CASTIGNANO – Non un semplice arredo urbano dal design originale né solo un monumento celebrativo, silenzioso e potente per la memoria di chi non c’è più. Bensì un luogo di impegno civile, un luogo di riflessione permanente nel cuore della comunità.
Rappresenta soprattutto questo la panchina commemorativa in memoria di Emanuela Massicci, inaugurata ieri, Venerdì 19 Dicembre 2025, alle ore 15:00, a Ripaberarda, la frazione in cui abitava la donna, vittima di femminicidio.
Installata presso i giardini comunali vicino alla chiesa di Sant’Egidio, la panchina rossa e con una targa incisa, non è stata solo un omaggio alla donna castignanese ad un anno dalla sua scomparsa, bensì un segno simbolico destinato a diventare un punto di riferimento per la comunità castignanese.
Alla cerimonia hanno partecipato i familiari della donna, in particolare i genitori e i due figli, Tommaso e Jacopo, che hanno deposto un cuscinetto di rose, a forma di cuore, sulla panchina realizzata in memoria della loro madre. Un momento toccante, in cui la commozione è stata palpabile.
Oltre a loro, anche molti altri parenti ed amici, le massime autorità civili, religiose e militari e numerosi rappresentanti delle associazioni che si occupano di aiutare le donne vittime di violenza: Fabio Polini e Sisti Sergio, rispettivamente sindaco e vicesindaco del Comune di Castignano; Chiara Buondi, responsabile dei Servizi Sociali dell’Unione Comuni della Vallata del Tronto, che è a capofila dell’ambito 23; don Massimo Zorzi, parroco della comunità cristiana locale; il luogotenente Antonio Paolo Mincone, comandante della Stazione Carabinieri di Castignano; Valeria Scaramucci, ispettrice dell’Ufficio di Polizia Locale del Comune di Castignano; Laura Gaspari, referente del Centro Antiviolenza “Percorsi Donna“ nell’Ambito Territoriale XIX (Provincia di Fermo); Mirella Fabiani, referente dell’associazione “Viva Vittoria”, l’organizzazione di volontariato nata nel 2015 per dire “no” alla violenza sulle donne, trasformando quadrati di lana creati da volontari in grandi coperte colorate, esposte nelle piazze e poi vendute per raccogliere fondi destinati ai centri antiviolenza.
Presenti anche numerose persone che in questo anno sono state vicino, in vari modi, ai familiari di Emanuela Massicci, in particolar modo ai figli che ora hanno 11 e 9 anni. Tra questi benefattori c’era anche Luigi Contisciani, presidente del Consorzio BIM Tronto.
“Un dolore vivo che chiede consapevolezza ed impegno”
Durante la cerimonia di inaugurazione, il sindaco Fabio Polini ha spiegato il valore simbolico della panchina installata: “Oggi un’intera comunità si ferma e ricorda. Questa data, il 19 Dicembre 2024, ha segnato in modo indelebile la nostra comunità: il delitto che ha visto come vittima Emanuela continua a pesare come un macigno sulle nostre coscienze. Il tempo, qui a Ripaberarda, sembra essersi fermato a quel tragico giorno in cui la violenza domestica ha scatenato la furia omicida. Il dolore di tutti noi è ancora vivo, ma chiede consapevolezza, impegno e memoria. La nostra presenza qui, oggi, non è solo un’occasione di ricordo, ma impone una riflessione profonda sul ruolo delle istituzioni di fronte a un fenomeno che continua a ferire la nostra società.
La panchina, come vedrete, è volutamente scomoda, perché chi vi si siederà non si adagi, ma senta il peso del silenzio. Non è un semplice arredo urbano, ma un’opera portatrice di un messaggio profondo, un luogo di memoria e di impegno civile. Sarà un monito silenzioso e quotidiano contro l’indifferenza e un simbolo della nostra ferma volontà di essere una comunità che protegge, include e non dimentica”.
“Una comunità ferita, ma non rassegnata, che sceglie di rispondere alla violenza con la solidarietà, la cultura e l’educazione”
Il primo cittadino castignanese ha poi concluso: “Come comunità, non vogliamo e non possiamo cancellare il dolore, ma vogliamo trasformare questa sofferenza in impegno, in un’azione con valore duraturo, portatrice di un significato che trascende il singolo evento per diventare monito permanente. La realizzazione di questa panchina, simbolo e monito per la collettività futura, rappresenta un esempio di come una comunità locale, anche piccola come la nostra, possa e debba reagire, continuando ad interrogarsi ed impegnarsi su come fermare ogni tipo di violenza e soprattutto la violenza sulle donne, prima che sia troppo tardi.
La panchina è dedicata alla memoria di Emanuela, ma è un arredo che parla ad ognuno di noi: diventerà la testimonianza di una comunità ferita, ma non rassegnata, che sceglie di rispondere alla violenza con la solidarietà, la cultura e l’educazione. Questo è il nostro modo di onorare la memoria di Emanuela Massicci e di riaffermare il nostro impegno per un futuro del rispetto e della non volenza”.
