“Il paradosso è che, mentre lo spazio aereo viene chiuso, continua lo scambio petrolifero, segnale che ci sono negoziati in corso e che non c’è una rottura definitiva”. Lo confida, al Sir, un’autorevole fonte ecclesiale venezuelana, che chiede di mantenere l’anonimato, mentre la tensione tra Stati Uniti e Venezuela è alle stelle, dopo la telefonata tra i presidenti Donald Trump e Nicolás Maduro, che non ha portato a risultati. Ieri, il presidente Usa ha di nuovo minacciato di intervenire “via terra” in Venezuela, aggiungendo che gli Stati Uniti potrebbero attaccare militarmente i narcotrafficanti anche in Colombia e in altri Paesi. Di ritorno dal Libano, Papa Leone XIV ha, invece, rivolto un invito al dialogo e a una soluzione pacifica. Spiega la fonte venezuelana: “La telefonata tra i presidenti pare confermata; tuttavia, rientra nello schema polarizzante: alcuni dicono che Maduro abbia chiamato Trump perché si sente accerchiato e sta cercando una via d’uscita, con garanzie; altri sostengono che sia stato Trump a chiamare Maduro e, su quest’ultimo punto, emergono due speculazioni diverse, a seconda della narrativa da cui provengono: le narrative vicine al Governo affermano che Trump sia intrappolato internamente, perché cresce l’opposizione nel Congresso e nella società, e questo starebbe influenzando la sua popolarità; altri affermano che Trump abbia dato un ultimatum, e che sia ormai deciso a prendere delle misure. È noto che la telefonata è stata molto breve, ma non si sa chi abbia preso l’iniziativa. Non sappiamo neppure di cosa abbiano parlato, ci sono solo speculazioni”. Qual sarebbe, allora, lo scenario migliore? “Ciò che le narrative polarizzate non sottolineano. Che cosa sarebbe più auspicabile? Che questa chiamata sia stata il risultato di una negoziazione tra le squadre di entrambe le parti, e che abbia come obiettivo l’inizio di un dialogo tra Trump e Maduro per una soluzione negoziata. Nel frattempo c’è molta incertezza, ma la gente cerca di vivere normalmente in mezzo a questo contesto di guerra”. Resta il fatto, riflette la fonte del Sir, che “un intervento sarebbe lo scenario peggiore, perché il protrarsi di questa situazione di minaccia ha permesso al Governo venezuelano, che non gode dell’appoggio della popolazione, di mettere comunque in piedi una strategia con la struttura armata, e con mercenari, cosa che renderebbe difficile la governabilità. O si trova una soluzione negoziata, oppure non ci sarà più un Paese. Le guerre si sa quando iniziano ma non quando finiscono, e il popolo desidera la pace. Una negoziazione deve garantire la liberazione dei prigionieri politici. Ma sappiamo che a Trump interessa, prevalentemente, deportare migranti e sfruttare le terre rare”.




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