SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Questa che stiamo celebrando non è una Messa di chiusura dell’Anno Giubilare, bensì la Messa di ringraziamento per l’Anno Giubilare vissuto. Il giubilo, infatti, non si arresta! La gioia per la grande misericordia del Signore non si ferma; al contrario, ha fatto ingresso nella nostra vita e la accompagnerà per sempre!“.

Con queste parole l’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vescovo delle Diocesi del Piceno, ha aperto la Celebrazione Eucaristica da lui presieduta ieri, 27 Dicembre 2025, alle ore 16:00, presso la cattedrale Santa Maria della Marina, in San Benedetto del Tronto.

A ringraziare il Signore per la bellezza di questo Anno Santo della Speranza, c’erano anche il vicario generale, don Patrizio Spina, il delegato per la Pastorale, don Gianni Croci, e numerosi altri presbiteri della Diocesi,  che hanno concelebrato. Presenti anche molti diaconi, candidati al diaconato, religiosi, religiose e una numerosa assemblea di fedeli, composta da bambini, giovani, adulti ed anziani.

La chiusura della Porta Santa di San Pietro e le Celebrazioni nelle Chiese particolari

L’ Anno Giubilare 2025, dal tema “Pellegrini di Speranza“, si concluderà ufficialmente il 6 Gennaio 2026 con la chiusura della Porta Santa di San Pietro per mano di papa Leone XIV, ma le celebrazioni nelle chiese particolari e nelle basiliche romane si stanno svolgendo in questi giorni con riti solenni che prevedono la chiusura delle altre Porte Sante: Santa Maria Maggiore nel giorno di Natale, Mercoledì 25 Dicembre; San Giovanni in Laterano ieri, Sabato 27 Dicembre; San Paolo fuori le Mura oggi, Domenica 28 Dicembre.

Anche nelle varie Diocesi, la conclusione dell’Anno Giubilare avviene con una Messa solenne di ringraziamento, presieduta dal vescovo nella cattedrale, madre di tutte le chiese diocesane, seguendo un rituale ben preciso stabilito da papa Francesco, che replica la chiusura delle Porte Sante di Roma e che prevede la partecipazione di tutti i presbiteri, i diaconi, i religiosi, le religiose e i fedeli delle comunità parrocchiali appartenenti alla Diocesi.

La Messa di ringraziamento nella Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto

Così è stato per la Chiesa di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, che ieri pomeriggio si è riunita numerosa, nelle prime ore del pomeriggio, presso la cattedrale Santa Maria della Marina.

Sull’altare, splendente e fulgido come al solito, campeggiava il tradizionale presepe artistico con la natività avvolta da un fascio di stelle di Natale dai colori caldi e vivaci, come a dare ancora più risalto alla festività del giorno, la Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Da subito si è percepita la solennità del momento, sia per il silenzio profondo e il clima di raccoglimento che hanno pervaso l’edificio sacro, sia per le note potenti e maestose dell’organo appena restaurato che ha accompagnato le voci intense e polifoniche del Coro “Padre Domenico Stella”, diretto dal M° Massimo Malavolta.

Un anno di grazia che non finisce con l’Anno Giubilare

In apertura di Celebrazione, mons. Palmieri ha specificato: “In questo Anno Santo della Speranza, che ha registrato il suo picco più alto nel viaggio fatto a Roma il 6 Settembre scorso, in più di un’occasione abbiamo fatto esperienza della misericordia di Dio.

Come un solo popolo, abbiamo innalzato la nostra lode di ringraziamento e la nostra supplica, unendoci a coloro che spesso non hanno voce davanti agli occhi del mondo, ma che il Padre Dio conosce come i suoi figli prediletti: i malati, gli anziani, i poveri, i detenuti.

Per mezzo dell’indulgenza giubilare, il Signore ha fatto fluire un fiume di grazia e di benedizione su tutti noi. A ciascuno ha donato la sua speranza e la sua pace. A ciascuno di noi ha detto: ‘Coraggio! Non temere!’.

