(Foto Calvarese/SIR)

Di Salvatore Martinez

Ci sono giorni in cui la parola kairós ti appare così incidente da non lasciarti respiro. Giubileo dei giovani. Giorni lieti e benedetti, da non volerne desiderare di più pieni e opportuni, convenienti e risolventi al crocevia degli umani destini della generazione più giovane di credenti. E se è vero, come è vero, che lo Spirito Santo “definisce” e “dirige” la vita dei cristiani, lo abbiamo “visto, udito e toccato” operare largamente e profondamente, come si addice al grande amore che si effonde nel cuore di chi crede e vuole dare credito alla speranza. Questi i giovani che la Provvidenza ci ha messo dinanzi con il Giubileo dei giovani.

A Tor Vergata, sabato e domenica, i giovani non sono stati al cuore della Chiesa, ma il cuore della Chiesa. Sì, hanno ricevuto dal Pontefice il posto che spetta loro, il posizionamento strategico per un rilancio del bene più grande che una vita possa desiderare e conseguire: l’amicizia salvifica di Gesù.

Rivedere il Successore di Pietro nello stesso palco di Tor Vergata, a distanza di 25 anni, dinanzi a una sterminata fiumana di cuori trepidanti e scalpitanti e risentire la sua voce levarsi forte, alta, decisa, ispirante sulle attese più vere della generazione corrente, ha provocato in me una gioia profonda. In tanti si attendevano di vedere come Leone XIV avrebbe retto la sfida con il suo santo Predecessore, l’inventore di queste Giornate mondiali, che nel 2000 e 2025 hanno avuto lo speciale carattere giubilare. Ineludibile, messo piede a Tor Vergata, il ricordo di san Giovanni Paolo II, certo senza scavalcare i due pontificati di Benedetto e Francesco. Incredibile la somiglianza di passo, di gesto, di voce, di sguardo e di profilo teologico che accomuna Papa Prevost e il giovane Papa Wojtyla, entrambi perfettamente a loro agio tra i giovani, consapevoli che la Chiesa non vive la speranza “nell’attesa di essere felice”, bensì felice di dare compimento a tutte le attese che la animano e la proiettano nella storia.

Entrambi non ci parlano di una “Chiesa dei giovani o per i giovani”, ma di una “Chiesa giovane”, cioè ringiovanita nella sua fede e nel suo slancio missionario, che non si preoccupa di sé, delle sue stanchezze e dei suoi ritardi, ma che si occupa del suo più urgente bisogno: far dire e dare Gesù alla nuova generazione di credenti.

Del resto, Leone XIV non ha esitato a richiamare Giovanni Paolo II. Due volte, nella Veglia e nell’omelia della Messa conclusiva. E con il Papa polacco, come il Papa polacco, il Santo Padre ha dato ai giovani una “consegna” dal ritmo ternario: Gesù è nell’incontro che sconvolge la vita; Gesù è nel coraggio di scegliere; Gesù è nel cuore di chi crede e ama. Lo ha fatto sotto l’egida testimoniale di Sant’Agostino, di cui il Santo Padre continuamente si professa figlio e debitore, il grandissimo padre e dottore della Chiesa che, da convertito, spiega ai neofiti e ai catecumeni di ogni tempo che l’uomo che cerca Dio, in realtà è un “cercato e trovato” da Dio. Nella Veglia del 2000, Giovanni Paolo II aveva affermato: “È Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta…; è Lui che vi provoca…; è Lui che vi spinge…; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere”. Gli ha fatto eco Leone XVI, sabato 2 agosto, suggerendo ai giovani la “preghiera-proclamazione” attuativa: “Tu sei la mia vita, Signore”… Ecco scelte radicali… esprimono il dono di sé, libero e liberante, che ci rende davvero felici”.

E ancora Giovanni Paolo, sabato 19 agosto 2000: “Gesù suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna”.

Che in Leone XIV, nell’omelia della Celebrazione Eucaristica, è risuonato così: “Abbiamo bisogno di alzare gli occhi, di guardare in alto, alle ‘cose di lassù’ (Col 3,2)… Teniamoci uniti a Lui, rimaniamo nella sua amicizia, sempre… Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate. Non accontentatevi di meno”. Giorni lieti, desiderati, veri, i giorni che Roma ha vissuto con il Giubileo dei giovani. Giorni consacrati da Leone XIV, il Pontefice che ha allenato la fede di un milione di giovani tra proclamazione e preghiera, tra visione profetica e realismo del tempo presente, con paternità sensibile e premurosa, con intensità kerigmatica e carismatica. Un amore, tra il Papa e i giovani, che crescerà e che riserverà ancora sorprese.

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