(Foto Calvarese/SIR)

Di Marco Calvarese

Immaginate il 25 dicembre: le luci scintillano, le vetrine sono addobbate, i centri storici pieni di gente allegra e turisti curiosi. Tutto sembra perfetto, ordinato, festoso. Eppure, davanti ai cancelli delle mense Caritas e delle strutture parrocchiali, regna il silenzio. Nessun volontario che accoglie, nessun piatto caldo servito, nessuno che distribuisce un pasto a chi non può permetterselo. Le porte sono chiuse. Solo un vuoto gelido che pesa più delle luci e dei panettoni. In Italia, la rete solidale cattolica e parrocchiale gestisce circa 300 mense, capaci di erogare ogni giorno tra gli 8.000 e i 10.000 pasti, solo grazie a volontari e donazioni. Nelle grandi città, i numeri sono impressionanti: a Roma, nel giorno di Natale, la Caritas serve più di 1.500 pasti, mentre a Milano si superano i 2.500 pasti al giorno nel periodo festivo.

Anche nelle diocesi del Piceno sono previsti diversi pranzi di Natale, dalla parrocchia Santissima Annunziata di San Benedetto del Tronto, a Zarepta ad Ascoli Piceno passando per altre iniziative delle varie parrocchie delle due diocesi.

Queste strutture non si limitano a distribuire cibo: rappresentano un pilastro invisibile del welfare italiano, sostenuto in parte dai fondi dell’8×1000 alla Chiesa cattolica, dalle donazioni private e dal lavoro instancabile dei volontari.E ora immaginiamo, per un momento, che queste mense chiudano. Solo per un giorno. Che succede? Migliaia di persone rimarrebbero senza pasto, costrette a cercare alternative impossibili. I pronto soccorso registrerebbero un aumento degli accessi fino al 15% per ipotermia e malnutrizione, dati confermati dai registri ospedalieri dei periodi festivi. Le mense comunali non basterebbero a coprire il vuoto creato, e l’intera organizzazione dei servizi sociali locali verrebbe messa sotto pressione. Il Natale, in questa distopia ipotetica, non sarebbe più una festa: sarebbe una prova di sopravvivenza. E non è uno scenario futuristico:

basta un giorno di chiusura per rendersi conto di quanto il nostro Paese dipenda, spesso inconsapevolmente, dalla rete di solidarietà silenziosa.

Le mense cattoliche e parrocchiali non sono opzionali. Sono un’infrastruttura sociale che mantiene un equilibrio tra fragilità e sicurezza, invisibile ma indispensabile. Senza di loro, la magia del Natale si spegne, lasciando spazio a una realtà concreta fatta di fame, freddo e accessi ospedalieri.Questo Natale ipotetico ci mostra quanto la rete solidale sia, in realtà, un pilastro strutturale dell’Italia contemporanea: un servizio che nessuna politica, per quanto lungimirante, potrebbe sostituire in pochi giorni.E allora, se volessimo rispettare il politically correct e la laicità del Paese, potremmo dire che “per fortuna” non è così, ma non si tratta di fortuna piuttosto di “provvidenza”, cioè quella derivazione latina che significa previsione o precauzione, e viene da providere, cioè prevedere, e indica un’azione saggia e lungimirante, che forse non stupisce venga da una Chiesa guidata dalla provvidenza divina, quel pro-videre, ovvero vedere avanti.

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