Di Don Vincenzo Tosello

C’è voluto un po’, circa sei mesi, ma alla fine anche Donald Trump ha capito che l’amico Vladimir Putin sta prendendo in giro tutti, lui compreso; e purtroppo, ancor più tragicamente, governo e popolazione dell’Ucraina e anche la propria popolazione, vanamente allucinata dalla sua mistica imperiale, mentre centellina qualche ipotesi di finto dialogo. Anche se l’annunciato proclama della Casa Bianca di lunedì 14 luglio, con la sua vaghezza e ambiguità, è stato ben sotto le aspettative di quanti si auguravano una più ferma presa di posizione, si è comunque colta la profonda delusione arrecata al collega presidente americano dal furbo autocrate del Cremlino. Si parte intanto dalla fornitura di armi a Kiev, anche se, da inguaribile businessman, il tycoon si è assicurato il pagamento al 100%, senza rischio di malintesi, addirittura dalla Nato, complimentandosi gentilmente con l’Europa che – ha ammesso – fa sul serio e sostiene l’Ucraina decisamente anche rimettendoci in proprio (ma tutti sanno che difendere l’Ucraina significa anche difendere l’Europa…).

Si procede poi con un “ultimatum” di 50 giorni perché Mosca arrivi a un cessate il fuoco. Ultimatum credibile fino a un certo punto se, in altra sede, egli stesso si dichiara “non ancora pronto a rompere con Putin”. Ultimatum preso sotto gamba dalla nomenklatura russa, anzi beffardamente canzonato dalla stampa di regime, che ritrae il numero uno della maggiore potenza mondiale nelle goffe vesti di un lanciatore di “bolle di sapone”! Si dovrebbe dire che Trump spera ancora in un accordo – ed è giusto sempre sperare: “ci stiamo lavorando” dice, ma ammette che, dopo un cordiale colloquio telefonico – com’è già avvenuto quattro volte – l’aggressione russa s’infittisce bombardando i civili nella notte! E’ giusto sperare, ed è giusto anche continuare a proclamare l’urgenza del disarmo: cercare “una pace disarmata e disarmante” – afferma con ragione Leone XIV – sottintendendo (a noi parrebbe) che se c’è chi si disarma dovrebbe convincere l’altro a disarmarsi. Ma purtroppo la realtà non avalla questo! Anzi, quando c’è qualcuno che si arma – e la Russia ne è un esempio clamoroso con la sua “economica di guerra”, ben seguita, giocoforza, dall’Ucraina, ormai specializzata in produzione di armi tanto da fare scuola in Occidente, e seguita ora dalla stessa UE (cui fa da battistrada, insieme alla Germania, la fuoriuscita ma sempre all’erta Gran Bretagna, per non parlare di altri Paesi dell’Est che annusano più di altri l’odore dell’orso vicino) – è ovvio che tutti gli altri corrano ai ripari. E’ la storia dei popoli e dell’umanità, contro la quale è importante lavorare per cambiarla in meglio (e talvolta si è riusciti), ma senza troppe illusioni… Si opera nel frattempo a livello diplomatico – dove, purtroppo, si sprecano, per ora, solo parole; e si cerca di agire a livello di sanzioni, nel cui ambito l’UE sta affrettandosi ad approvare il pacchetto n. 18 già pensando al 19, mentre dallo Studio Ovale al momento arrivano solo minacce di dazi al 100% (il 500% ventilato al Senato americano si è eclissato…). E intanto la coalizione degli “autoritari nucleari” – Russia, Corea del Nord, Cina – stringe ogni giorno legami più solidali, pur avendo perso l’alleato mediorientale, quell’Iran lasciato per strada (dopo la batosta subita) nella sua palese ricerca dell’atomica da un Putin che, nonostante tutto, conta ancora sull’appoggio riconoscente dell’amico d’oltreoceano che gli consenta di allungare le unghie su Kiev.

La quale, da antica capitale della Rus, si consola nel celebrare a metà luglio, nella Giornata dello Stato, lo storico anniversario del “battesimo”, che circa 1040 anni fa la rese avanguardia del cristianesimo – ahimè, così disatteso in questo conflitto fratricida! – in quei paesi slavi; ma mettendo bene in evidenza che si tratta anche del Giorno dell’Indipendenza da quanti vorrebbero strapparle la libertà della fede e della vita. Siamo così giunti a circa 1240 giorni dall’inizio dell’ancora impunita aggressione-invasione: quasi tre anni e mezzo di guerra in terra, in cielo e in mare; senza risparmio di colpi e di mezzi, di energie e di denaro, di vite e di speranze. Cinquanta giorni di ultimatum, che porterebbero i giorni della strage a quasi 1300, sono fin troppi: chissà quante vite ancora – osservano in molti – saranno stroncate o amputate, civili e militari, dall’una e dall’altra parte, e con la triste previsione che anche quei giorni non basteranno, se non nasce una sincera volontà di pace, della quale per ora, come emerge fin troppo chiaramente dalla parte di un aggressore che continua ad autogiustificarsi, non si vedono segnali. Non è detto sia migliore, per i desiderati effetti finali di riconciliazione, una reazione più dura da parte degli Usa o dell’Europa: costringere Putin – che, come afferma Pechino, “non può perdere” – a cedere può comportare altri rischi. Così egli continua il suo macabro gioco.

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