Oggi, allora, rinvigoriti da questa esperienza di misericordia e rinfrancati dall’incontro con Lui, come comunità diocesana, mentre celebriamo la santità della famiglia di Nazareth, vogliamo ancora una volta rendere grazie al Signore per l’amore e la speranza che ha portato nella nostra vita.

Sebbene la Porta Santa stia per chiudersi, al contrario vogliamo che i nostri cuori, rinnovati della grazia e della misericordia di Dio, restino aperti al Signore e ai fratelli”.

Un cammino per rendere il cuore capace di rendere grazie

Anche durante l’omelia, il vescovo Gianpiero ha ripreso l’argomento e spiegato: “Dicevo prima che questa non è la Celebrazione di chiusura dell’Anno Giubilare. Come se la misericordia potesse avere una chiusura! Come se la misericordia fosse finita! Sarebbe assurdo! Questa è la Celebrazione del rendimento di grazie, perché la meta del cammino giubilare, carissimi fratelli e sorelle, è – come dice la Seconda Lettura – un cuore che rende grazie. Per questo abbiamo fatto il cammino giubilare, per questo abbiamo camminato insieme quest’anno, cioè affinché il nostro cuore sia un cuore che rende grazie. Perché un cuore pieno di gratitudine, è un cuore che schiaccia il nemico. Un cuore che sa gioire e rendere grazie, scaccia via ogni malinconia, ogni ripiegamento su di sé, ogni tentazione, ogni male. Per questo abbiamo bisogno di camminare, perché un cuore che rende grazie non è facile da raggiungere, non è a buon mercato, ma è il frutto di un cammino, come quello che abbiamo vissuto”.

Mons. Palmieri ha poi ricordato i quattro segni del cammino giubilare che abbiamo compiuto in vari momenti e luoghi; nei nove “Luoghi del Perdono” sparsi nel territorio delle Diocesi del Piceno; durante il pellegrinaggio a Roma, vissuto a livello interdiocesano a Settembre; nei vari luoghi della nostra comunità per coloro che non potevano spostarsi, come negli ospedali, nelle carceri e nelle case dei malati:

“Si è trattato di gesti semplici, che chiunque, se ha voluto, ha potuto fare:

  • camminare, ripensando alla propria vita;
  • vivere l’esperienza del perdono in maniera sacramentale;
  • fare la propria professione di fede attraverso la memoria del battesimo;
  • porre dei semi di vita nuova, che sono soprattutto la carità e la preghiera in comunione con tutta la Chiesa, per la Chiesa e con la Chiesa.

L’evento giubilare è soprattutto un evento interiore. In effetti, ognuno di noi ha potuto viverlo nella sua ricchezza, soprattutto a livello di evento interiore. E la grandezza di questo evento è verificabile solo a livello interiore, nel vedere se e quanto ci abbia reso il cuore capace di rendere grazie. Nel cuore del Giubileo, infatti, c’è l’esperienza del perdono. Noi, di fronte alla realtà del nostro peccato, della nostra debolezza e della nostra miseria, possiamo reagire in due modi: o nascondendola a noi stessi e agli altri o accogliendola e mettendola davanti a Dio.

Quando noi la nascondiamo agli occhi nostri e agli occhi degli altri, essa diventa pericolosa. Quando la mettiamo sotto il tappeto, evitando accuratamente che gli altri la vedano e, possibilmente, cercando di guardarla anche noi il meno possibile, cerchiamo di conseguenza di mostrare agli altri il nostro lato presunto migliore. Ed ecco che diventiamo ridicoli, per la nostra pretesa di apparire diversi da quello che siamo. Se non addirittura pericolosi, come Erode, che si sente dire da Re Magi che lui non è il re dei Giudei. Lui lo sa benissimo, ma questa verità è troppo dura da accettare e così si scatena in lui la sua furia omicida che non risparmia nessuno, nemmeno i bambini. Vedete cosa accade dentro di noi, quando non lasciamo che il Signore ci aiuti ad accogliere la nostra debolezza?!

