Di Roberto Gregori
Pubblichiamo il primo, di una serie di articoli, su territorio e cambiamenti climatici
PROVINCIA – Fra gli argomenti sempre in primo piano ed alla attenzione di tutti ci sono gli effetti dei cambiamenti climatici sulla nostra amata nazione e nel nostro territorio; al di la delle motivazioni (che non sono oggetto della presente) è evidente che il nostro pianeta sta attraversando un periodo di cambiamento epocale del clima ed in particolare ci troviamo ad attraversare con sempre maggiore frequenza eventi estremi e temperature fuori della norma per periodi più o meno lunghi.
Una sana ed accurata pianificazione territoriale ed urbanistica quindi non può più prescindere lai predetti cambiamenti climatici e, francamente, questi ultimi non sono più da considerarsi una scusante quando gli eventi “estremi” (o meglio gli eventi che erano estremi ma che oggi iniziano a diventare la quasi normalità) generano danni a cose e persone, ma una aggravante in quanto detti cambiamenti non sono stati considerati nella pianificazione territoriale, urbanistica e di protezione civile come evento non più raro ma rientrante nella “nuova normalità”.
Premesso quanto sopra giova osservare come in questi giorni, nei momenti di massime temperature nelle città metropolitane, siano stati date ( correttamente) alcune indicazioni ai cittadini per evitare nelle ore più calde gli effetti nefasti delle altissime temperature che venivano registrate nelle aree più urbanizzate; fra queste indicazioni ve ne è una che ha fatto sorridere qualcuno è stata quella di passare queste ore all’interno di giardini e parchi nelle città (specie per le persone anziane) in quanto in quelle aree la temperatura reale ed ancor più quella percepita erano molto più basse che nelle aree urbanizzate: la ragione dei sorrisi era che questa indicazione appare ai più una indicazione ovvia, ma ci dà un importante spunto di riflessione!
Se prendiamo ad esempio in considerazione una città metropolitana quale Roma, particolarmente colpita dal caldo anche per ragioni geografiche, possiamo osservare che le indicazioni dei parchi da prendere in considerazioni sono tutti nel tessuto urbano e colpisce come una delle aree “raccomandate” si stata ad esempio “villa borghese”; per chi conosce roma sa bene che villa borghese è a pochissima distanza da Piazza Di Spagna, citata più volte nei notiziari come luogo caldissimo con tanto di ostensione dei relativi termometri nei notiziari!
La motivazione di quanto sopra è ben nota e prendo il nome di “isole di calore”, ovvero la tendenza delle aree urbane che, in mancanza di aree verdi ben radicate nel suolo, tendono a accumulare calore ed alzare la temperatura superficiale e circostante, con maggior accumulo di calore determinato da una serie di concause, in interazione tra loro, tra le quali sono da annoverare la diffusa cementificazione e superfici asfaltate che accumulano calore senza poterlo smaltire e alti palazzi che impediscano la cementificazione; insomma, mano a mano che aumentiamo il cemento delle città e togliamo il verde peggioriamo la resilienza di quelle aree al cambiamento climatico e condanniamo le aree ad essere sempre più nel tempo oggetto di temperature estreme.
In uno scenario cosi chiaro e condiviso dal punto di vista scientifico, stride leggere che la pianificazione urbanistica di grosse città si basa sulla costruzione di grattacieli anche sfruttando cortili e piccole aree verdi residue e con pratiche semplificate, perché si condanna sempre di più l’intera area a soffrire le temperature estreme sempre più frequenti e gli amministratori si caricano di una enorme responsabilità sociale e storica, dove non basta che si mascherino migliaia di tonnellate di cemento con un po’ di verde esterno, perché non mitigano minimane l’effetto di isola di calore generato dalla costruzione di un nuovo grattacielo (come qualche archistar magari prova a far credere); magari poi sono gli stessi amministratori a chiedere a gran voce lo stato di emergenza quando si alzano le temperature nelle loro città per effetto della loro stessa politica scellerata!
Insomma bisogna avere il coraggio di ripensare l’intera pianificazione urbanistica in funzione dei mutati scenari climatici, come vediamo avvenire da anni in molte città europee e gli amministratori che non lo faranno si assumeranno una grande responsabilità nei confronti dei cittadini e della storia.
Considerato che a San Benedetto del Tronto è stato annunciato l’avvio ufficiale della procedura di gara per l’affidamento dei lavori di redazione del nuovo Piano Urbanistico Generale (PUG), sarà importante tenere conto di questo aspetto.
Elisabetta Lelli
Ottimo articolo, sotto ogni profilo. Purtroppo nelle zone (ex) verdi in cui sono stati installati i ripetitori 5G molti alberi, anche secolari, pare abbiano “risentito” delle onde elettromagnetiche e si sono seccati, rendendone necessario l’abbattimento. Risultato: sempre meno aree verdi nel nome del progresso tecnologico. Mi chiedo quanto utile e sano sia tutto questo per l’ambiente ed ovviamente anche per coloro che lo abitano.
Michael
Manca una programmazione del verde. Considerano solo le distanze (infime) tra uno stabile ed un altro. Mancano gli alberi aree verdi