Di Giovanni Pasqualin Traversa

“Sfruttare la disperazione dei genitori di bambini gravemente ammalati per spacciare una presunta terapia di cui non è stata comprovata né la sicurezza né l’efficacia è un’azione inaccettabile, da condannare senza riserve.
Non si possono ‘vendere’ speranze scientificamente infondate, né usare i bambini come cavie!”.
Si accalora Massimo Gandolfini, direttore del Dipartimento di neuroscienze della Fondazione Poliambulanza di Brescia e vicepresidente nazionale dell’associazione “Scienza & Vita”, facendo il punto con Giovanni Pasqualin Traversa sulla controversa vicenda Stamina, metodo a base di cellule staminali mesenchimali “inventato” da Davide Vannoni, psicologo e presidente dell’omonima Fondazione, per curare bambini con gravi malattie neurodegenerative (leucodistrofia metacromatica o forme di amiotrofia spinale). Il Tar di Brescia ha stabilito la sospensione del trattamento negli ospedali cittadini, ma esso continua ad essere autorizzato in altre strutture, anche se non è mai stato sottoposto a sperimentazione per dimostrarne sicurezza ed efficacia ed è bersaglio di aspre critiche da parte della comunità scientifica internazionale. La rivista “Nature” parla di trial “basati su dati fallaci”, mentre autorevoli scienziati italiani chiedono che il governo cancelli il finanziamento di tre milioni di euro per la sperimentazione clinica che dovrebbe essere avviata dopo la presentazione da parte di Vannoni del relativo protocollo al ministero della Salute, finora mai avvenuta, attesa ai primi di luglio e rinviata dallo stesso Vannoni ad inizio agosto. Per la sperimentazione in Italia i protocolli/trial devono essere sottoposti all’Agenzia del farmaco (Aifa), e ai Consiglio e Istituto superiore di sanità.

Quali sono i principali nodi della vicenda?
“La prima gravissima lacuna è che questo metodo non è validato da alcun test scientifico riconosciuto dalla comunità internazionale. Di fatto nessuno, tranne la Stamina Foundation, ne conosce la procedura per poterne valutare sicurezza ed efficacia. Il secondo nodo è che sono in gioco le condizioni di assoluta vulnerabilità dei piccoli pazienti e dei loro genitori, elemento etico e morale di grandissimo peso. Sfruttare la sofferenza e lo stato di disperazione proponendo cure di non provata efficacia è inaccettabile sotto il profilo umano, etico e deontologico”.

Una procedura giustificata come “cura compassionevole”…
“Ogni cura dovrebbe essere ‘compassionevole’; il termine è improprio, dal punto di vista lessicale e sostanziale. Bisogna parlare di ‘uso compassionevole’ delle cure che prevede, anche dal punto di vista legislativo, che un farmaco o una terapia avanzata, pur non ancora arrivati alla sperimentazione finale (fase 4) e quindi non ancora riconosciuti e magari anche commercializzati, dopo avere superato i controlli relativi alla sicurezza (le prime due fasi) possano essere utilizzati, anche se non vi è certezza sulla loro efficacia, come estremo tentativo in singoli casi, ma non certo come terapia estesa a tutta la popolazione! Il metodo Stamina non ha invece superato nemmeno il vaglio delle prime due fasi. Come si può ammetterne l’uso, ancorché ‘compassionevole’, mettendo a rischio la vita dei pazienti? Il fatto che si tratti di bambini per i quali tutto sembra ormai perduto, e che sembrano destinati a morire, non può giustificare il rischio di somministrazione di un trattamento di non provata sicurezza. Questo ‘experimentum in corpore vivo’ aprirebbe una deriva aberrante, spaventosa: bambini che verrebbero usati come cavie umane facendo venir meno il principio inderogabile del rispetto per la dignità e integrità della persona umana”.

Ma allora perché il decreto Balduzzi dello scorso aprile sul via libera alla prosecuzione dei trattamenti già iniziati, ed ora i 3 milioni per la sperimentazione di un metodo già “bocciato” dalla comunità scientifica?
“Purtroppo non sempre la politica ha il coraggio di decisioni ‘forti’ di fronte ad un’opinione pubblica in cui è intensa l’onda emotiva e la partecipazione non razionale. È mancata una presa di posizione categorica che non avrebbe dovuto ammettere deroghe ai protocolli di sperimentazione scientifica. Ormai ci troviamo in un labirinto da cui il ministro Lorenzin sta tentando di uscire. Nel frattempo è arrivato come una sciabolata l’articolo di ‘Nature’ che non solo mette in dubbio l’efficacia tecnico-scientifica, ma solleva fattispecie che potrebbero delineare un plagio e una frode”.

Il metodo Stamina tuttavia prosegue in alcune strutture…
“Purtroppo nel nostro Paese vi sono giudici che, quando non si sostituiscono ai legislatori, si mettono a fare i medici stabilendo l’efficacia e la conseguente applicabilità di una terapia, e non è la prima volta!”.

Come intervenire?
“Nel campo delle malattie neurodegenerative il nostro sapere dal punto di vista biologico è discreto, dal punto di vista terapeutico è quasi zero. In questa sorta di deserto dei tartari occorre un sussulto etico perché se cade il principio di un protocollo serio, rigoroso, sperimentato, condivisibile, si può spacciare qualsiasi procedura con conseguenze devastanti sulla salute dei piccoli malati, sulle loro famiglie, sull’alleanza medico-paziente e sulla visione antropologica della persona. È altresì importante una buona e corretta informazione per evitare la trasmissione di inesattezze scientifiche”.

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