DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Il profeta Amos, nella prima lettura, accusa tutti coloro che approfittano dei più deboli, coloro che commettono frodi nel commercio alterando bilance, pesi, misure, così che il compratore resta ingannato a sua insaputa.

Denuncia coloro che, avendo sete di guadagno, schiacciano la povera gente con i debiti costringendola a vendersi per rimborsare i prestiti.

Il Signore non è inerme davanti a queste situazioni. Infatti, dice: «Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere». Anche Gesù, nel Vangelo, ci racconta la storia di una frode commerciale.

«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. L’uomo ricco lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”».

Il passato importa poco. La decisione attuale del padrone pone l’amministratore in estrema difficoltà: deve trovare subito una soluzione per proteggere il suo avvenire, altrimenti è perduto.

«L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza, mendicare mi vergogno…».

È abituato ad essere uomo di comando, questo amministratore non si vede nella veste di uno che maneggia il badile e la zappa, non ne ha più la forza fisica. Appartenendo ad una classe media agiata, non saprebbe abbassarsi a mendicare, non ne ha la forza morale. Non vuole essere costretto né all’uno né all’altro di questi estremi.

Ma, d’un tratto, dice tra sé e sé: “ci siamo, ho la soluzione”, ho trovato il modo per conservare la mia dignità, non perdere la mia posizione sociale, continuare a dare un senso alla mia vita.

Qual è l’idea? Falsificare i documenti, le ricevute a mano dei debitori del suo padrone così da catturare la benevolenza di tutti questi nei suoi confronti.

Qui le nostre idee potrebbero confondersi un po’ ascoltando la reazione del padrone e le parole di commento di Gesù: «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari, sono più scaltri dei figli della luce».

Che succede? Questo da Gesù non ce lo saremmo mai aspettato! La lode di una persona disonesta!!

Ma facciamo attenzione: il Signore non loda la corruzione, gli imbrogli; quella che viene lodata, sottolineata in quest’uomo ormai messo alle strette dal suo padrone, è la sua capacità di cogliere al volo una situazione, l’acutezza nell’affrontarla, la genialità nell’escogitare, lì per lì, su due piedi, un rimedio al guaio in cui si è cacciato. Il Signore vorrebbe che anche i suoi discepoli, anche noi, mettessimo la stessa prontezza, la stessa lucidità, la stessa radicalità, la stessa fantasia a servizio dei valori del regno. Se mettessimo la stessa energia nel cercare le cose di Dio! Se mettessimo la stessa intelligenza, lo stesso impegno, lo stesso entusiasmo che mettiamo nel badare ai nostri interessi anche per le cose di Dio!

La scaltrezza dell’amministratore è l’atteggiamento che manca spesso alle nostre stanche comunità cristiane. Moriamo dentro le nostre fragilità o proviamo a ritentare un percorso diverso?

L’essere caduto è, per questo amministratore, l’occasione per ri-decidere, ri-partire, ben cosciente si sé e di quanto ha fatto e teso alla ripartenza verso la vita.

Cosa significa questo per noi? Occorre pensare, occorre inventare, occorre immaginare, occorre decidere passi concreti che non abbiano il fiato corto ma l’orizzonte ultimo, quello definitivo, l’orizzonte e la meta che è Cristo, il suo Vangelo, la sua proposta e promessa di una eternità di vita.

Per noi e per tutti, ci conferma San Paolo.

E c’è un ulteriore passo avanti che l’apostolo ci fa fare. Ci parla della preghiera come modo di stare al mondo, come di una precisa assunzione di responsabilità, una radicale, intima, costitutiva responsabilità dei cristiani nei confronti del mondo, di tutti gli uomini.

«Raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio […]». Dio, infatti, «vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità».

Accogliamo l’invito dell’apostolo: «…in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese».

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