Al contrario, quando accogliamo la nostra debolezza e la poniamo davanti a Dio, cosa succede? Il Signore sa che a volte il nostro peccato è troppo pesante perché lo portiamo da soli, quindi l’ha preso su di sé, l’ha portato sulla croce e lo ha distrutto con il suo sguardo d’amore, con il suo perdono. Quando comprendiamo questo, ci sentiamo guardati nel più profondo della nostra miseria e ci sentiamo amati, perché noi non siamo solo il nostro peccato, ma siamo figli che Dio ama, che Dio abbraccia, che Dio accoglie. Se questa esperienza ci entra nel cuore, amici miei, fratelli e sorelle, è fatta! Perché il perdono diventa la nostra seconda pelle! Quando Paolo dice ‘Rivestìtevi!’, non sta parlando del vestito, ma sta parlando della pelle, perché alla ‘pelle di carne’ si sostituisce la ‘pelle di luce’, cioè il vestito di luce che Dio dà ad Adamo ed Eva: è la pelle della sua grazia, del suo amore, del suo perdono.

La bellezza di una comunione donata dal Signore

Rivestìtevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà’, significa questo. L’umiltà, nella tradizione spirituale cristiana, è uguale a libertà di cuore, cioè libertà dalla preoccupazione per sé stessi. Rivestiti del perdono di Dio, del suo amore, e unificati dalla carità, dall’amore, che diventa il collante che unifica tutto e permette di avere un cuore finalmente capace di amare, diventiamo disponibili anche a dare il perdono agli altri! Prima ci costava tanto perdonare! Prima diventava insopportabile accettare di stare dietro al rancore degli altri, al rifiuto degli altri! Ora invece guardiamo noi stessi e diventiamo disponibili ad amare gli altri, a perdonare gli altri! A questo punto ci scoppia il cuore! Un cuore abitato dalla pace, che diventa capace di rendere grazie. Perché ha trovato la sua via nell’amore. Perché si è sentito molto amato dal Signore. Perché ha imparato ad abitare con gli altri, nel nome di Gesù Risorto. Perché ha imparato la bellezza di una comunione donata, donata dal Signore, possibile anche in mezzo a mille tensioni e a mille difficoltà!

Ecco, allora, che cosa ci ha regalato il Cammino Giubilare, se lo abbiamo vissuto fino in fondo! Che questa esperienza di perdono, di amore, ci potrà essere riconsegnata tutte le volte che vorremo, tutte le volte che la comunità apre i cuori, senza aspettare il 2033, anno in cui presumibilmente ci sarà il prossimo Giubileo!”.

L’inno di ringraziamento al Signore

La Celebrazione si è conclusa con  il “Te Deum”, l’antico e solenne inno di lode, ringraziamento ed affidamento al Signore, con il quale i fedeli nei secoli hanno espresso la loro gioia, ma anche la loro volontà di affrontare le difficoltà terrene, trovando consolazione e sostegno nella misericordia divina.

Un canto che è un fuoco spirituale che unisce i credenti ed è una potente espressione di gratitudine e speranza.

Quella speranza che papa Francesco, nella Bolla di Indizione del Giubileo 2025 “Spes non confundit“, si era augurato potesse giungere a tutti: “Possa la luce della speranza cristiana raggiungere ogni persona, come messaggio dell’amore di Dio rivolto a tutti! E possa la Chiesa essere testimone fedele di questo annuncio in ogni parte del mondo!” (Spes non confundit, 6).

Quella speranza che nelle nostra Diocesi sembra aver raggiunto molte persone e di cui ci auguriamo di poter gustare al più presto i dolci frutti.

 

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