europea”. Oggi Baròn Crespo è titolare della Cattedra Jean Monnet alla Universidad de Castilla La Mancha. “Il mio compito è quello di spiegare la democrazia europea e il ruolo dell’Europarlamento ai giovani, come un predicatore nomade”. Anche Nicole Fontaine, francese, a Strasburgo-Bruxelles fra il 1984 e il 2009, a sua volta presidente dell’assise, è detentrice di una Cattedra Monnet, a Nizza. Promuove vari corsi e conferenze in tutta la Francia e oltre i confini nazionali. L’aver lasciato il ruolo di eurodeputata le ha provocato, dice, “una punta di rammarico”. Poi aggiunge: “Rimango tuttavia coerente con le mie convinzioni europee e conservo gelosamente i meravigliosi ricordi di un periodo così lungo e straordinario della mia vita”.

Ambasciatori d’Europa. Un po’ provato dal distacco con le sedi Ue appare Panayiotis Demetriou, cipriota, europarlamentare nella sola legislatura 2004-2009. “Sono passati cinque anni da quanto ho lasciato” l’incarico, afferma, “e sento ancora un vuoto nella mia vita”. Da eurodeputato, confida, “mi sono reso conto che le mie problematiche nazionali – in particolare la questione dell’occupazione militare turca e della divisione di Cipro – avrebbero potuto essere affrontate in modo migliore all’interno di una famiglia europea forte”. Più sollevata appare la tedesca Brigitte Langenhagen, in carica dal 1990 al 2004. Ricorda le “accese discussioni”, “la gioia per aver superato una votazione” in aula, la fatica del lavoro per addivenire a una direttiva. E conclude con alcuni consigli ai colleghi ex-deputati: “Scrivete un libro. Diventate pittori o musicisti, che illustrano a modo loro cosa pensano dell’Europa e del mondo. Cucinate un pasto europeo insieme agli amici. E ricordate che siete ambasciatori dell’Europa”.

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