ARQUATA DEL TRONTO – Abbiamo fatto visita a don Bojor Marian Claudiu presso il centro Agorà di Arquata (AP). Oltre ad augurare un sentito in bocca al lupo al neoeletto parroco, c’è stata l’occasione di intrattenersi in una piacevole e interessante chiacchierata che ha messo in luce il suo entusiasmo nel ricevere il nuovo incarico. La cerimonia di ingresso di don Marian si è tenuta il 30 novembre, quando è stato nominato parroco delle cinque parrocchie del territorio: SS. Salvatore a Borgo d’Arquata, Santa Maria delle Grazie a Trisungo, Sant’Agata a Spelonga, Santa Maria a Pretare e Santa Croce a Pescara del Tronto.

Com’è diventato sacerdote? Qual è stata la sua chiamata?

Sono nato nel 1977 e sono entrato in seminario a 23 anni, è stata una vocazione matura, fuori dagli schemi; infatti, da piccolo non ho mai avuto il pensiero di diventare sacerdote. A mettermi la pulce nell’orecchio è stato un vicino di casa sacerdote cattolico che mi chiese se avessi il desiderio di diventare prete. All’inizio non mi sembrava una via percorribile, diciamo che non la pensavo diversamente da come la pensasse un giovane della mia età; tuttavia, questo pensiero si è fatto strada fino ad arrivare al mio ingresso in seminario. Nel 2007 sono diventato diacono e, l’anno dopo, sono stato incaricato come formatore nel seminario di Cluj, la mia diocesi. Nel 2009 sono andato a Roma per avere una formazione da formatore in seminario, qui ho fatto un anno integrativo a S. Anselmo e poi all’Università Pontificia. Sono stato poi all’Università gregoriana dove ho fatto un anno, con diploma, di formatori in seminario e poi due anni di licenza in spiritualità formativa ed infine, nel 2014, sono tornato in Romania dopo un anno di missione pastorale in una parrocchia di Roma. Nel 2015 il vescovo Florentin mi ha proposto l’incarico di padre spirituale del seminario e due anni dopo, nel 2017, ho ricevuto una borsa di studio per conseguire, a Roma, un dottorato presso l’Università Lateranense in teologia pastorale. Fino al 2019 ho continuato il mio lavoro di ricerca appoggiandomi in una parrocchia ed è così che sono arrivato ad Ascoli, in particolare qui ad Arquata come viceparroco di don Nazzareno. Nel 2021, per motivi personali, sono tornato a Roma e sono diventato cappellano presso la comunità greco cattolica romena e poi, nel 2023, sono tornato ad Ascoli con l’incarico di parroco di Ripaberarda ed ora eccoci qua di nuovo ad Arquata.

Cosa significa per lei vivere la fede? E come la vive quotidianamente?

Ci sono tante formule che spiegano cos’è la fede, per me è un vissuto naturale del sapere che Dio c’è, avere questo rapporto con lui è naturale e questa naturalezza viene dalla sua Legge. Io cerco di vivere secondo quella che è la legge dell’amore che Gesù ci ha detto: ama il tuo Dio ed il tuo prossimo. Quando c’è la consapevolezza dell’amore di Dio, si vive senza fretta e senza ritardi, non sempre si riesce perché ci sono istinti che non si possono eliminare, per esempio l’impazienza di vivere l’amore con Dio oppure il pensare di saperne più di Lui. In conclusione, la fede è come andare ad un appuntamento con Dio, Lui non ritarda mai e non si affretta mai, siamo noi a dover prendere il giusto ritmo.

Che consiglio daresti a chi non sa vivere la fede serenamente o pienamente?

Non è sicuramente possibile vivere sempre sereni, ma è possibile, nei momenti di oppressione o sofferenza, vivere con sopportazione fidandosi ed affidandosi a Dio, ma bisogna avere pazienza e, saper appunto, sopportare.

Come vede il ruolo della Chiesa nella società moderna?

La Chiesa è una realtà divino-umana, una realtà che ha una parte spirituale ed una umana; da sempre la Chiesa ha avuto momenti di risveglio e di lotta con la realtà del mondo. Da questi momenti ne è sempre uscita perché non trae la sua forza dalla capacità umana, ma nel proporre sempre la stessa cosa, ovvero Gesù. Lui è a guidare le sorti del mondo; poi ci sono sempre, grazie all’azione dello Spirito Santo, le persone giuste, esempio lampante possono essere le figure di S. Francesco e S. Domenico che, in un momento di difficoltà della Chiesa, hanno saputo farla riprendere. La modalità in cui Gesù si propone rimane alle capacità delle persone che fanno parte della Chiesa: ecclesiali o laici che siano. Il mondo è moderno, ma la profondità interiore dell’animo umano rimane quella: stessi desideri, sogni o ambizioni di spiritualità ed è qui che avviene l’incontro con Gesù che dev’essere personale. Io sacerdote posso accompagnare nella conoscenza, l’approfondimento sta a te.

Come gestisce lo stress di questo nuovo incarico?

La nostra realtà sulla Terra non è sempre paradisiaca, le nostre emozioni sono condizionate non solo dalle realtà esterne, ma anche da quello che è dentro di noi; siamo portati verso sentimenti o emozioni negative e questo influisce anche sul nostro stato d’animo. Questo, in particolare, può essere uno scandalo nei fedeli quando vedono nel sacerdote stati d’animo non proprio santi; rabbia, permalosità o altri sentimenti negativi che hanno anche tutte le altre persone. Anche io posso avere questi momenti ed a gestirli mi aiutano tanto la mentalità non fretta, non ritardo e, soprattutto, la preghiera: la difficoltà c’è e può restare, ma un conto è affrontare le difficoltà con anima depressa e sfiduciata, un altro è affrontarla con speranza e fede. Inoltre, mi piace anche leggere un libro o ascoltare musica rilassante.

Come vede il ruolo della parrocchia nella comunità? Quali sono le più grandi sfide che la parrocchia affronta ad oggi?

Il ruolo della parrocchia, il senso della presenza del sacerdote e dei fedeli hanno senso solo se si trasmette Gesù Cristo morto e sepolto; questo avviene tramite i sacramenti o anche con la presenza, con gli incontri che si fanno, tutto quello che è d’aiuto, anche un semplice sorriso o saluto. Ricordo di una persona che non veniva in Chiesa, era molto reticente. Passando in macchina lo salutavo tutte le volte, all’inizio non sapeva come prenderla, con il tempo poi siamo entrati in una relazione, magari non di fede, ma molto positivo. Insomma, più c’è presenza del sacerdote meglio è, anche se può sembrare invisibile.

Per quanto riguarda le sfide delle parrocchie, la più grande è sicuramente quella di proporre un cambio nella mentalità dello spirito: contrastare quindi pensieri come il nichilismo o lo scetticismo. Si tratta di voler dare una speranza o fiducia, da qui emerge la fede, quella spirituale, non solo come dato ecclesiale, ma proprio intesa come passaggio al “ce la posso fare”. Quando hai Fede e sei consapevole dell’amore di Dio, allora sei certo che non verrai mai abbandonato anche se si attraversano delle difficoltà.

Come vede il rapporto tra Chiesa e le altre religioni?

Io vengo dalla Transilvania, zona in cui si incontrano molte espressioni della fede: cattolici, ortodossi, protestanti, ebrei ed anche musulmani. L’incontro con le altre religioni deve avvenire a livello umano: con rispetto ognuno parla della propria fede senza giudicare o essere giudicato.

Cos’è la cosa che, del suo ministero, le dà più gioia?

L’incontro con Gesù.

 

 

 

 

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