foto Società italiana di psichiatria

Giovanna Pasqualin Traversa

Una nuova pandemia, accelerata dal Covid-19 ma che rischia di diventare più insidiosa. A lanciare l’allarme, in occasione della Giornata mondiale della salute mentale che ricorre oggi, è la Società italiana di psichiatria (Sip) che quest’anno compie 150 anni: in tre anni le diagnosi di disturbi mentali sono aumentate del 30%, soprattutto tra i giovanissimi e le fasce di popolazione più fragili, e stanno per superare quelle legate alle   patologie cardiovascolari, spiegano gli psichiatri. Numeri che valgono in Italia il 4% del Pil tra spese dirette e indirette. Senza contare la diminuzione dell’aspettativa di vita di 10 anni.

Giovani e pandemia della mente. A pagare “il prezzo più alto alla pandemia di Covid-19 sono i giovani”, ha spiegato Emi Bondi, presidente Sip e direttore del Dsm dell’Ospedale Papa Giovanni XXII di Bergamo, intervenuta all’incontro promosso ieri presso la Sala Isma del Senato in occasione dei 150 anni di fondazione della società scientifica e alla vigilia della Giornata odierna. “L’isolamento e la rottura con il mondo reale e la società nelle sue più diverse componenti hanno contribuito all’aumento delle dipendenze da sostanze ma, soprattutto, da tecnologia, e oggi si stimano

almeno 700 mila adolescenti dipendenti da web, social e videogiochi.

Altri ancora sono vittime di ansia e depressione, anche queste in costante aumento”.

A rischio anche donne, anziani e ceti sociali svantaggiati. “Dopo la pandemia – le ha fatto eco Claudio Mencacci, presidente onorario Sip, direttore emerito del dipartimento di Neuroscienze, ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano – i sintomi depressivi nella popolazione generale sono quintuplicati e oggi si stima che li manifesti circa una persona su tre, tanto che si ipotizzano fino a 150 mila casi di depressione maggiore in più rispetto all’atteso, con conseguenze dirette su malattie oncologiche, cardiovascolari e polmonari. A soffrire del maggior disagio mentale, oltre ai giovani, sono le categorie fragili come donne, anziani, ceti sociali più svantaggiati. Fra i disoccupati il rischio di depressione è triplo”.

La policrisi. Secondo la Sip, “è già in atto una ‘policrisi’ in cui pandemia e guerra, inflazione e turbolenze sociali stanno facendo da detonatore al disagio mentale”. Nonostante ciò, le risorse a diposizione dei Servizi di salute mentale pubblici sono in continuo calo, e sono ormai sotto il 3% del fondo sanitario nazionale, mentre l’indicazione europea è del 10% per i Paesi a più alto reddito. Diminuiti i dipartimenti di salute mentale (Dsm): dai 183 del 2015 ai 141 del 2020, mentre si stima che entro il 2025 mancheranno all’appello altri mille psichiatri a fronte di un incremento generalizzato di aggressività e violenza nei confronti di tutti gli operatori, ma soprattutto nella psichiatria, come dimostra il tragico esempio dell’omicidio di Barbara Capovani.

Tavolo tecnico e Ssn. Per la presidente Bondi, la salute mentale “deve essere un diritto per ogni cittadino e non deve più essere trascurata. Il Ssn è chiamato ad essere in prima linea per mettere in atto strategie di prevenzione e monitoraggio e per intercettare e curare il disagio mentale nelle popolazioni più fragili e a rischio”. “A questo fine il Tavolo tecnico sulla salute mentale istituito di recente al ministero della Salute – ha spiegato Giuseppe Niccolò, coordinatore vicario del Tavolo e direttore del Dsm dell’Asl Roma 5 – ha tra gli obiettivi il compito di realizzare

un nuovo piano per la salute mentale che migliori la qualità dei percorsi di prevenzione, trattamento e riabilitazione

per meglio rispondere ai bisogno di salute mentale della nostra società”.

Ricerca e prevenzione. Al lavoro del Tavolo tecnico si affianca il lavoro della ricerca, il futuro della psichiatria, grazie alla quale “sono stati fatti enormi passi avanti nella diagnosi precoce e nella prevenzione”, ha osservato Liliana Dell’Osso, co-presidente Sip e professore ordinario di psichiatria all’Università di Pisa. Tuttavia, ha avvertito, persiste uno stigma sui disturbi mentali “causa di intensa sofferenza soggettiva e di grave compromissione del funzionamento biologico e psicosociale”. Non riconoscerli, “significa rinunciare non solo alla terapia psicofarmacologica ma anche al riconoscimento di manifestazioni iniziali al fine di adottare strategie preventive, orientando il soggetto verso stili di vita protettivi e valorizzando i suoi punti di forza”.

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