bambiniDi Silvia Guzzetti
Quasi 5 milioni di adulti che, pur lavorando, non guadagnano abbastanza per vivere, 3,6 milioni di bambini che non hanno da mangiare. Queste le cifre della povertà oggi nel Regno Unito. Nella cornice di Westminster, i responsabili di tutte le associazioni cattoliche che si battono ogni giorno contro questa indigenza, “la peggiore che il Paese abbia mai conosciuto”, come ha detto il vescovo ausiliare di Westminster John Arnold, hanno spiegato ai parlamentari perché la Chiesa cattolica inglese è davvero, nelle parole di Papa Francesco, “un ospedale da campo dopo una battaglia”.
No alle mamme in prigione. Selina è stata condannata a qualche anno di prigione perché, di ritorno dalla Spagna, aveva nascosto qualche maglietta che sperava di rivendere per racimolare qualche sterlina. Le figlie gemelle, ad appena otto anni, hanno perso casa, scuola e compagni, e sono andate a vivere con la nonna Chrissie, disabile per una grave forma di artrite. Nessun assistente sociale le ha aiutate a capire che cosa succedeva né si è assicurato che la nonna ricevesse i sussidi dei quali ha bisogno. Le bambine, scioccate, dormono male, sono state prese di mira dai compagni di scuola e sono diventate violente. È per evitare questa spirale di abbandono, disperazione e violenza che la Caritas inglese ha chiesto, qualche giorno fa, allo Stato di non imprigionare le mamme con bambini piccoli.
Una battaglia di Csan. La “Caritas social action” (Csan) cerca di contrastare una povertà ogni giorno più subdola che colpisce ben 4,7 milioni di adulti, i quali rischiano di finire in ospedale per malnutrizione. “I nostri alunni arrivano in divise immacolate in aule dotate delle ultime tecnologie senza che nessuno sospetti che hanno saltato colazione e cena e stanno morendo di fame”, ha spiegato il vescovo a una sessantina di parlamentari riuniti nell’aula intitolata a Churchill. “Incapaci di concentrarsi, nervosi, arrabbiati – ha denunciato il presule – hanno bisogno di mettere qualcosa sotto i denti se vogliamo che guardino la lavagna interattiva nella quale lo Stato ha investito centinaia di sterline”.
A due passi dalla Regina si muore di fame. “A qualche centinaio di metri da Buckingham Palace gestiamo, insieme alla Chiesa metodista, una banca del cibo ecumenica dove arrivano coppie fino a ieri benestanti che, prima della crisi, hanno avuto il coraggio di fare il mutuo e, oggi si ritrovano, con una bella auto e una bella casa, a dover scegliere tra ‘heat’ ed ‘eat’, se riscaldare la casa o fare la spesa”, racconta don Patrick Browne, della parrocchia dei “Santi apostoli” a Pimlico, frequentata, alla Messa domenicale, da 700 persone. “Negli ultimi sette anni – precisa il parroco – elettricità, gas, acqua e generi alimentari sono aumentati ma gli stipendi sono rimasti uguali e oggi un inglese medio ha debiti per 53mila sterline pari a quasi 64mila euro. Le Chiese cristiane del quartiere dove abita la Regina ospitano, ogni notte, 15 senzatetto. Durante il giorno cerchiamo di trovare loro casa e lavoro. Se ce la facciamo, è una persona in più che abbiamo strappato alla strada e, la sera, si libera un posto per un altro”.
La povertà è una opportunità per la Chiesa. All’emergenza la Chiesa fa fronte dando il meglio di sé perché, come spiega al Sir Helen O’Brien, direttrice di Csan, citando il Papa, “è la nostra opportunità di dimostrare che siamo dei poveri e per i poveri e questa è la nostra vocazione più vera. Per le nostre parrocchie si tratta di un’occasione unica per riprendere a vivere come vere comunità dove ci si aiuta a vicenda. La gente è disponibile ed è pronta a dare perché gli effetti della povertà non sono mai stati così evidenti”. “Anche se gli aiuti sono soltanto un mezzo per costruire, prima di tutto, un rapporto di amicizia col quale aiutare le persone in difficoltà a uscire dalla spirale di miseria”, aggiunge John Coleby, direttore della Caritas nell’arcidiocesi di Westminster, che comprende il centro di Londra.
Il cibo per arrivare alla persona. “Non c’è mai stato alcun altro momento della nostra storia in cui così tante persone si sono trovate in miseria”, spiega al Sir il vescovo Arnold. “La povertà è la sfida più grande alla dignità di una persona, ma chi è indigente non vuole la carità bensì trovare il modo di arrivare a mantenersi”. “A nessuno di noi piacciono le banche del cibo – continua Coleby – ma sono un male necessario. Ed è altrettanto chiaro che lo stato sociale ha bisogno di riforme perché molte persone ne abusano. A noi cattolici tocca usare queste situazioni per arrivare alla persona e provare a restituirle la dignità”. “Nella mia parrocchia tutti vogliono dare una mano a partire dagli anziani che vivono della pensione e dei loro risparmi – conclude don Browne -. Durante la Messa dico: ‘Siamo a posto con i cereali, ma ci occorre il succo di arancia’. Ed ecco che la gente, generosamente, risponde e si dà subito da fare”.

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