DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse, del Monastero Santa Speranza.
«Mosè parlò al popolo dicendo: “Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima».
Obbedire, osservare, comandi, decreti: termini che ci risultano, forse, troppo duri e crudi.
Che cosa chiede Dio al suo popolo? Eseguire degli ordini? Rispettare delle regole? Osservare delle prescrizioni? Nulla di tutto questo!
Ricordiamo sempre una cosa: la legge di Dio scaturisce dall’Alleanza, da una relazione di amore e fedeltà che impegna Dio e l’uomo. In base a questa relazione d’amore, l’obbedienza ai comandamenti non è altro che l’espressione di una fiducia e di un riconoscere Dio che si è mostrato e si mostra vicino all’uomo con la sua Parola in molti modi.
Ce lo testimonia lo stesso salmista quando canta: «La legge del Signore […] rinfranca l’anima; […] i precetti del Signore […] fanno gioire il cuore; il comando del Signore […] illumina gli occhi. Il timore del Signore è puro […]; i giudizi del Signore sono fedeli».
Le parole di Mosè continuano: «Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là al mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».
Spesso nel percorso della vita rischiamo di disgiungere l’umano da ciò che definiamo religioso, la relazione con Dio, l’osservare la sua legge dalla relazione con gli altri.
Quello a cui la Parola vuole introdurci è proprio il senso dell’altro, non più percepito come disincarnato da noi ma parte di noi e strumento per ritrovare Dio in noi.
È questo il senso delle parole di Mosè ascoltate prima: un comando che non è lontano da noi, che non è alto nel cielo né è al di là dal mare…ma è vicino a noi perché vicino è il fratello, vicina è la sorella.
Non c’è un luogo più santo, non c’è un tempo più santo dell’incontro con Dio nell’oggi, nel quotidiano, nel fratello e nella sorella che incontriamo. Il buon samaritano, protagonista della pagina evangelica di oggi, ce lo mostra chiaramente.
Chi è questo samaritano? Un uomo che si china su un povero disgraziato incontrato lungo la strada, senza sapere chi sia, senza chiedere alcuna carta d’identità. Un uomo samaritano, ovvero un uomo che, agli occhi della religione ufficiale del tempo, è un maledetto, un eretico, uno considerato lontano da Dio.
Proprio quest’uomo incarna quella che è la vera legge di Dio, il vero comando di Dio, quel comando al quale Mosè, all’inizio della nostra riflessione, ci invitava ad obbedire: il comando dell’amore che il samaritano realizza concretamente accostandosi al malcapitato incontrato lungo la strada.
L’evangelista Luca ci dice che lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, gli versò olio e vino, lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo, si prese cura di lui, il giorno dopo pagò per lui l’alloggio, promette all’albergatore di ritornare successivamente a saldare l’eventuale “di più” speso nella cura dell’uomo. Dieci verbi, dieci azioni attraverso le quali il samaritano incarna quelle dieci parole che andranno a dare nuovo significato alla legge antica, quella dei Dieci Comandamenti ed inaugurare la legge nuova, quella dell’amore.
Per il samaritano ciò che conta non è l’appartenenza ad una religione, e tanto meno il credere o meno in un Dio; ciò che è discriminante, ciò che salva è il fermarsi o non fermarsi dinanzi alla necessità dell’altro.
Chi afferma di credere in Dio, come il sacerdote e il levita del medesimo racconto che passano oltre e non si fermano ai piedi dell’uomo picchiato dai briganti, non è ancora detto che riconosca l’essere umano. Ma chi riconosce l’uomo e il suo grido di domanda, sicuramente sta avendo a che fare con il suo Dio.
Il cristiano è l’uomo che vive di fede. Ma l’unica fede che salva è quella che opera per mezzo dell’amore.





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