ARQUATA DEL TRONTO – All’interno delle varie iniziative della Festa Bella 2025, ieri, Domenica 31 Agosto, alle ore 16:00, la comunità di Spelonga ha onorato la Madonna della Salute, concludendo così i festeggiamenti religiosi con la celebrazione della Santa Messa e la tradizionale processione per le vie del centro cittadino. A presiedere la Celebrazione Eucaristica è stato il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo emerito de L’Aquila, il quale ha concelebrato con il parroco don Emmanuel Chemo.
Numerose le autorità civili che hanno preso parte alla Celebrazione: il senatore Guido Castelli, commissario straordinario di Governo per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 2016; l’onorevole Augusto Curti; il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli; il presidente della Provincia di Ascoli Piceno Sergio Loggi; il sindaco di Arquata del Tronto Michele Franchi; il sindaco di Ascoli Piceno Marco Fioravanti; il sindaco della città di San Benedetto del Tronto Antonio Spazzafumo; il sindaco del Comune di Casamicciola Ischia Giuseppe Ferrandino.
Presente, tra i fedeli, Massimo Di Vittori, presidente del Comitato “Santesi di Festa Bella di Spelonga 2025”, che ha curato l’organizzazione di tutti gli eventi della festa, da quelli della tradizione popolare a quelli di svago ed intrattenimento.
Durante l’omelia, il cardinale Petrocchi, dopo aver portato i saluti del vescovo Gianpiero Palmieri, ha commentato la Parola di Dio del giorno, sottolineandone il tema principale dell’umiltà: “I brani biblici della Liturgia non incrociano mai casualmente la nostra esistenza, ma entrano sempre in un disegno provvidenziale, perché il Signore si rivolge a ciascuno di noi, ci chiama per nome e quindi quello che ci ha detto ci riguarda in modo diretto. Il tema centrale dei brani biblici, che sono stati proclamati oggi, è l’umiltà. L’umiltà è una virtù cristiana e umana, perché ciò che corrisponde al Vangelo realizza sempre anche noi, offrendoci la possibilità di acquisire maturità di pensiero e di azione. È una lezione che va scrutata”.
Petrocchi ha quindi tratteggiato il profilo della persona umile: “L’umiltà significa non mettersi al centro nei rapporti, né con Dio né con gli altri, bensì lasciare al Signore la possibilità di essere il punto di riferimento costante e, attraverso Lui, in Lui, andare verso coloro che ci sono accanto, così come anche verso i lontani. L’umiltà è riassunta bene in una frase che io riporto spesso e che un parroco anziano aveva scritto sulla parete del suo ufficio: prima Dio, poi tu, poi io. Questa successione è una successione saggia, perché non occupando se stesso, l’umile si rende capace di incontro. L’incontro non è un evento scontato. Noi abbiamo contatti e anche frequenti con gli altri, ma gli incontri sono pochi. L’incontro significa riconoscere l’altro come un tu che è importante per me.
In questo modo l’umile è capace di ascolto e noi sappiamo cosa questo significhi: ascoltare, infatti, non equivale a stare a sentire, perché si possono ricevere informazioni dall’altro anche senza in realtà assimilarle. L’umile riesce a capire che gli sta di fronte, proprio perché la sua attenzione è centrata in una alterità sana. Anche qua si può sapere tutto dell’altro, senza aver capito niente. Questo è un problema serio che riguarda prima di tutto le famiglie, perché dentro casa c’è poco ascolto. Io dico sempre che, se uno mi chiedesse quale sia l’indice di disponibilità a fare posto all’altro sul serio, io darei gradienti molto bassi, perché, quando uno non ascolta, non è capace di stare accanto, non è capace di creare intese.
L’umile, proprio perché fa posto a chi gli viene incontro, diventa un punto aggregante, cioè capace di fare comunità. Anche qua si può stare uno accanto all’altro, senza stare con l’altro e senza vivere per l’altro. Quindi, così come non dobbiamo dare per scontata la nostra capacità di udire ciò che l’altro ci dice, allo stesso modo non dobbiamo dare per scontata la nostra capacità di riconoscerlo come un soggetto che mi aiuta a diventare me stesso. Quando io mi spendo per chi mi sta davanti, in realtà io mi costruisco come persona; al contrario, il non umile, come abbiamo ascoltato dalla Lettura, è un cattivo amministratore di se stesso.
