MARCHE – Un volume fresco di stampa ripercorre la vicenda intellettuale de “Il personalismo italiano dal secondo Novecento ad oggi”: è una pubblicazione apparsa per i tipi dall’editrice Mimesis di Milano nella collana “Filosofia della persona”, promossa e curata dall’Associazione per la Filosofia della persona costituitasi nel 2020 con la denominazione programmatica “Persona al centro”.

L’opera è strutturata in tre sezioni: la prima è dedicata ai “Classici” e precisamente a: Luigi Stefanini, Luigi Pareyson, Michele Federico Sciacca, Giorgio La Pira e Felice Balbo; la seconda sezione prende in considerazione alcuni “Autori di ieri” e precisamente i filosofi: Armando Rigobello, Enrico Berti, Giuseppe Goisis, Italo Mancini, i giuristi Francesco D’agostino,  Stefano Rodotà e Bruno Trentin, e le filosofe Maria Adelaide Raschini, Edda Ducci e Ada Lamacchia; infine la terza sezione presenta alcuni “Autori di oggi” e precisamente: Virgilio Melchiorre, Evandro Agazzi, Vittorio Possenti, Francesco Totaro, Gaspare Mura, Renato Pagotto, Emilio Baccarini, Giancarlo Galeazzi, Luigi Alici e Angela Ales Bello. Complessivamente, dunque, venti sono i filosofi della persona qui selezionati, e che offrono un’articolata idea della vitalità della filosofia della persona in Italia; ciò che appare evidente è il fatto che il personalismo risulta decisamente diversificato, e tale carattere da sempre si contraddistingue questo orientamento filosofico. Se ne ha la riprova anche limitandoci ai tre pensatori marchigiani Italo Mancini (Urbino 1925-1993), Giancarlo Galeazzi (Ancona 1942) e Luigi Alici (Grottazzolina 1950), che sono rappresentativi rispettivamente di un personalismo ermeneutico con portata “ontosofica” (pp. 101-118), di un personalismo pluralista con attitudine “dialogica” (pp. 339-353) e di un personalismo trascendente con valenza “comunitaria”. (pp. 385-399). Citiamo alcune espressioni significative per ciascuno dei tre autori. Del pensiero di don Mancini si sono occupati Andrea Aguti e Damiano Bondi, i quali sostengono che “lo scarso rilievo del concetto di persona negli scritti manciniani“ non significa, tuttavia, che le questioni filosofiche ad esso collegate non siano per lui rilevanti e non assumano talora connotazioni che sono tipiche del personalismo filosofico” (p. 111), tanto che è legittimo affermare che, “ a modo suo, anche Mancini è stato un personalista”, almeno nel senso che è stato “consapevole, soprattutto in filosofia della religione e in teologia, che la nozione di persona gioca un ruolo insostituibile” (p. 118). Secondo Alici, “in quanto attraversata da una intenzionalità infinita, la persona umana riscatta la propria finitezza nella forma della partecipazione in cui essere e libertà si incontrano.

Persona e trascendenza, ancora una volta, simul stabunt simul cadent” […] L’atto di partecipazione offre alla persona umana una fondazione trascendente, che ne accredita al livello più alto l’apertura relazionale come intenzionalità infinita” (pp. 398-399). Giancarlo Galeazzi invita a “non limitarsi all’apologia teorica della persona, ma a realizzare forme di tutela e di difesa pratica delle persone. […] Ciò significa che valgono le buone pratiche di umanità e non solo le dottrine umanistiche”; pertanto “il principio persona va sostenuto in linea teorica non meno che tradotto nel vivere quotidiano, che diventa il banco di prova di ogni teorizzazione”. (p. 349). Da questi e dagli altri autori che compongono il volume emerge un’idea del personalismo come filosofia incentrata sulla persona intesa quale prospettiva di prospettive, e per questo in grado di alimentare il discorso filosofico contemporaneo in senso umanistico.

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