Di Roberto Cestarelli

Quando ci prepariamo a festeggiare il compleanno di una persona cara, cerchiamo sempre un gesto speciale: un dono che parli di noi, che esprima affetto, che raggiunga il cuore di chi lo riceve. Se il festeggiato è un familiare, l’attenzione diventa ancora più premurosa.

Eppure, quando arriva il Natale – che per i cristiani è il compleanno di Gesù Cristo – questa cura sembra dissolversi. Per molti non è più una festa dedicata a qualcuno, ma una generica occasione di svago, pausa e consumo. Il vero festeggiato viene progressivamente messo ai margini, sostituito da un’immagine rassicurante e commerciale: Babbo Natale, che non interpella la coscienza, non chiede nulla, ma promette soltanto regali.

Natale oggi: tradizione più che fede

Tra pochi giorni sarà Natale, una delle ricorrenze centrali della tradizione cristiana. Eppure, osservando la realtà quotidiana, sorge una domanda tutt’altro che scontata: quanti lo vivono ancora come la festa della nascita di Gesù Cristo? Per molti, il Natale è ormai soprattutto un rito da celebrare “perché si è sempre fatto così”, tra addobbi, luci, pranzi e offerte commerciali. Raramente, alla domanda sul senso di queste pratiche, si sente rispondere che si celebra l’Incarnazione di Dio o l’annuncio della vita che entra nella storia.

Questo svuotamento del significato religioso emerge anche nella progressiva rimozione dei simboli cristiani. Negli ultimi anni hanno fatto discutere le scelte di alcune scuole di eliminare riferimenti espliciti a Gesù dai canti natalizi, in nome di una presunta neutralità. Testi tradizionali vengono modificati, sostituendo frasi come “Oggi è nato il buon Gesù” con espressioni generiche e prive di contenuto religioso. Al di là delle intenzioni, il risultato è un Natale sempre più anonimo, privato della sua identità originaria.

Un Natale sempre più consumistico

Viviamo in un’epoca in cui il consumismo non orienta solo le scelte economiche, ma plasma anche le emozioni. Media e pubblicità parlano quasi esclusivamente di acquisti, offerte imperdibili, pranzi e cene elaborate, vacanze, tredicesime da spendere e desideri da soddisfare.

L’atmosfera natalizia si trasforma così in una corsa frenetica tra pacchi, luci e tavole imbandite, dove la felicità viene misurata dal numero di regali sotto l’albero o dalle mete raggiunte. Il presepe, segno concreto dell’Incarnazione, è oggi presente in poco più della metà delle famiglie, mentre l’albero di Natale campeggia quasi ovunque, spesso ridotto a puro elemento decorativo, svincolato da ogni riferimento religioso.

La fede sullo sfondo

Un ulteriore segnale di questo smarrimento è il calo della partecipazione religiosa. Tra il 24 e il 25 dicembre, solo poco più della metà degli italiani entra in una chiesa; di questi, una minoranza partecipa alla Messa della notte di Natale. Per molti, la celebrazione liturgica viene vissuta come un obbligo scomodo, un’aggiunta faticosa dopo giornate frenetiche trascorse tra preparativi e impegni familiari.

Così, paradossalmente, il centro della festa viene oscurato proprio nel momento in cui dovrebbe emergere. Il Natale diventa un evento culturale, sentimentale o semplicemente vacanziero, mentre la fede scivola sullo sfondo, soppiantata dal benessere, dal comfort e dalle ritualità sociali.

Perché ci siamo lasciati rubare il Natale?

La domanda, allora, sorge spontanea: perché ci siamo lasciati rubare il Natale?
Forse perché è più facile lasciarsi trascinare dal clima festoso che fermarsi a contemplare il mistero di Betlemme. Forse perché un Natale fatto di luci e regali è più gestibile di un Dio che entra nella storia, si fa povero e interpella le coscienze. Non manca, inoltre, chi si è allontanato percependo una distanza tra il messaggio evangelico e la testimonianza concreta di chi dovrebbe incarnarlo.

Eppure, il 25 dicembre continua a custodire un annuncio radicale e scomodo: Dio si fa uomo, sceglie la semplicità, nasce ai margini per portare luce e libertà. Il Natale non è soltanto una tradizione da ripetere, ma un incontro da riscoprire.

A noi, dunque, spetta il compito di non permettere che questo significato si perda, di restituire al Natale il suo volto autentico e di ritrovare, nella semplicità del presepe, il cuore vivo della nostra fede.

 

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