COLLI DEL TRONTO – Si è svolto ieri, al Parco della Pace, il terzo appuntamento del Festival “Restare Partire Tornare”, un’iniziativa comunitaria, culturale e sociale che ha riunito istituzioni e cittadini per riflettere sul futuro delle aree interne e dell’Appennino, in particolare quelle colpite dal sisma del 2016.

Promosso dal Commissariato Straordinario per la Ricostruzione, insieme al Ministero per lo Sport e i Giovani, alla Regione Marche, al Comune di Colli del Tronto, ad ANCI e alla community partner “La Tornanza”, l’evento ha proposto conferenze, laboratori e momenti conviviali con l’obiettivo di contrastare lo spopolamento e creare condizioni favorevoli affinché i giovani possano restare o tornare nei propri territori d’origine.

Durante i tre giorni di incontri si sono alternati relatori locali, regionali, giornalisti ed esponenti del mondo ecclesiastico, con l’intento di valorizzare il patrimonio umano e culturale delle aree interne, immaginando un ecosistema in cui il lavoro, l’innovazione e la qualità della vita rappresentino un’alternativa concreta alla fuga verso i grandi centri urbani.

Cucinelli: “Restituire dignità al lavoro operaio”
Il momento clou della manifestazione è stato l’intervento dell’imprenditore umanista Brunello Cucinelli, moderato dal direttore de Il Tempo, Tommaso Cerno, insieme al rettore della Politecnica delle Marche Gian Luca Gregori.

Cucinelli, fondatore dell’omonimo brand di moda di lusso, ha offerto una riflessione profonda sul valore umano del lavoro e sul ruolo dell’impresa nella società. Nato in un piccolo borgo umbro da una famiglia modesta, ha costruito la sua carriera seguendo un unico principio trasmessogli dal padre: “Sii un brav’uomo”. Un comandamento semplice, ma potente, che ha guidato ogni scelta della sua vita personale e imprenditoriale.

“L’operaio oggi soffre di un ‘mal di anima’ – ha dichiarato –. Lavorano spesso in edifici senza finestre, privi di luce, con paghe insufficienti. È tempo di restituire dignità a queste persone, innanzitutto migliorando le loro condizioni economiche e ambientali”.
Cucinelli ha criticato l’idea secondo cui le imprese non abbiano risorse per aumentare i salari: “Non è vero. I profitti esistono, ma vanno redistribuiti. Se un’azienda prospera, è anche grazie ai suoi operai”. E ha lanciato un appello etico ai consumatori: “Non comprate da chi lucra sulla fatica altrui”.

Secondo Cucinelli, cambiare la percezione sociale del lavoro manuale è fondamentale per ricostruire una comunità coesa e attrattiva. “Gli operai vanno visti come anime pensanti, non come ingranaggi. Solo così potremo trattenere i giovani nei nostri borghi”.

Il coraggio di tornare e credere nei giovani
Ma l’imprenditore umbro non è solo un profeta del lavoro dignitoso: è anche un sostenitore appassionato delle nuove generazioni. “Ai giovani bisogna dare fiducia, senza sommergerli di aspettative. Parlare con loro, ascoltarli, aiutarli a esprimere il proprio potenziale. Se ci trattiamo con garbo ed educazione, tutto diventa possibile”, ha detto.

Ai ragazzi lancia un invito chiaro: tornare nei piccoli borghi, riscoprendo valori come spiritualità, solidarietà e umanesimo. “L’Italia è un Paese creativo e leggero, capace di meravigliare il mondo. Educhiamo i nostri giovani alla gentilezza, al rispetto e al coraggio. Saranno queste qualità a salvarli dalla solitudine”.

Nella sua azienda, Cucinelli ha realizzato il “Piano quinquennale dell’anima”, un progetto che prevede l’attenzione reciproca tra colleghi, per intercettare in tempo difficoltà personali e offrire supporto umano e concreto.

Il carcere, il lavoro, la dignità
Tra le tante iniziative di responsabilità sociale promosse da Cucinelli, spicca anche la formazione dei detenuti nel carcere di Capanne, a Perugia, nel settore della maglieria. Alla domanda su come coinvolgere altri imprenditori in progetti simili, ha risposto con la sua consueta semplicità: “Bisogna andarci di persona, parlarci. È faticoso, ma è l’unica strada”.

Una conclusione densa di speranza
L’intervento di Cucinelli ha lasciato il segno. La sua testimonianza, intrisa di umanità e visione, ha restituito senso e prospettiva a un tema spesso trattato con freddezza tecnica: il futuro dei giovani e dei territori fragili.
La manifestazione si è chiusa così, con parole che non suonano come slogan, ma come direzioni possibili: lavoro, rispetto, comunità.

Da lui, davvero, c’è molto da imparare.

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