SAN BENEDETTO DEL TRONTO -“Come Dio si fa vicino ad ogni uomo, così l’uomo si fa vicino ad ogni suo fratello“: ha detto così il vescovo Gianpiero Palmieri durante la conferenza stampa di presentazione degli eventi di solidarietà che le due Diocesi del Piceno stanno organizzando per il periodo natalizio. Ed è quello che hanno pensato anche Nazzarena Caioni e Gianluca Pasqualini 21 anni fa, quando – per la prima volta – hanno organizzato nel giorno di Natale un pranzo per gli ultimi, i più poveri, i soli, i fragili e l’anno successivo hanno trasformato la chiesa della Santissima Annunziata a Porto d’Ascoli in una grande mensa per tutti. Da allora ogni anno la tradizione si ripete ininterrottamente e sempre con un numero maggiore di camerieri e commensali. Il pranzo di Natale solidale è divenuto il pranzo di tutti: adulti e bambini, cristiani e musulmani, italiani e stranieri, perché in fondo nessuno è straniero al cuore di Dio.
Per saperne di più, abbiamo incontrato Emanuela Lardani, segretaria del Consiglio Pastorale della parrocchia Santissima Annunziata e volontaria del Centro Solidarietà di Porto d’Ascoli, che organizza l’iniziativa.
“Provo ad essere io testimone di questo grande evento – premette Emanuela -, ma parlo con la voce di tutti i volontari che in questi anni hanno reso il giorno di Natale un giorno speciale per tutti, nessuno escluso”.
Come è nata l’idea del pranzo solidale a Natale?
“Tutto è nato da una forte volontà di Nazzarena Caioni e Gianluca Pasqualini, oggi presidente del Centro Solidarietà , nel voler incarnare quel che diceva il grande don Tonino Bello sul fatto di diventare una ‘Chiesa del grembiule’, un’espressione coniata proprio da lui per descrivere una Chiesa che non si pone al centro, ma si abbassa per servire gli altri, specialmente i più bisognosi, indossando simbolicamente il grembiule di Gesù, come nell’episodio della lavanda dei piedi, quindi mettendo al centro la carità , l’umiltà e la prossimità . L’idea di essere come una grande famiglia. Oggi il numero dei senzatetto è ridotto rispetto al passato, perché la società cerca di intervenire prima, attraverso le sue istituzioni pubbliche, come il Comune, e le sue associazioni private, come la Caritas. Ma all’epoca, 21 anni fa, le strade erano piene di persone senza fissa dimora che trascorrevano il giorno di Natale al freddo e senza nessuno. Nazzarena andò personalmente a chiamare queste persone, a prenderle da ogni angolo dimenticato del nostro territorio, come la stazione ferroviaria, il pronto soccorso, la strada. E offrì loro prima di tutto quella dignità che sembravano aver perduto e poi anche un pasto caldo da consumare in compagnia. In quell’occasione il pranzo di Natale fu servito nella sede del nostro Centro Solidarietà in via Gronchi: c’erano circa 50 persone. Quell’esperienza ora ci sembra davvero un ricordo lontanissimo, ma tutto è partito da quell’idea: poche risorse e pochi volontari, ma una grande voglia di fare qualcosa per gli ultimi, per le persone dimenticate e sole”.
Come si è evoluta negli anni la vostra iniziativa?
“L’iniziativa di quel Natale -era il 2004 – ebbe un enorme successo e la voce si sparse. Già l’anno successivo la richiesta di persone che volevano partecipare, sia come commensali sia come camerieri, aumentò drasticamente. La cosa bella è che tra i commensali non c’erano solo gli ultimi e gli organizzatori, ma anche tante altre persone che non avevano problemi di natura economica o altre fragilità , bensì volevano semplicemente farsi vicini a chi qualche fragilità più grande ce l’aveva. Nazzarena e Gianluca, allora, si resero conto di dover cercare un locale più spazioso rispetto alla nostra sede e chiesero al parroco di allora, che era don Gianni Croci, di poter trasformare la nostra bellissima chiesa in una grande sala da pranzo. Don Gianni accolse questa idea con grande entusiasmo, euforia direi! E devo dire che, dal 2005 fino ad oggi, ogni sacerdote che si è succeduto, ha accolto sempre con molto entusiasmo questa iniziativa: dopo don Gianni, anche don Anselmo Fulgenzi e ora don Alfredo Rosati.
I sentimenti che ci muovono sono sempre gli stessi, ma negli anni alcune cose sono inevitabilmente cambiate. Con il tempo, aumentando il numero dei partecipanti, abbiamo avuto bisogno di spazi di servizio molto più grandi, ad esempio per montare cucine industriali da campeggio. Anche le collaborazioni nel tempo sono cambiate: ce ne sono alcune fisse, come quelle della Caritas e di altre associazioni del territorio che si occupano di volontariato; altre, invece, si aggiungono di volta in volta. Un grande aiuto giunge anche dai parrocchiani, che vengono coinvolti nella preparazione dei piatti anche se poi quel giorno non possono essere presenti. Quest’anno, ad esempio, don Alfredo ha ricordato più volte durante le varie Messe di contribuire al pranzo e quindi molte persone ci hanno dato la disponibilità . Il menu è abbastanza classico e prevede, dopo un ricco antipasto, un primo piatto della tradizione: il timballo. In questo un grande aiuto ci giunge dalla Comunità Neocatecumenale, che ci fornisce tantissimi timballi. Di primi ne diamo sempre due: oltre al timballo, che è sempre fisso, l’altro può cambiare di anno in anno. Ci sono poi due secondi e tante altre prelibatezze: alcuni parrocchiani, ad esempio, ci regalano delle torte rustiche. Ognuno può contribuire con ciò che vuole. L’unica accortezza che chiediamo è di non utilizzare carne di maiale, perché tra gli invitati c’è un numero abbastanza alto di musulmani che non la mangiano per ragioni di fede. Perciò, nel rispetto di tutti, evitiamo di metterla.
