Di Don Gian Luca Rosati dal blog Gioia e Pace

DIOCESI – Se penso al parroco e alla sua carità pastorale, mi viene in mente don Pietro, il parroco del mio Battesimo e della mia Prima Comunione a San Martino.

Don Pietro era un prete dedito per tutta la vita alla cura delle anime in una parrocchia che aveva soltanto la chiesa e una piccola sacrestia, ricavata nell’abside della stessa chiesa. Un piccolo campetto e la casa parrocchiale erano distanti dalla Chiesa e non raggiungibili a piedi. Perciò, per noi bambini e ragazzi di San Martino, la Parrocchia era l’edificio della chiesa e quel muretto sul sagrato dove da piccolo mi arrampicavo e mi sembrava di aver compiuto un’impresa.

Oggi mi viene in mente don Pietro perché è un parroco che nel tempo ha continuato a svolgere la sua missione di apostolato nell’ordinario e con i mezzi che aveva a disposizione, confidando nella Provvidenza di Dio e nelle buone relazioni che nel tempo si instaurano tra il parroco e i suoi parrocchiani.

Oggi ripenso a don Pietro e riconosco l’eroicità della sua carità pastorale “di tutti i giorni”.
Non è mica facile incontrare ogni giorno per anni le stesse situazioni, farsi carico ogni mattina degli stessi problemi, accompagnare i fedeli dall’inizio alla fine della vita e non stancarsi di esserci sempre e per tutti, offrire l’ascolto senza essere invadenti, custodire le persone senza cedere alla tentazione di dirigere la loro vita, essere servo e non trasformarsi in padrone, visitare poveri e ammalati e portare a tutti una parola di conforto o d’incoraggiamento.

Non è facile, eppure negli anni ho visto don Pietro continuare così, con umiltà e mitezza, nel nascondimento, senza mai cercare visibilità, senza pretendere nulla e contento di essere “trovato” da chi con amicizia ha continuato a cercarlo, anche dopo la pensione.

Oggi sono parroco e mi rendo conto che non è per niente facile né scontata una fedeltà così: abbracciare la quotidianità con amore senza cedere all’amarezza o all’insofferenza di non riuscire a formarla (o sformarla) secondo il mio desiderio o secondo la mia visione delle cose, aver rispetto della storia e del cammino di un popolo a cui sono mandato come servo e non come padrone. Non è per niente facile evangelizzare con le capacità e le risorse che ho e non con quelle che “se le avessi, allora sì che potrei evangelizzare efficacemente”. Non è per niente facile scegliere l’ultimo posto con letizia e non con fastidio o con rassegnazione, …

Non dico che la carità pastorale sia solo questo: certamente è anche tanto altro e ognuno la vive secondo la sua vocazione e secondo la realtà in cui si trova, ma ci tengo oggi a dire che la carità pastorale è anche quella di don Pietro e chissà di quanti altri (ieri e oggi) e che i frutti della carità pastorale restano qualcosa di cui rallegrarsi ed essere grati perché dono di Dio e non perché merito delle proprie capacità.

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