The Beit Safafa Housing Project has been initiated by Latin Bishop William Shomali of the Latin Patriarchate. It offers apartments to 72 Christian families from Jerusalem. ACN helped twice - 2007 and 2010 - to this project.

GERUSALEMME – Una casa per settantadue famiglie di diverse denominazioni cristiane. Finalmente i settantadue appartamenti del complesso residenziale voluto dal Patriarcato Latino di Gerusalemme sono pronti e le prime famiglie hanno già iniziato a vivere nella nuova casa nel quartiere Beit Safafa a Gerusalemme Est. Tra loro Rami, Ramia ed i loro tre figli. «Abbiamo dovuto attendere un po’, ma finalmente il nostro sogno si è avverato – afferma Rami – Per noi arabi cristiani acquistare un appartamento in questa città è davvero difficile».

L’idea di costruire un complesso abitativo per le famiglie cristiane è stata di monsignor William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme. Era il 2003, durante la seconda intifada, e l’esodo dei cristiani dalla Terra Santa aveva raggiunto proporzioni enormi. «Dovevamo trovare un modo per fermare la massiccia emigrazione dei fedeli – racconta il presule – In molti erano scettici al riguardo, ma con l’aiuto di Dio siamo riusciti a realizzare il progetto». La costruzione degli appartamenti è stata realizzata anche grazie al sostegno di Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Monsignor Shomali, originario di Beit-Sahour, vicino Betlemme, riferisce come «l’emorragia di credenti» abbia avuto inizio nel 1890, quando in molti fuggirono dal servizio militare, dalla povertà economica e dalla mancanza di libertà religiosa. Da allora la dipartita dei cristiani non ha più avuto fine, raggiungendo il picco nel 1948, nel 1967 e durante la prima e la seconda Intifada. Oggi la situazione si è leggermente stabilizzata soprattutto grazie all’afflusso di pellegrini «che hanno rilanciato il settore turistico, offrendo impiego ai cristiani». Quello del lavoro è uno degli aspetti in cui i fedeli sono maggiormente penalizzati, per questo ACS da anni commissiona da anni rosari ed altri manufatti in legno d’ulivo e madreperla agli artigiani cristiani locali.

I settantadue appartamenti erano tuttavia ben pochi rispetto alle tante famiglie cristiane in difficoltà. «Non appena si è diffusa la notizia che il complesso era in costruzione, abbiamo ricevuto subito più di 500 richieste – dichiara il presule – e sfortunatamente non abbiamo potuto accogliere tutti i fedeli».

A preoccupare il patriarcato sono soprattutto per le coppie più giovani, come Rami e Ramia. Anche il piccolo contributo necessario a ripagare l’appartamento è un grande sforzo per loro e negli ultimi otto anni, costretti a risparmiare, hanno vissuto nella casa dei genitori di Rami. «I sacrifici non sono finiti – aggiunge Ramia – e questa estate dovremo rinunciare alle nostre vacanze. Ma è solo un piccolo prezzo da pagare per avere finalmente una casa tutta nostra. E poi così avremo l’opportunità di visitare i luoghi sacri della Terra Santa assieme ai nostri bambini».

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