SAN BENEDETTO DEL TRONTO – In un’epoca satura di eventi effimeri e di consumismo generalizzato, esiste un luogo in Italia dove la cultura non viene prodotta in serie e colta al momento, ma forgiata in maniera progressiva, artigianale, dentro un’atmosfera di “creatività incandescente”. Questo luogo è lo studio d’arte di Mario Vespasiani, che con Mara ha ideato “Indipendenti, Ribelli e Mistici”. Giunta alla sua quinta edizione, dopo aver accolto a Ripatransone nelle Marche, quasi cinquanta tra i più lucidi pensatori del nostro tempo, questa rassegna ha trasceso la definizione di “festival” per diventare qualcos’altro: un opificio culturale, un laboratorio creativo del pensiero, un vero e proprio cantiere per la costruzione di un profondo umanesimo. La sua unicità e la sua riconosciuta autorevolezza a livello nazionale non risiedono nella grandezza dei numeri, ma nella profondità effettiva del suo agire e nell’originalità del suo metodo.

Il primo elemento chiave è il format stesso, non una serie di lezioni frontali, ma un autentico laboratorio dove il dialogo e il confronto sono la materia da modellare, in cui i contenuti non vengono proposti già delimitati ma aperti e vissuti in tempo reale, attraverso un processo fatto di “scambi, interruzioni, ripartenze, dubbi e risposte”. Si rivendica il diritto alla complessità, all’esitazione, alla domanda che genera altre domande e allora l’atelier diventa una “palestra per la mente” che esclude la pigrizia intellettuale di chi va a “cercare solo quello che già conosce”. In questo, la rassegna è intrinsecamente “aggregativa verso l’alto” in quanto non cerca un consenso di massa, ma chiama a raccolta quella comunità di anime generose, curiose e coraggiose che desiderano “conoscere ed espandere la propria coscienza”.

Il secondo pilastro è il luogo: la scelta di “abitare” lo studio dell’artista, trasforma ogni incontro in un’esperienza immersiva, difatti i partecipanti non sono semplici spettatori, ma ospiti attivi (che giungono da tutta Italia) con a disposizione strumenti e tracce per innescare un processo di conoscenza, in grado di sviluppare poi, non solo contenuti ma anche amicizie. Questo genera un’energia irripetibile altrove, un’atmosfera di intimità e di sacralità che predispone all’emancipazione e allo scambio autentico. L’ambiente diventa esso stesso un relatore silenzioso, un testimone del fatto che le idee discusse non sono astratte, ma possono e devono incarnarsi in una forma, in una bellezza, in una vita all’altezza delle aspettative.

Ad oggi Mario Vespasiani è l’unico artista italiano che oltre ad aver avuto una simile idea innovativa, con Mara, la sostiene e promuove direttamente. La missione che guida questo “cantiere” è esplicitamente trasformativa, il titolo stesso – “Indipendenti, Ribelli e Mistici” – non è un’etichetta, ma un manifesto. Si coltiva l’indipendenza dal pensiero unico, la ribellione alla banalità e al conformismo e la sensibilità mistica intesa come capacità di percepire la dimensione spirituale dell’esistenza. La selezione dei relatori segue questo filo d’oro: in cui vengono invitati “personaggi che incarnano in un determinato momento una particolare lucidità di un pensiero, lungimirante, indipendente e profondamente umano”. Il fine ultimo, dichiarato con evidente chiarezza, è quello di contribuire a “generare una società più coesa, generosa e gioiosa di vivere”.

È qui che il progetto, nella visione da filantropi di Mara e Mario Vespasiani, rivela tutta la sua lungimiranza, quale investimento sulla comunità, per favorire la crescita culturale, la creazione di nuove opportunità e la coesione sociale. In un mondo che vuole gli individui consumatori isolati, la rassegna “Indipendenti, Ribelli e Mistici” invita a diventare cittadini partecipi nel riscoprire il valore delle relazioni intense, a gettare i semi per “collaborazioni attuali e avventure future”. È la dimostrazione vivente che la cultura, quando è autentica, coraggiosa e guidata da un amore profondo per l’essere umano, non è un lusso, ma il più potente strumento per immaginare e, infine, per costruire fattivamente quella che – ci si auspica ad ogni occasione – sia la società migliore.

L’artista Mario Vespasiani come mecenate e promotore culturale

Per comprendere il pensiero e della missione di Mario Vespasiani, non è sufficiente analizzare unicamente la sua produzione artistica, per quanto vasta e complessa, bisogna osservare il modo con cui ha saputo costruire attorno a sé un tessuto culturale di cui la rassegna “Indipendenti, Ribelli e Mistici” giunta alla sua quinta edizione, rappresenta il cuore pulsante e la manifestazione più eloquente. Per focalizzare il suo percorso è necessario comprendere la maturazione lo ha portato a trascendere il ruolo tradizionale dell’artista per diventare una mente che attrae e motiva. In un’epoca segnata dalla specializzazione esasperata e dalla frammentazione, dove l’artista crea, il curatore sceglie, il critico giudica e l’istituzione ospita, Vespasiani ha compiuto un atto di sintesi, non limitandosi ad essere l’autore di opere d’arte bensì il mecenate e il propulsore di un intero ecosistema culturale e questo duplice ruolo, che lo rende una figura pressoché unica nel panorama nazionale, non è un’attività accessoria, ma l’espressione più compiuta della sua visione del mondo.

Come mecenate, attraverso la sua reputazione convoglia attorno a sé a filosofi, scrittori, architetti e antropologi, con un atto di generosità intellettuale che ribalta l’impostazione narcisistica di tanti artisti, affinché gli appuntamenti possano risuonare, amplificarsi a vicenda e raggiungere un pubblico attento e partecipe. Come propulsore si occupa con Mara della scelta dei relatori e dei temi che si inseriscono in un percorso di indagine chiaro e in linea con le sue stesse ricerche pittoriche e spirituali. La rassegna diventa così una sorta di opera d’arte essa stessa, un’architettura di pensiero in cui ogni incontro è un capitolo che getta luce sulla condizione umana contemporanea.

È in questa fusione tra il mecenate e il propulsore che si realizza la sua missione più profonda: un duplice atto di connessione e di coesione, creando una “connessione” orizzontale tra le menti e le discipline nel favorire una sempre maggiore partecipazione sociale nel pubblico. In un’epoca di isolamento digitale e di fruizione passiva, il suo spazio è un presidio di umanità, un luogo fisico in cui una comunità si riunisce per ascoltare, per interrogarsi, per condividere un’esperienza. È la rinascita della piazza quale cuore pulsante della polis, un atto di resistenza contro la disgregazione dei rapporti. L’unicità e l’importanza di questa iniziativa, a livello nazionale, risiedono proprio in questo modello, non si tratta di un festival istituzionale, bensì di un centro intellettuale di una comunità viva e pulsante.

La sua “azione creativa e attrattiva” non appassiona solo per l’attualità delle sue opere, ma per la vitalità di un simile progetto culturale, che si pone come un’alternativa concreta e praticabile all’appiattimento del dibattito contemporaneo. Mario Vespasiani non comunica solo mediante i suoi cicli pittorici, ma tracciando una nuova via per identificare il ruolo dell’artista nel XXI secolo: creatore di opere d’arte e perno della comunità, catalizzatore di dialoghi e custode di una mentalità in cui è possibile pensare criticamente, sognare e vivere insieme senza paura, la complessità del nostro tempo.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *