(Foto ANSA/SIR)

Di Maddalena Maltese

“L’impunità è la madre del caos”. Con queste parole il Segretario generale António Guterres ha aperto martedì l’80ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tracciando un quadro drammatico ma lucido dello stato del mondo. In un momento in cui l’Onu celebra il suo 80° anniversario, il suo massimo rappresentante ha lanciato un appello accorato ai leader mondiali: scegliere la pace, la cooperazione e la giustizia, in un’epoca segnata da conflitti, disuguaglianze e crisi climatica.

Nel suo discorso, Guterres ha sottolineato che “la cooperazione non è un atto di ingenuità, ma una strategia pratica per la sopravvivenza”. Ha denunciato l’erosione dei principi fondanti dell’Onu, minacciati da guerre persistenti, polarizzazione ideologica e un clima sempre più instabile. “Emissioni, temperature e disastri continuano ad aumentare. E i meno responsabili sono quelli che ne soffrono di più”, ha affermato, ribadendo che limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C è ancora possibile, ma “la finestra si sta chiudendo”.

Il Segretario generale ha chiesto un’azione più ambiziosa, soprattutto da parte dei Paesi del G20, i maggiori emettitori, affinché guidino la transizione energetica con responsabilità comuni ma differenziate. Ha inoltre sollecitato tutti gli Stati a definire una tabella di marcia credibile per mobilitare 1,3 trilioni di dollari all’anno in finanziamenti per il clima entro il 2035, a sostegno dei Paesi in via di sviluppo.

“La scelta che ci troviamo ad affrontare non è ideologica, ma una questione di vita o di morte per milioni di persone”, ha ammonito Guterres, ribadendo che la pace fondata sul diritto internazionale è il primo dovere dell’umanità. I diritti umani – sociali, economici, politici, civili e culturali – sono, ha detto, “universali, indivisibili e interdipendenti”, e non possono essere considerati un ornamento della pace, ma il suo fondamento.

Nel suo intervento, il Segretario generale ha anche affrontato le crisi più urgenti, senza nominare direttamente i Paesi coinvolti, ma con riferimenti inequivocabili. Ha esortato a cessare il sostegno alle parti in guerra in Sudan e ha condannato con fermezza la punizione collettiva riservata al popolo palestinese a Gaza, definendo la portata della distruzione “la peggiore nei suoi quasi nove anni di mandato”. Ha richiamato l’attenzione sulla sentenza della Corte internazionale di giustizia del gennaio 2024, che impone misure provvisorie per proteggere i civili palestinesi, e ha ribadito che “devono essere attuate, pienamente e immediatamente”.

In un contesto segnato anche da crescenti difficoltà finanziarie per l’Onu, Guterres ha denunciato i tagli agli aiuti come “una condanna a morte per molti”, sottolineando che “sappiamo di cosa abbiamo bisogno… eppure stiamo sottraendo proprio la linfa vitale che lo rende possibile”. Ha invocato giustizia finanziaria e solidarietà come scelte necessarie per preservare la dignità umana.

Il dibattito generale si è aperto con visioni contrastanti, tra il presidente brasiliano Lula da Silva e il presidente statunitense Donald Trump, che ha intensificato le sue critiche all’Onu nel suo primo discorso dopo la rielezione. Ma il messaggio di Guterres è rimasto fermo: “I fondatori delle Nazioni Unite si sono trovati di fronte alle stesse domande 80 anni fa. Oggi, la scelta tra pace o guerra, diritto o illegalità, cooperazione o conflitto è più urgente, più interconnessa, più spietata”.

Un monito che risuona forte tra le mura del Palazzo di Vetro, dove la speranza di un multilateralismo efficace si confronta con un mondo sempre più polarizzato e nazionalista, dove solo i leader dei Paesi più piccoli lavorano ancora per un’Onu dei popoli.

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