DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del Monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
Un re sul quale «si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore».
Un re che «giudicherà con giustizia e prenderà decisioni eque per gli umili della terra».
Un regno in cui «il lupo dimorerà insieme con l’agnello…il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà… il lattante si trastullerà sulla buca della vipera…».
Un regno in cui «non agiranno più iniquamente né saccheggeranno…».
Troppo fuori dagli schemi quanto ci descrive il profeta Isaia nella prima lettura di questa seconda domenica di avvento, quasi una visione fiabesca di re e regni neanche immaginabili!
Eppure, anche il vangelo ci parla di questo regno, e lo fa attraverso le parole di Giovanni Battista: «…il regno dei cieli è vicino!».
Nessuna invenzione: questo regno è “a portata di mano”, non è “altro da noi”.
Ma per poterlo “vedere”, per poterlo abitare occorre rispondere ad un appello che la Parola ci fa sempre attraverso il Battista: «Convertitevi…». Cosa significa convertirsi? Fare penitenza? Riconoscersi peccatori? Fare opere di mortificazione?
Nulla di tutto questo, ci dice Paolo nella lettera ai Romani: ma significa avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù…accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi». Sono questi gli atteggiamenti che permetteranno al Re e al suo Regno di avvicinarci e conquistarci. Perché non si tratta dell’avvento di chissà quale nuovo ordine sociale, civile o morale ma della possibilità che ci viene donata di unificare, pacificare la nostra mente, il nostro cuore, la nostra anima, la nostra vita attorno ad un unico centro che è Gesù Cristo.
Giovanni Battista lo incontriamo, oggi, nel deserto. E proprio dal deserto rilancia al popolo queste parole: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Giovanni chiede a quanti lo ascoltano di tornare a fare verità in se stessi, di ritrovare la rettitudine del proprio cammino davanti a Dio. Chiede l’impegno ad un cambiamento di mentalità, di comportamento, di stile di vita. Chiede conversione, ovvero il coraggio di scendere nel profondo del proprio io e incontrare se stessi, avere il coraggio di affrontare il cambiamento, accettare la propria storia personale riconoscendo come le esperienze più profonde restino sempre nello spazio dell’inesprimibile, depositare le nostre fatiche nelle mani del Signore, colui che può farci leggere la nostra vita alla luce di Dio, con gli occhi di Dio.
È chiaro allora che, persone ragguardevoli e devote come i farisei e i sadducei, siano duramente criticate da Giovanni: «Razza di vipere…non crediate di poter dire: “Abbiamo Abramo per padre!”». Non potete rifugiarvi, cioè, nel ritualismo esasperato, nella devozione fatta diventare solo pura esteriorità, dietro alla tradizione, dietro una fede di facciata, di coscienza tiepida, svuotando la fede dell’incontro con Dio.
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!»: accorgetevi che il regno si è fatto vicino, che il nostro Dio è incontrabile, conoscibile, presente, evidente… e vuole incontrarci, non essere adorato da lontano.
Allora coraggio, fratelli e sorelle, questo è davvero il tempo di preparare la strada al Signore che viene, questo è davvero il tempo di accogliere questo Dio sempre inatteso, sempre diverso.




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