“Un’esistenza mutilata che possa parlare alle coscienze di tutti”
L’opera nasce da un’idea progettuale di Stefano Uberti e Leonardo Cifora, due studenti dell’Università degli Studi di Camerino – Scuola di Architettura e Design che hanno partecipato al concorso di idee indetto dal Comune di Castignano per la progettazione di una panchina commemorativa contro la violenza di genere.
La loro opera, dal titolo “Esistenza Mutilata”, è molto significativa. Intanto Come spiegano i due giovani progettisti “nasce per costringere chi guarda a confrontarsi con il vuoto tangibile lasciato dall’assenza e per affidare alla comunità un compito: trasformare il dolore in impegno e la memoria in cura quotidiana. La panchina, infatti, presenta un vuoto, per evidenziare e ricordare alle coscienze di tutti un’esistenza mutilata appunto, una donna strappata alla vita. Al contempo, oltre che commemorare, vuole essere anche portatrice di un messaggio sociale forte: la necessità urgente di sradicare ogni forma di violenza verso le donne. Quando un passante che si metterà a sedere qui, ad un certo punto, si sentirà scomodo e sarà portato ad osservare la panchina e a chiedersi come mai sia stata realizzata così, cioè senza schienale, non ergonomica e priva di qualsiasi agio. Leggendo la targa e la frase che vi è apposta, ‘La tua voce vive nella nostra memoria’, sarà portato ad interrogarsi e a riflettere. Onestamente siamo davvero felici di aver vinto questo concorso e di vedere realizzata una nostra idea progettuale, ma avremmo preferito che Emanuela fosse ancora qui con noi. Ci auguriamo che questa nostra opera diventi un inno alla non violenza verso le donne, un grido per dire ‘Basta!“.
L’opera, realizzata grazie alla maestria della ditta Cataldi di Offida, presenta molti simboli che richiamano alla memoria Emanuela Massicci. Prima di tutto il titolo, “Esistenza Mutilata”, è composta di due parole che hanno le stesse iniziali della donna. Poi c’è il calco di un paio di scarpe rosse, a richiamare l’impronta indelebile di chi occupava quel posto e vi rimarrà per sempre. Infine il basamento che si trova al di sotto del posto vuoto, da cui crescono fiori, una sorta di memoriale vivente che simboleggia la vita che cresce sulla ferita. Spiegano i due studenti: “Da quella stessa ferita, una pianta cresce, simbolo di una memoria che non chiede solo di essere ricordata, ma curata, trasformando il dolore in impegno e la sua assenza in una presenza eterna”.
“Una rete comunitaria: l’unico strumento efficace per sconfiggere la violenza contro le donne”
A nome di tutte le associazioni presenti, ha preso la parola Laura Gaspari, referente del Centro Antiviolenza “Percorsi Donna”, la quale ha sottolineato l’importanza di fare rete intorno alle donne che subiscono violenza: “La panchina rossa è un simbolo importante che ci deve ricordare che non devono più morire donne nel nostro paese a causa della violenza maschile e che, come società, tutte e tutti possiamo e dobbiamo sentirci responsabili. Possiamo imparare a riconoscere la violenza prima ancora che si arrivi a forme così gravi. Noi donne siamo tutte sorelle, amiche, vicine di casa, professioniste, cittadine, quindi chiunque di noi può aiutare una donna vittima di violenza, sia che ne siamo certi sia che invece immaginiamo soltanto. C’è un centro antiviolenza a cui è possibile chiedere aiuto in maniera gratuita ed anonima. Questo può fare la differenza! L’unico modo che esiste infatti per sconfiggere questo fenomeno, è proprio quello di essere comunità, di aiutare le donne a non vergognarsi a chiedere aiuto, a non avere paura di denunciare, a non farle sentire sole, isolate, abbandonate. Vi chiedo quindi di essere presenti non solo oggi, ma tutti i giorni. Sappiamo infatti che la violenza è un fenomeno sistemico: non riguarda solo la donna, ma tocca tutti gli ambiti della sua vita: i suoi principi e valoro, il suo lavoro, la casa, la sua rete di relazioni sociali. L’unico strumento efficace quindi per difendere le donne vittime di violenza è proprio che si crei una rete di protezione intorno a loro, fatta di istituzioni, associazioni e comunità che non si tirano indietro, bensì restano loro accanto. Dite a tutti che i centri antiviolenza sono accanto a chi ne ha bisogno anche in questi giorni di festività natalizie, affinché le donne – tutte – possano scegliere liberamente per la propria vita”.
“Una comunità di cristiani che celebra la vita”
Nel tardo pomeriggio, alle ore 19:00, tutta la comunità si è riunita presso la chiesa di Sant’Egidio per celebrare insieme una Santa Messa in memoria di Emanuela Massicci. Oltre ai genitori della donna seduti in prima fila, particolarmente toccante è stata la presenza dei due figli sull’altare, dove hanno servito la Messa come chierichetti.