Ogni anno, ringraziando Dio, riusciamo a migliorarci nella cura dei dettagli, facendo tesoro delle esperienze precedenti e usando anche molta creatività , soprattutto nell’allestimento delle tavolate. Quest’anno, ad esempio, il centrotavola è una composizione con un tubolare in rete con dentro tanti piccole fascine di rami di alberi diversi. I rami così differenti rappresentano la varietà umana, mentre la rete simboleggia i confini che noi vogliamo abbattere. Ogni tavolo è poi impreziosito dalla parola fratellanza scritta in tutte le lingue del mondo”.
Dunque è questa la novità tematica di quest’anno?
Sì, negli ultimi cinque anni abbiamo abbinato ad ogni edizione un tema specifico. Quest’anno il tema conduttore è la fratellanza. Vogliamo sottolineare che siamo tutti amati dal Signore e quindi chiamati ad amarci tra noi, senza distinzione di cultura, colore della pelle, etnia, nazionalità o fede religiosa. Siamo tutti fratelli, tutti importanti agli occhi di Dio, tutti capaci di valori e portatori di dignità . Come diceva papa Francesco, ‘l’amore fraterno è la testimonianza più vicina che noi possiamo dare che Gesù è con noi, vivo’. Vogliamo che tutti a Natale vivano un giorno felice, respirino un’aria di condivisione e di fratellanza: è questo il messaggio che vorremmo arrivasse a tutti, a noi volontari, ai giovani che servono a tavola e ai commensali, sia a chi vive momenti sereni, sia a chi invece è emarginato, solo e si sente fra gli ultimi.
Oltre al tema, un’altra novità di quest’anno è che, con l’unione delle due Diocesi del Piceno nella persona del vescovo Gianpiero, siamo entrati in contatto con nuove realtà del territorio per coinvolgerle nella nostra iniziativa, così da raggiungere ancora più persone, rendendo concreto quel ‘fratelli tutti’ di cui papa Francesco ci ha sempre parlato”.
Una caratteristica che ha da sempre contraddistinto questo pranzo è il servizio a tavola svolto dai giovani. Come è nata questa idea?
I nostri camerieri sono fantastici! L’idea ci è venuta perché abbiamo da sempre cercato di coinvolgere tutti e, mentre noi grandi in cucina sappiamo cosa fare, gli adolescenti non sempre sanno cucinare per numeri così grandi, quindi abbiamo pensato di occuparli nel servizio. Tra l’altro alcuni dei giovani di oggi sono i figli dei primi volontari che hanno realizzato l’iniziativa. L’idea è stata vincente! Loro si divertono tantissimo e noi adulti, quando li vediamo tutti in fila, vestiti allo stesso modo e pronti a portare in tavola i vari piatti, siamo veramente orgogliosi di loro. Sono tutti ragazzi davvero in gamba, che dedicano l’intera giornata di Natale a servire gli altri, dalle 10:00 del mattino fino alle 19:00 circa di sera. I giovani spesso sono migliori di quello che noi adulti immaginiamo e i nostri ragazzi ne sono la prova”.
Qual è il segreto della longevità di questa iniziativa: i volontari, i giovani che servono, i preti che vi hanno sostenuto, le tavole imbandite, la bontà del menu o cosa ancora?Â
“Credo che il segreto non ci sia. O se c’è, sono tutte queste cose messe insieme, che potremmo riassumere in una parola: cura. Cura delle persone e cura dei dettagli. La nostra Nazzarena, che 5 anni fa è salita al Cielo, ripeteva sempre che ‘le cose belle e buone devono essere fatte in modo bello e buono‘. Ricordando questa frase, a volte mi commuovo. Anche ora che non c’è più, Nazzarena è il motore che fa girare questa grande macchina che è il nostro Centro Solidarietà , che è la nostra parrocchia dell’Annunziata, che è la comunità in cui viviamo. La sua amicizia, che è sempre viva, ci ha insegnato che l’amicizia in Cristo non è solo di pochi, ma va rivolta a tutti. Non solo a Natale, ma ogni giorno dell’anno”.
Per il pranzo solidale di Natale non è necessaria la prenotazione. Chi vuole partecipare, il 25 Dicembre 2025, può andare presso la chiesa della Santissima Annunziata a Porto d’Ascoli alle ore 12:45. Per ulteriori informazioni, è possibile contattare il seguente recapito telefonico: 328 7124158 (Gianluca).


















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