L’umile è capace di gratuità, cioè di volere il bene bene, senza cioè cercare il proprio interesse. E riceve poi anche gratitudine, ma il gesto con cui si muove è quello di cercare ciò che avvantaggia l’altro. La persona umile è una risorsa, a livello non soltanto ecclesiale ma anche sociale. Benedetta alla famiglia che ha qualche umile dentro casa!
Un’altra caratteristica che consente di riconoscere l’umile è la capacità di reggere l’impatto inevitabile dei problemi, perché nessuno di noi, tra quelli che hanno raggiunto l’età adulta, può dire di aver avuto una navigazione sempre tranquilla, senza andare incontro ad onde contrarie o anche ad eventi tempestosi. L’umile si riconosce perché, di fronte all’avversità, non solo le regge, ma rende l’ostilità, la contrarietà, una risorsa. Io dico: ‘Dimmi cosa fai quando ti trovi nei guai e ti dirò chi sei!’, perché è proprio la capacità di vivere con dignità e con fermezza le situazioni che noi avvertiamo come tribolazioni, che determina chi siamo! Non basta la resilienza – che pure è importante -, bensì occorre la creatività. Voi, qui, avete messo una bellissima simbologia: una barca con questo albero maestro che ricorda l’evento di Lepanto. Vedete, la barca si avvale di un’arte del marinaio, perché chi affronta il mare sa che ci sono i venti e il vento è sempre avvertito come una forza problematica, una forza contraria, una forza che crea resistenza. Il marinaio ha inventato una strumentazione che voi qui riportate simbolicamente, la vela. La vela consente, se ben disposta, di rendere il vento, che può essere avvertito come una forza ostile, una forza trainante, una spinta. Ecco, l’umile è capace di questo: quando affronta le difficoltà, non soltanto è in grado di rimanere fermo, ma anche di trovare le vie che gli consentono di essere aiutato proprio dalle difficoltà. Ecco perché non dobbiamo meravigliarci se nelle attività che noi conduciamo andiamo incontro anche a eventi che non avremmo messo in preventivo. Spesso sperimentiamo delusioni, situazioni in cui, pur essendosi impegnati, non raggiungiamo le mete che ci eravamo proposti. La capacità di muoversi in queste acque agitate alzando la vela della speranza, la vela dell’umiltà, la vela della fede, ci aiuta a capire che, se Dio ha permesso quel problema, è perché dentro quel problema c’è un dono. Ognuno di noi ogni giorno ha qualche battaglia da affrontare e la buona battaglia, la santa battaglia, è quella che ci consente di riuscire in tutte le circostanze ad alzare le vele che abbiamo detto seppur con fatica, ma fidandoci di Dio e non lasciandoci mettere in crisi dal senso di avvilimento o dalla rabbia, dal rancore. Siamo chiamati ad essere protagonisti dell’avventura di creare un mondo migliore, dentro di noi e attorno a noi. Come è successo qui agli Spelongani, che hanno saputo affrontare con onore un momento estremamente importante per la storia dell’Occidente e sono ancora oggi ricordati come punti di riferimento. Gli Spelongani di allora devono rivivere negli Spelongani di oggi e negli Spelongani di domani, per essere pure loro capaci di vittoria. Vittoria che non significa sopraffare l’altro, ma vittoria nel senso di lasciare che il bene trionfi, che l’amore abbia l’ultima parola”.
Ha infine concluso il cardinale Petrocchi: Vi affido, allora, tutti a Maria, che è madre, maestra e modello degli umili! Ecco perché il Signore ha fatto grandi cose in lei! L’umile, proprio perché lascia spazio a Dio, vede accadere cose straordinarie che non sarebbe stato capace di mettere in campo con le sue capacità. E Dio fa sempre cose grandi in coloro nei quali risuona l’umile sì di Maria. Che Maria, dunque, vi raccolga come figli credenti, come fedeli convinti! E vi aiuti ad essere, nella Chiesa, costruttori di comunione e, nel mondo in cui noi siamo, testimoni di una speranza che non delude!
Vi chiedo di pregare, secondo le intenzioni del Papa e di tutte le persone di buona volontà, che ci venga accordata la grazia della pace. In tutti i luoghi dove la violenza sembra lacerare i rapporti fraterni, la Madonna, che è la Regina della Pace, possa riportare riconciliazione e concordia”.





















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