“Il Natale di quest’anno ha un significato molto speciale. Esso ricorda, più di altre volte, che Gesù è nato senza una casa. E questo lo sanno bene coloro nel terremoto hanno perduto tutto, a partire dall’abitazione”. Così mons. George Anthony Frendo arcivescovo metropolita di Tirana-Durazzo, e presidente dei vescovi del Paese, descrive al Sir lo stato d’animo dei fedeli albanesi a pochissimi giorni dal Natale. Il sisma del 26 novembre scorso, il più forte degli ultimi 40 anni con magnitudo 6,5, ha sconvolto il Paese, con decine di morti e centinaia di feriti, case e edifici distrutti. Mons. Frendo, la cui diocesi insiste proprio nella parte settentrionale dell’Albania, quella più colpita, si è recato subito dopo la scossa nelle due tendopoli allestite a Durazzo e Thumane, per portare la vicinanza e la solidarietà della Chiesa, anche tramite la Caritas, alla popolazione colpita. Oggi la maggiorparte dei terremotati ha trovato alloggio in hotel, da parenti e amici, o all’estero, ma “il senso di precarietà è evidente e abbraccia tutti”. Prima ancora che pensare al futuro c’è desiderio di ritrovare un po’ di normalità.
Un mese dopo il sisma ecco il Natale. “È un tempo di festa – dice mons. Frendo – nel quale sperimenteremo l’incertezza e la precarietà di questa situazione ma con un qualcosa in più che Gesù non ha avuto: la solidarietà del nostro popolo e di tanti altri Paesi. Stiamo facendo esperienza dell’amicizia e della solidarietà di tanti Paesi e di tante Chiese.
Se c’è un aspetto positivo della tragedia del terremoto è proprio questo: la solidarietà.
Anche da un dramma come il sisma può venire fuori un qualcosa di bello. E anche se le scosse continuano e la paura non si attenua”. La Chiesa albanese, attraverso la Caritas, con il sostegno di tante altre chiese, in testa quella italiana, continua, afferma l’arcivescovo, “la sua opera di vicinanza materiale, morale e spirituale alla popolazione colpita: cibo, vestiti, medicine ma anche ascolto e preghiera”. Per Natale la chiesa locale sta esortando i fedeli a recarsi, per quanto possibile, nelle parrocchie più vicine ai luoghi di accoglienza così da partecipare alla messa di mezzanotte e alla celebrazione del 25 dicembre. Cosa non semplice visto che, spiega mons. Frendo, “il territorio della nostra diocesi, Tirana-Durazzo, è quello più colpito dal terremoto. Ci sono zone completamente distrutte, come le città di Mamurras e di Laç”.
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