DIOCESI – Si è chiuso da pochi giorni il pellegrinaggio nazionale Unitalsi 2025 a Lourdes e il bilancio spirituale è molto ricco, non tanto per ciò che è stato fatto, ma per ciò che è stato seminato nei cuori. È stata un’esperienza che ha lasciato un’impronta, se si sceglie di non lasciarla svanire.

Abbiamo incontrato Sabatino Di Serafino, vicepresidente nazionale dell’UNITALSI e già presidente della sottosezione di San Benedetto del Tronto, il quale racconta: “In questo Anno Giubilare, il nostro tradizionale pellegrinaggio a Lourdes ha registrato la partecipazione di circa 4 mila pellegrini da tutta Italia, uniti dal tema “Essere pellegrini di speranza” e dalla ferma volontà di offrire una preghiera per la pace nel mondo”.

Un’esperienza fatta di piccoli passi e grandi segni

Spiega Di Serafino: “Quando guardiamo indietro ai giorni trascorsi a Lourdes, emergono non tanto gesti grandiosi, ma ‘piccoli passi’ – quelli compiuti in silenzio, nella fraternità, nel servizio discreto agli ammalati, nelle confessioni, nelle processioni e nella preghiera – che hanno reso vivo quel ‘viaggio dell’anima’ di cui spesso si parla. Molti pellegrini raccontano di aver avvertito una pace interiore capace di non essere scalfita dal vento impetuoso delle notizie di guerra che attraversano il mondo: l’invocazione per la pace si è fatta così concreta, meditata, interrogando la realtà su terre ferite come la Palestina e l’Ucraina, e rispondendo con il silenzio, con lo stare insieme, con il ‘non restare da soli’“.

Dove arriva la Parola di Dio, arriva la Pace: il messaggio del vescovo Palmieri

Prosegue il vicepresidente Di Serafino: “Ad accompagnare i 155 partecipanti delle Diocesi del Piceno, oltre al nostro assistente diocesano, don Vincenzo Catani, è stato anche il nostro vescovo Gianpiero Palmieri. Molto significative sono state le parole da lui pronunciate durante la Messa che ha presieduto alla Grotta. Nella sua riflessione, ha sottolineato la forza della Parola di Dio, ‘che nessuna violenza può spegnere’, e ci chiama a esserne portatori nel mondo. Anche nella nostra fragilità – se siamo malati, feriti, su una carrozzina o piegati dalla sofferenza – se portiamo la Parola, siamo partecipi della vita di Maria, partecipi della vita della Chiesa, partecipi della vita di Dio. Per questo, possiamo partorire la Parola nel mondo: con le nostre parole, con i nostri gesti, con la nostra vita. E se portiamo la Parola nel cuore, arriva la pace. Sì, perché dove arriva la Parola di Dio, arriva la pace. E noi siamo al servizio della pace, perché portiamo al mondo la Parola. Che ciascun pellegrino, al ritorno nella propria terra, continui a portare quel ‘germoglio di pace’ – coltivandolo con gesti di fraternità, perdono e impegno per il bene comune”.

Il pellegrinaggio: non un’evasione spirituale, bensì un’occasione di conversione

Conclude Di Serafino: “Tra i momenti più intensi c’è sicuramente la Veglia di preghiera per la Pace, dove si è percepito che il pellegrinaggio non è un’evasione spirituale, ma un’occasione di conversione: per guardare chi soffre, per mettersi in ascolto delle proprie ferite, per rialzarsi con uno sguardo nuovo sulla vita. A Lourdes, chi vi ha partecipato, ha riscoperto quanto sia importante ‘essere in cammino con gli altri’, perché la fede non si vive da soli e la pace non si ottiene con proclami ma con gesti di condivisione, perdono e rinuncia ad ogni violenza del cuore.  Ritornati a casa, con un po’ di nostalgia per i bei giorni trascorsi, si rinnova l’impegno più deciso a portare nella quotidianità quella pace vissuta. Non basta quindi aver pregato per la pace a Lourdes: bisogna imparare a viverla, a incarnarla nella propria famiglia, nel luogo di lavoro, nella propria comunità. Questo farà l’Unitalsi non solo nei pellegrinaggi, ma attraverso il servizio quotidiano: testimonianza su strada, nei piccoli gesti, nelle relazioni”.

 

 

 

 

 

 

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