
Nel mondo oltre 295 milioni di persone nel mondo soffrono di fame acuta, quasi la metà a causa di conflitti armati. Un dato che supera il doppio della popolazione italiana. La fame viene sempre più utilizzata come arma di guerra.
È quanto emerge dall’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (Whh), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (Ifhv). Gaza è l’esempio più drammatico: in due anni, documentati 461 decessi legati alla malnutrizione, con oltre 270 solo nel 2025, di cui 157 bambini. Oltre 320.000 minori sotto i 5 anni sono a rischio di malnutrizione acuta. E almeno 20.000 persone sono morte o rimaste ferite nel tentativo di procurarsi cibo o accedere agli aiuti umanitari. Il rapporto denuncia che in 7 Paesi la fame ha raggiunto livelli “allarmanti”, e in altri 35 è considerata “grave”. Dal 2016 a oggi i progressi globali nella lotta alla fame sono stati minimi. “Con i ritmi attuali, l’obiettivo ‘fame zero’ sarà raggiunto solo nel 2137”, avverte Gigi Riva, editorialista di Domani e scrittore, nella prefazione. A Gaza si registra una vera e propria carestia (Fase 5 Ipc). Circa 641.000 persone sono attese in condizioni di catastrofe e 1,14 milioni in emergenza (Fase 4). I prezzi alimentari sono aumentati del 3.400%, la produzione agricola è quasi azzerata e oltre il 98% dei terreni coltivabili è inaccessibile. Cesvi, attiva nei Territori Palestinesi dal 1994, ha continuato le operazioni anche durante il conflitto, garantendo acqua potabile, igiene e sostegno nutrizionale a migliaia di sfollati. “Senza accesso umanitario immediato e continuativo – dichiara il direttore generale di Cesvi, Stefano Piziali – il rischio è lasciare una popolazione stremata a un destino segnato. Serve un impegno globale per una pace sostenibile e la ricostruzione”.
Il rapporto denuncia infine una tendenza globale: quasi il 50% dei casi di fame acuta nel 2024 è stato causato da conflitti, spesso aggravati dalla distruzione intenzionale di infrastrutture e dall’uso della fame come strategia bellica. In Somalia, Sudan, Yemen, Haiti e Madagascar la situazione è drammatica. Cesvi lancia un appello urgente: “garantire il diritto al cibo come diritto umano e mettere fine all’impunità per chi trasforma la fame in arma”.
Gaza – (foto: Cesvi)
La regione dell’Africa a sud del Sahara detiene ancora il primato mondiale di mortalità infantile sotto i 5 anni: in Chad, Niger, Nigeria e Somalia il livello resta estremamente allarmante. Il Sudan e il Sud Sudan il conflitto in corso dal 2023 ha frammentato i sistemi alimentari, ostacolato la distribuzione degli aiuti e provocato lo sfollamento di milioni di persone. A metà del 2024 è stata confermata la carestia in alcune aree del Darfur, con circa 760.000 persone in condizioni di insicurezza alimentare a livello catastrofe (Fase 5 Ipc). In Asia meridionale la denutrizione colpisce ancora quasi 1 persona su 8, ed è in questa regione che si trova quasi il 40% della popolazione denutrita a livello globale. I livelli di denutrizione sono in aumento rispetto al 2016 e Afghanistan, Pakistan e Sri Lanka registrano livelli di fame in aumento. In Asia Occidentale e in Nord Africa la violenza armata in Paesi come Siria, Yemen, Territori Palestinesi occupati ha gravemente colpito la produzione agricola e i sistemi alimentari, provocando milioni di sfollati e riducendo le possibilità di accesso al cibo.
Nella regione dell’Asia orientale e Sud Est Asiatico, tra i Paesi che affrontano le difficoltà peggiori vi è il Myanmar, con un punteggio pari a 15,3 (fame moderata).
L’escalation di violenza e il terremoto del marzo 2025 ha provocato circa 3 milioni di sfollati messo oltre 14 milioni di persone, pari al 25% della popolazione, in condizioni di insicurezza alimentare critiche .
Accanto a queste emergenze, dal 2016 alcuni Paesi hanno registrato progressi significativi. Bangladesh, Nepal, Togo, India, Etiopia, Angola e Sierra Leone.




0 commenti