I vescovi colombiani hanno dato inizio alla loro assemblea plenaria dando priorità all’analisi della realtà nazionale e regionale. Un gruppo di esperti, consulenti del Servizio episcopale per il perdono, la riconciliazione e la pace, costituito dai vescovi durante la scorsa assemblea, nonché sessioni di lavoro per province ecclesiastiche, hanno portato a una diagnosi che ha rivelato modelli allarmanti di violenza, abbandono da parte dello Stato ed economie illegali che continuano a frammentare il Paese a partire dai territori.

Durante l’apertura dell’incontro, mons. Francisco Javier Múnera Correa, arcivescovo di Cartagena e presidente della Conferenza episcopale (Cec), ha espresso preoccupazione per il panorama politico complesso e frammentato della nazione. Nel successivo laboratorio, con esperti e testimoni, si è riflettuto su pace, sicurezza, possibili soluzioni alla violenza. Un forte allarme è giunto da alcuni vescovi di zone periferiche. “Quando lo Stato non arriva, sono gli illegali a dettare le regole”, ha affermato monsignor Omar de Jesús Mejía Giraldo, arcivescovo di Florencia. Mons. Orlando Olave, vescovo di Ocaña, ha proseguito: “È l’assenza dello Stato che porta alla presenza di attori armati che stanno conquistando quei territori. L’elemento che alimenta questa situazione di violenza è la stessa realtà dell’illegalità, non solo il narcotraffico, ma anche l’estrazione mineraria, nonché il racket e le estorsioni”. Da parte sua, mons. Omar Sánchez, arcivescovo di Popayán, ha espresso l’obiettivo di “incoraggiare la speranza a partire dai nostri piani pastorali”.

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