DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Come sarà la venuta del Figlio dell’uomo? Come ai tempi di Noè, ci dice Gesù nel Vangelo.
E cosa accadde ai tempi di Noè? «…mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo».
Gesù ci parla di mangiare, bere, prendere moglie, prendere marito: tutte azioni normali, cose che facciamo tutti, azioni che appartengono al vivere quotidiano di ciascuno di noi.
Il problema, infatti, non è “che cosa” facciamo ma “come” lo facciamo.
Vi ricordate? Abbiamo letto: «…mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito […] e non si accorsero di nulla».
Dio non rimprovera all’uomo di vivere la sua quotidianità, ma di vivere di sola quotidianità, senza più Dio, senza più l’Essenziale. Dio rimprovera un vivere aggrappato solo ai bisogni, in cui ci si accontenta solo della superficie delle cose senza accorgersi che il segreto della vita è oltre. Un vivere con indifferenza, senza attenzione, senza lucidità, senza profezia, senza mistero.
«…e non si accorsero di nulla»: quello che il tempo di Avvento ci chiede è vivere con attenzione, un termine, questo, che non indica uno stato d’animo ma un movimento, un “tendere a” uscendo da sé stessi.
E la vigilanza che ci chiede Gesù, infatti, non è un rientrare in sé stessi ma un uscire da sé per abbandonarsi in Dio. Vigilare non è tanto un qualcosa da fare quanto un modo di vivere e di guardare.
«Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà».
Ci è chiesto, cioè, di scoprire e riscoprire ogni giorno la profondità della vita, la profondità degli avvenimenti e della storia alla luce della Parola di Dio.
Ma, ascoltiamo ancora come continua Gesù il suo discorso ai discepoli: alla venuta del Figlio dell’uomo «…due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata». Proprio mentre si vivono le situazioni più ordinarie e apparentemente più banali, alcuni si mantengono attenti, si comportano da persone sagge; altri, invece, sono distratti, sbadati, negligenti, sopraffatti dalle preoccupazioni, incapaci, dicevamo prima, di alzare lo sguardo. Sui campi della vita, si può vivere in modo adulto o infantile. Si può vivere aperti all’infinito oppure chiusi nel piccolo perimetro dei propri bisogni. Si può essere aperti all’incontro con il Signore o chiusi e ciechi, capaci solo di guardare non oltre i propri piedi.
«…è ormai tempo di svegliarvi dal sonno», dice San Paolo, di svegliarci dall’indifferenza, dalla cecità.
Leggiamo, poi, nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri».
Siamo pellegrini, inesperti di cammino, viandanti che, come canta il salmista, vogliono fermare i propri piedi alle porte di Gerusalemme, che vogliono “stabilire” la propria vita nel Signore.
Diamo spazio alla Parola, allora, diamo spazio a Cristo che, attraverso di essa, ogni giorno, viene ad incontrarci per dare senso e direzione alla nostra esistenza.




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