(Foto dal profilo Fb Sis Aung)

(Foto CBCM)

I vescovi cattolici in Myanmar si dicono preoccupati per la situazione di fragilità in cui vivono migliaia di civili a causa dell’instabilità politica e del conflitto e chiedono il rispetto della vita umana e dei luoghi di culto, degli ospedali e delle scuole. “La dignità umana e il diritto alla vita non possono essere mai violati. Chiediamo con forza il rispetto per la vita e per la sacralità dei luoghi di culto, degli ospedali e delle scuole”, si legge in un comunicato della Conferenza episcopale cattolica del Myanmar (Cbcm) diffuso in lingua birmana e tradotto in inglese da Radio Veritas Asia, al termine dell’assemblea generale che si è svolta a Yangon dal 7 al 10 giugno. Il testo è firmato dal presidente della Conferenza episcopale birmana, card. Charles Bo, dal segretario generale, mons. John Saw Yaw Han, e dagli altri 17 vescovi del Paese. Secondo i dati delle ong, più di 1.929 civili sono stati uccisi e 11.000 arrestati, dall’inizio del colpo di Stato del 1° febbraio 2021. Più di 800.000 sono sfollati interni, denuncia l’Unchr. Anche negli ultimi mesi, la giunta militare, che ha preso con la forza il governo del Myanmar, ha continuato a prendere di mira le chiese e le sue istituzioni. Decine di chiese, comprese le chiese cattoliche negli Stati di Kayah e Chin, sono state distrutte da attacchi aerei e bombardamenti di artiglieria mentre migliaia di persone, compresi i cristiani, sono sfollati o in fuga nella vicina India. Almeno 450 case – secondo quanto riporta l’agenzia cattolica di informazione UcaNews – sono state date alle fiamme dalle truppe della giunta negli storici villaggi cattolici di Chan Thar e Chaung Yoe nella regione di Sagaing nel corso dell’ultimo mese circa.

(Foto dal profilo Fb Sis Aung)

I vescovi guardano “con grande preoccupazione” alle migliaia di civili che sono costretti a fuggire dai loro luoghi d’origine e milioni di loro stanno morendo di fame. Per questo, la Conferenza episcopale denuncia lo stato di ansia e la mancanza di sicurezza in cui si trovano le persone, “in particolare gli anziani, i disabili, i bambini, le donne e i malati che devono trasferirsi dai loro luoghi a causa dei conflitti politici nelle loro aree”. I vescovi esprimono anche la loro gratitudine “ai sacerdoti, ai diaconi, alle religiose, ai catechisti e ai volontari che cercano di sostenere e assistere i civili che fuggono in luoghi più sicuri”, si legge nel comunicato. La Conferenza episcopale incoraggia sacerdoti, suore e cattolici a continuare a fornire assistenza umanitaria ai rifugiati indipendentemente dalla loro fede e provenienza” e aiutare le persone che “stanno affrontando lotte e difficoltà senza precedenti a causa dell’attuale situazione politica, senza alcun tipo di discriminazione, per quanto possibile”, afferma la dichiarazione. I vescovi affermano di operare per la “giustizia, la pace e la riconciliazione” e, proprio per questo, chiedono “con forza a tutti gli interessati di facilitare l’accesso umanitario alle persone sofferenti e agli sfollati interni al fine di fornire loro l’assistenza umanitaria di base di cui necessitano”, hanno affermato i vescovi. Nella dichiarazione, la Conferenza episcopale “incoraggia tutte le diocesi in ogni modo possibile a costruire la pace nel Paese” ed esorta “tutti a pregare costantemente”, per la riconciliazione e la pace, a offrire la messa ogni primo giorno del mese e a recitare il rosario ogni sera. La Conferenza episcopale “è al fianco dei civili e continuerà a sostenere i bisogni delle persone indipendentemente dalla loro fede, razza ed etnia”.

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