
Di Bruno Desidera
“I più grandi segni di speranza” per il futuro del Venezuela arrivano dai poveri. Mons. Juan Carlos Bravo, i poveri li conosce bene. È vescovo di Petare, città satellite della capitale Caracas, due milioni di persone che vivono in 177 chilometri quadrati, in uno degli insediamenti periferici più grandi del mondo.
Una prospettiva inedita per guardare all’attuale tensione tra Stati Uniti e Venezuela, che sta salendo di settimana in settimana. Donald Trump, in poche settimane, è passato dallo schierare la sua flotta al largo delle coste venezuelane, per “dare la caccia” alle barche dei supposti narcotrafficanti, a ad attuare un blocco aereo. Quindi, a inizio dicembre, l’assalto a una petroliera, seguito, a metà del mese, da un vero e proprio “blocco” imposto a tutte le imbarcazioni che esportano petrolio. In mezzo, dichiarazioni di ogni tipo, spesso contrastanti, ma soprattutto contro il presidente del Venezuela Nicolas Maduro, e minacce di intervento diretto militare, per sloggiare il dittatore, rimasto al suo posto dopo essersi rifiutato, lo scorso anno di mostrare gli atti elettorali, in seguito al contestato esito delle presidenziali.
Le conseguenze del blocco petrolifero. Vorrebbe essere una resa dei conti, e il blocco petrolifero la “mossa” per strangolare Maduro, per farlo sloggiare definitivamente da palazzo Miraflores, dopo che, al momento, non sono andate a buon fine le trattative per assicurargli un esilio dorato. Dal punto di vista dei più poveri, da quello di una popolazione che negli ultimi anni ha perso sette milioni di connazionali, fuggiti all’estero, appare chiaro che la “mossa” di Trump avrà come primo effetto quello di peggiorare le loro precarie condizioni di vita. Ed è per questo, che mons. Bravo afferma al Sir: “Con la guerra, perderemmo tutti, la strada è quella del dialogo”.
Del resto, come viene spiegato al Sir da una fonte ecclesiale anonima, “lo strangolamento economico sta soffocando la vita quotidiana delle persone, stiamo entrando acceleratamente in uno scenario economico di iperinflazione e questo colpisce gli imprenditori e l’economia familiare della maggioranza della popolazione”.
“I meno colpiti da questo blocco sono i membri della coalizione dominante che, al contrario, si sono uniti maggiormente nel loro interesse comune di restare al potere – continua la fonte -. Il panorama è drammatico per il 2026; se il blocco petrolifero e il sequestro delle navi cisterna continueranno, si genererà una riduzione di benzina e gasolio, e questo potrebbe paralizzare il trasporto di alimenti e la generazione di elettricità e acqua potabile”.

I poveri tengono viva la speranza. Eppure, la gente continua nella vita di ogni giorno. Ne ha viste troppe, anche solo negli ultimi anni. Spiega mons. Bravo: “I poveri sono sempre segno di speranza, sempre scomodano chi li incontra. La mia diocesi è composta da più di due milioni di persone, il 92 per cento del territorio è in zone popolari. La situazione di povertà è molto forte e diffusa”.
“Quello che sto notando, soprattutto quest’anno, è che la gente lotta, si dà da fare, e al tempo stesso esprime gioia, nessuno si sente solo, è visibile il protagonismo della comunità. Si tiene viva la speranza. Segni che sono importanti nell’attuale contesto di incertezza”.
In vari quartieri di Petare, si susseguono momenti comunitari e celebrativi: “Tre settimane fa abbiamo celebrato la Giornata mondiale dei poveri, in questi giorni abbiamo vissuto la ‘Novena de aguinaldos’ (un modo vivace di celebrare la Novena di Natale, tipico della religiosità popolare di Colombia e Venezuela, con canti e costumi, che ha qualche somiglianza con la ‘chiarastella’ che si vive ancora in alcune zone d’Italia, ndr). Per la Giornata dei poveri, c’è stato un pranzo comunitario per 1.300 persone. Mi colpisce il coinvolgimento dei giovani. Tutto questo accade nonostante il peggioramento della situazione dell’economia e dei servizi”.
Chiesa vicina a bambini e anziani. Riprende mons. Bravo: “In questi giorni di Natale molti stanno facendo il presepe, si condivide il fatto che Gesù si fa piccolo e povero, per l’umanità. E tutto questo ha un riflesso nella vita comunitaria, nella capacità di condividere quel poco che si ha. L’ho notato, per esempio, nella parrocchia dedicata a san Oscar Romero. In generale, non si percepisce rabbia o rassegnazione, ma speranza. Certo, la situazione economica è complessa, anche se negli anni scorsi ci sono stati momenti peggiori. I salari sono bassi, molti vivono grazie ai sussidi pubblici. La Chiesa, nelle iniziative di promozione economica e sociale, continua ad avere un ruolo molto importante, soprattutto nei confronti di bambini, anziani, soggetti fragili. Cito, per esempio, il programma ‘Cuidadores 360’, attivo anche grazie alla Conferenza episcopale italiana, che promuove la formazione per l’assistenza agli anziani”.




0 commenti