SAN BENEDETTO DEL TRONTO – C’è un albero che giace ai margini di una strada, ferito, caduto, apparentemente dimenticato. Un tronco di fico, lasciato lì, davanti al cimitero, lungo via Bramante, come tante vite che la periferia custodisce in silenzio. Eppure, proprio da quel legno spezzato è nata una luce.
Quel tronco, che poteva essere solo un segno di abbandono, è diventato una culla. Qualcuno ha saputo guardarlo con occhi diversi: non come un resto inutile, ma come un’occasione. Ed è così che, attorno a quel legno caduto, ha preso forma un presepe improvvisato. Una capanna semplice, le figure essenziali, le pecore, i pastori, e una luce che rompe il buio. Nulla di sfarzoso, ma tutto profondamente vero.
È un messaggio potente quello che nasce lì, ai margini della strada. Gesù non nasce nei palazzi, ma nella fragilità. Nasce dove c’è una ferita, dove qualcosa è caduto, dove sembra non esserci più speranza. Proprio come quel tronco di fico, spezzato ma ancora capace di sostenere la vita.
Questo presepe parla anche di noi. Di tutte quelle persone che si sentono cadute, segnate, messe da parte. Di chi porta ferite visibili o invisibili. Il Natale ci ricorda che non è la perfezione a generare salvezza, ma l’accoglienza. Anche dentro una vita spezzata può nascere Dio. Anzi, spesso è proprio lì che nasce.
I volenterosi che hanno dato vita a questo presepe hanno rinnovato un gesto semplice, ma carico di significato. Un augurio silenzioso a chi passa di lì, ai tifosi che si recano al Torrione, a chi corre senza fermarsi: rallentare lo sguardo, lasciarsi toccare, diventare – forse – un po’ più buoni.
Perché il Natale accade ancora. Accade nelle periferie, lungo le strade, tra ciò che è caduto. Accade ogni volta che permettiamo a Gesù di nascere dentro di noi, così come siamo: feriti, fragili, ma incredibilmente capaci di luce.






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