Commovente l’omelia di don Massimo Zorzin, che ha presieduto la Celebrazione. Rivolgendosi direttamente ai figli di Emanuela, ha detto: “Noi stasera celebriamo la vita! Forse vi sembrerà strana questa mia affermazione, ma, se abbiamo ascoltato bene le letture appena proclamate, allora possiamo comprendere quello che ho appena detto. Ragazzi, guardate quante persone sono qui stasera per ricordare la vostra mamma! Che bello! Vuol dire che la sua presenza tra noi è stata importante, che nessuno l’ha dimenticata. E noi siamo qui stasera per ringraziare Gesù di avercela donata e di averci fatto trascorrere con lei alcuni anni. Ma, come cristiani, noi sappiamo che la nostra cittadinanza è nei Cieli. Come cristiani, quindi, noi sappiamo che questo è il momento di celebrare la vita. Certamente lo facciamo con la tristezza e con il dolore nel cuore per il fatto di non vederla più ora, ma con la gioia di averla avuta come testimonianza dell’amore di Gesù”.
“Una comunità unita che sa farsi prossima con gesti silenziosi”
Don Massimo, prendendo spunto dal Vangelo, ha poi ribadito ai due piccoli Tommaso e Jacopo di poter contare sempre su di lui e sulla comunità: “Se pensiamo alle parole che abbiamo ascoltato e che il Signore rivolge ad ognuno di noi, comprendiamo anche la vigilanza che Gesù ci chiede. Non è una vigilanza da vivere con la paura, ma con tranquillità. Se infatti noi siamo sereni nel fare la volontà di Dio e siamo quindi nella Sua grazia, nessun tormento ci potrà turbare. Ma non solo: quando ci sentiamo così, siamo in grado anche di portare il bene agli altri. Anche in un momento storico come quello che stiamo vivendo e che è ricco di discussioni, litigi, violenze e guerre, noi possiamo portare gioia ed amore a chi ci è vicino e costruire, così, una comunità unita che si vuole bene. Vedete, una comunità unita è un grande dono, perché, anche se siamo soli o se abbiamo un problema, ci fa sentire parte di una grande famiglia e subito stiamo meglio. Se ci sentiamo uniti, se ci sentiamo una famiglia, ogni tristezza, ogni dolore, ogni incomprensione, ogni delusione si sopporta meglio. È difficile? Sì, ma non è impossibile. Noi infatti portiamo fuori da qui quello che abbiamo ricevuto. Quando usciamo dalla Messa, cosa portiamo? Amore o odio?! Se ho ricevuto amore, dono amore. E siccome noi riceviamo sempre amore dal Signore, fuori da qui siamo chiamati a portare questo stesso amore. Solo così saremo capaci di essere vicini a Tommaso e Jacopo e ai loro nonni con gesti d’amore. Gesti anche silenziosi. Ce sono sono stati tanti e so che continueranno ad esserci. Ringraziamo allora il Signore per averci donato una comunità unita e piena d’amore!”.
Un patto solenne di responsabilità che impegna concretamente tutta la comunità
La giornata si è conclusa presso il ristorante “Santa Lucia”, dove alle ore 21:00 si è tenuta una cena di beneficenza, il cui ricavato è stato destinato a Tommaso e Jacopo, un ulteriore gesto che sottolinea la volontà di trasformare il ricordo di Emanuela Massicci in un patto solenne di responsabilità che impegna tutta la comunità.
La cena solidale si inserisce in un percorso più ampio di iniziative volte a diffondere la cultura del rispetto, a prevenire la violenza di genere, ad onorare la memoria di Emanuela e a farsi prossimi ai suoi figli con diverse raccolte fondi, così da permettere loro di crescere e proseguire gli studi con dignità e serenità. Oltre al Bim Tronto, che in estate ha già provveduto a consegnare un contributo, nella giornata di ieri anche le referenti del Centro Antiviolenza “Percorsi Donna” e dell’associazione “Viva Vittoria” hanno elargito una somma ai familiari di Emanuela.
A questi gesti se ne uniscono anche altri compiuti da molti concittadini. A tal proposito il tutore dei due ragazzi, l’avvocato Buonfigli, ha detto: “Voglio cogliere questa occasione semplicemente per ringraziare la comunità di Castignano e tutti coloro che si sono attivati per aiutare questi ragazzi in maniera silenziosa, in maniera discreta, così come deve essere. Grazie dal profondo del cuore, a nome dei ragazzi, per quello che avete fatto e per quello che farete”.
Castignano sta dimostrando di essere una comunità unita e solidale che non dimentica, che guarda avanti con speranza e determinazione per costruire una società più attenta e che sa farsi prossima a chi ne ha bisogno.


























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