
M. Chiara Biagioni
L’acqua a Kherson e nei piccoli villaggi della zona per fortuna si sta lentamente ritirando, la situazione si sta normalizzando ma c’è forte preoccupazione per la minaccia di epidemie e per la presenza di mine e munizioni che possono diventare letali se prese incautamente tra le mani. Contattato dal Sir, a parlare dalla città di Kherson è p. Ignatius Moskalyuk, osbm, rettore del monastero basiliano di San Volodymyr il Grande. Contattato dal Sir, a parlare della situazione nella città di Kherson è p. Ignatius Moskalyuk, osbm, rettore del locale monastero basiliano di San Volodymyr il Grande. Lui e uno dei suoi compagni monaci erano rimasti nel loro monastero dall’inizio dell’invasione su vasta scala, anche quando Kherson era sotto l’occupazione russa. Era la notte del 6 giugno quando, a pochi chilometri da qui, è stata fatta esplodere la centrale idroelettrica di Kakhovka, uno dei numerosi sbarramenti costruiti lungo il corso del Dnipro (o Dnepr), il quarto fiume più lungo d’Europa e il terzo per ampiezza, che attraversa Russia, Bielorussia e Ucraina. l bacino conteneva circa 18 milioni di metri cubi d’acqua.Dopo che la diga è esplosa, tonnellate d’acqua sono precipitate a valle. Per fortuna, il monastero si trova su una collina e quindi non ha subito danni e allagamenti. Questo ha permesso ai sacerdoti di aiutare, fin dalle primissime ore successive alla esplosione della diga, le persone che chiedevano aiuto.
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