Battesimo PapaDi Cristina Dobner
Caro Francesco,
come fare gli orecchi da mercante? Tu forse avresti detto “oidos de mercader…”
Una volta ce la faccio e metto in oblio.
La seconda, si torna su di un terreno conosciuto ma decido: “…passi… pure…”.
Alla terza, la provocazione è troppo forte ed allora non può entrare da un orecchio e uscire dall’altro.
Qualche cosa è entrato e esige di essere chiarito o espulso. È la legge della tromba di Eustachio.
Perché mai insisti così tanto (non proprio da rompermi i timpani!) sulla data del battesimo? Perché la fai capire così rilevante?
Mi verrebbe da dirti: la prima volta che me la chiedono, ti rimando ai registri parrocchiali. Quando mai però me la chiedono? In ben poche circostanze della vita.
Io la mia la conosco bene: spiccava nell’album di famiglia tra le fotografie scattate ad una neonata dormiente fra le braccia di una giovane e fiera madre. Non spiccava nel biglietto che annunciava la mia nascita, malgrado vi fossero indicati tutti i miei nomi. Spiccava invece in un album che, nella mia infanzia, veniva regalato dalla benemerita stampa San Paolo: c’era posto per le date principali della propria vita e, subito dopo quella di nascita, una riga doveva essere riempita con la data del Battesimo.
Non ricordo, ovviamente nulla di quella cerimonia, conosco tanti aneddoti familiari che hanno ricostruito un docufilm personale con cui mi diverto un mondo.
Crescendo però ho guardato il battistero della mia cattedrale con occhi diversi, sono andata a leggere il nome del prete che mi battezzò e mi sono posta tante domande.
Da quel giorno per me è iniziata una nuova vita e mi ha inserito nel grembo della Chiesa che mi avrebbe custodita, da figlia di Dio, per indicarmi la strada da percorrere: dare un senso alla mia vita, saper rispondere al “perché” della mia nascita, trovare i colori della mia tessera nel grande mosaico della storia dell’umanità.
Un segno di radice perché mi ha reso trasparente dal peccato ed aperta alla vita dello Spirito e nello Spirito. Così sono stata lavata con l’acqua, illuminata ed unta.
Un sigillo, che non si vede ma si dovrebbe percepire, risplende in me.
La mia prima esperienza pasquale: morte e risurrezione in Cristo. Strettamente legata al nome che porto con estrema fiera consapevolezza.
Questa ricchezza donata non giace inerte, come in una miniera in cui bisogna scavare per estrarre, è acqua dello Spirito che inonda, è fuoco dello Spirito che conduce e riscalda. È un primo passo, come il primo passo mosso da piccolissimi, senza di cui nessun altro movimento, nessuna vita può esprimersi. Il segno della Parola che diventa esistenza dinamica, costruttiva del Regno, cioè della signoria di Dio su tutto il creato, all’interno del grande misterioso dono della libertà della persona.
Certo, avrei potuto fare orecchie da mercante ma quel seme non si sarebbe mai spento, possiede una vitalità eterna, pronta a scaturire una volta che la si liberi dall’occlusione della mondanità, dei criteri sociali, delle competizioni e delle carriere rampanti, dai desideri effimeri.
Da quel giorno mi è stato reso possibile accedere alla mensa della Parola e del Pane di vita, da quel giorno lo Spirito si libra su di me come sulle acque nella creazione si librava sul nido a protezione dei suoi piccoli.
La creazione non è statica, conclusa, è sempre in atto, sempre diveniente.
Questo dono è racchiuso in quel giorno, in quella data, la data.
Francesco se vuoi saperla, telefonami, te la dirò e mi potrai fare gli auguri.
…forse ti fischiano le orecchie?

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