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DIOCESI – Sabato 2 agosto, a partire dalle ore 20:00, si è tenuta ad Ascoli Piceno, in piazza Arringo, dinanzi alla Cattedrale di Sant’Emidio, la Celebrazione della Parola presieduta dall’Arcivescovo Gianpiero Palmieri, durante la quale sono stati benedetti i Sestieri della Quintana e offerti i ceri a Sant’Emidio. Fin dall’antichità, i rappresentanti delle arti e delle corporazioni donavano al vescovo della città un cero votivo per chiedere l’intercessione del patrono Sant’Emidio.
Anche il Comune di Ascoli Piceno contribuiva con il dono del “ciro grande”. Al termine della liturgia, è avvenuto, come di consueto, il sorteggio dell’ordine con il quale la domenica successiva i cavalieri avrebbero dato l’assalto alla giostra. Proprio per questo, durante la cerimonia della presentazione dei Ceri dei sei Sestieri della città, è stato introdotto un nuovo gesto simbolico: i ceri sono stati accesi al Cero Pasquale, e non più donati spenti come da tradizione. Un piccolo, ma potente segno: la luce della speranza che si è diffusa.
Il Vescovo Palmieri durante la riflessione ha affermato: “Le parole di Gesù – sono venute a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso“. – Sono parole forti e bellissime. Gesù era ben consapevole che il Vangelo è come il fuoco.
Anche Sant’Emidio, che è venuto a portare l’Angelo, era ben consapevole che il Vangelo è come il fuoco. Anche chi è cristiano, chi è discepolo di Gesù, non in maniera formale ma per intima convinzione del cuore, sa che il Vangelo è come il fuoco, perché brucia dentro di te ogni narcisistica preoccupazione per te stesso, per il tuo ruolo, per il tuo potere, per il tuo benessere personale. Ti fa bruciare di passione per il bene della realtà che ti circonda, per il bene degli uomini e delle donne con cui vivi, della città nella quale abiti, del paese in cui abiti.
Bruciare di passione per i poveri, per gli ultimi, per gli emarginati. Bruciare di passione per la giustizia e per la pace. Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso, dice Gesù.
Emidio era convinto che portare il Vangelo nella terra dei vicere avrebbe reso questo paese più umano, lo avrebbe liberato dall’asservimento pauroso ai poteri occulti degli dèi capricciosi del mondo pagano, per aprirlo ai valori della fraternità, della concordia, della pace. La fede nell’unico Dio, Padre di tutti, ci avrebbe aiutato a sentirci un popolo di fratelli, tutti accomunati dall’unica dignità di essere figli di Dio. La celebrazione del Signore risorto nel Battesimo, che fra un po’ ricorderemo, e nell’Eucaristia ci avrebbe consentito di rinnovare ogni domenica la memoria che la vita è sempre un ripartire, niente è mai perduto per sempre, non siamo condannati a sprofondare né negli errori, né nella tristezza, né nelle difficoltà della vita, nemmeno nei terremoti.
Per la logica del mondo, dove regna la competizione, una volta che hai sbagliato, sei finito. È una grazia enorme, invece, essere discepolo di Gesù, perché ti fa sperimentare la gioia della misericordia da parte di Dio e dei fratelli, la gioia del ripartire. È una grazia enorme, sottolineata nell’anno del Giubileo.
Dio sa quanto ne abbiamo bisogno della misericordia, del perdono. In questo tempo, così segnato dalla competizione. Carissimo amico, c’è bisogno di speranza.
Puoi ripartire, puoi ricominciare, puoi riprendere il cammino. Come Gesù alla donna a cui ha salvato la vita dalle pietre ipocrite dei maschi pronti a lapidarla. Io non ti condanno, Dio non ti condanna.
Ora ti si apre una strada di vita nuova. Ma la speranza che il fuoco del Vangelo vuole accendere dentro di noi non è solo la speranza di ripartire, è anche la speranza della festa, come quella che stiamo vivendo. Guardateci, guardateci tutti oggi.
Ridiciamo nei riti e negli abiti la festa in onore di Sant’Emidio. La competizione tra i sestieri è reale, ma anche scherzosa. Diciamo che aspettiamo tutti la vittoria del migliore.
Però lo sappiamo bene: sarebbe molto bello se vincesse Porta Maggiore, che non vince da tanti anni. E ce lo diciamo sempre: se vincesse, sarebbe la festa per tutti noi. Sì, è la festa di tutti.
C’è spazio per tutti. Anzi, se qualcuno è escluso, la festa è amara, non è più la festa. Ecco la dimensione della festa.
O è la festa di tutti, o non è la festa. Per questo quest’anno c’è un piccolo segno. Alla processione di Sant’Emidio, quest’anno non sfilerà soltanto il sestiere che vince la Quintana, ma la statua sarà portata da giovani di tutti e sei i sestieri.
Quindi la festa è festa se tutti sono coinvolti, se tutti possono partecipare. Ma questo è vero a tutti i livelli della vita umana. Ecco un altro significato del Giubileo, quello sociale, a partire dalla storia ebraica.
Nel Giubileo dell’Antico Testamento, la terra è di Dio e ogni cinquant’anni ogni famiglia rientrava in possesso della terra. Se aveva perduto la terra, ne ritornava in possesso. Se era diventato schiavo per troppa povertà, ritornava libero.
Ecco un significato straordinario del Giubileo: o la festa è per tutti, oppure non è festa. Anche la terra doveva partecipare alla festa riposando.
Ecco che allora ha un grande significato per noi oggi vivere questa Quintana e sapere che a pochi chilometri da qui c’è una grande festa di giovani a Roma, in occasione del Giubileo. E i pochi giovani di Ascoli che non sono qui, sono a quella festa a cui partecipano un milione di giovani. Sono quasi duemila giovani marchigiani, duecento delle nostre diocesi di San Benedetto e di Ascoli, che partecipano a quella festa insieme a Papa Leone.
È una festa dove è chiaro che la festa è per tutti, oppure di nessuno. Ci sono anche giovani che vengono dalle terre in guerra, giovani che vengono dall’Ucraina, giovani che vengono da Gaza, giovani che vengono dal Sud Sudan, giovani che vengono dal Corno. Ricordiamoci: la festa è per tutti, altrimenti non è una festa.
E allora davvero siamo felici: questo è il Giubileo della speranza. Ed ecco perché questo segno particolare non si consegna a cieli spenti a Sant’Emidio, o meglio, consegniamo dei cieli spenti, ma perché il Vangelo portato da Emidio – Emidio rappresentato sempre col Vangelo che è venuto a portare – ci permetta di accendergli questi cieli. Il Vangelo è venuto a portare la speranza, e quindi oggi, al cielo postale, noi accendiamo i cieli che sono stati portati dai sestieri.
La speranza, infatti, germoglia nel cuore di ogni uomo. Ci è stata portata dalla Pasqua di Gesù nella storia umana. È il dono dello Spirito Santo, la speranza.
L’uomo può anche dimenticarlo oppure non averlo mai saputo, ma la speranza che si porta nel cuore viene da Dio ed è il segno della presenza di Dio, dello Spirito Santo, nel suo cuore. E la speranza è la spinta a ripartire, sempre e comunque. E la speranza è l’ostinazione della pace, sempre e comunque.
E la speranza è la voglia di fare festa, sempre e comunque, con lo sguardo di tutti. Carissimi fratelli e sorelle, buon Sant’Emidio a tutti”.
Il video del discorso del Vescovo Palmieri
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