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Ascoli Piceno, Vescovo Palmieri: “L’anno Giubilare aveva questo obiettivo: farci maturare un cuore che canta, che dice grazie”

ASCOLI PICENO – Ieri, Domenica 28 Dicembre 2025, presso la Cattedrale Santa Maria Madre di Dio e Sant’Emidio ad Ascoli Piceno, si è svolta la Liturgia per la conclusione dell’Anno Giubilare, presieduta dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, vescovo delle Diocesi del Piceno.

Presenti alla Celebrazione i presbiteri della Diocesi di Ascoli Piceno, una grande affluenza di fedeli ed il coro diretto dal M° don Francesco Fulvi.

Le parole del vescovo Gianpiero

Queste le parole del vescovo Gianpiero  durante l’omelia: “Tu non sei solo il tuo peccato, né la tua miseria, né il tuo passato verso cui provi vergogna, ma tu sei un figlio che Dio ama e che non ha mai condannato.

In questa Domenica, che è la Domenica della Sacra Famiglia, ci sentiamo davvero famiglia di Dio, ci sentiamo Chiesa e sentiamo davvero il desiderio di dire grazie al Signore per questo Anno Giubilare che insieme abbiamo vissuto. Forse, se ci chiediamo quali fossero il motivo e la meta di questo Anno Giubilare, la risposta si potrebbe trovare proprio in questa Liturgia che oggi facciamo; è possibile emerga, in particolare, dalla Seconda lettura, ovvero la Lettera di San Paolo ai Colossesi.

Questa non è la Liturgia di chiusura dell’Anno Giubilare, perché non ci sarebbe nulla da festeggiare: è chiusa la Misericordia, è terminato l’Amore di Dio, che senso avrebbe festeggiare?! In fondo, tutte le volte che vogliamo, la porta della Misericordia si spalanca. In realtà questa è la Liturgia che usiamo per ringraziare il Signore; è possibile allora che questo Anno Giubilare avesse questo obiettivo: farci maturare un cuore che canta, che dice grazie al Signore per il suo Amore, per la sua Misericordia ed il suo Perdono.

Non sempre il nostro cuore riesce a fare questo, ma, delle volte, si lascia appesantire da tante cose: tristezza, orgoglio, ira. Ed è qui che smette di cantare e di dire grazie. Ci voleva un Anno Giubilare per riscoprire, appunto, il giubilo, il canto ed il saper dire grazie.

I segni che eravamo chiamati a vivere in questo anno Giubilare, oltre al Pellegrinaggio a Roma, erano 4:

Ovunque sarebbe stato possibile vivere questi 4 passaggi: i segni visibili erano piccoli e semplici, l’evento interiore era di una ricchezza straordinaria. La questione è: di fronte alla mia Miseria, al mio Peccato, alla mia Pochezza, alla mia Fragilità io che ne faccio? Posso reagire in maniera diversa: prendere la Miseria e nasconderla “sotto al tappeto” ed è quello che fa, ad esempio, Erode quando i Magi gli fanno presente che lui non è il Re dei Giudei e questo Erode lo sapeva molto bene ed era una verità che non voleva sentire. Come conseguenza di questo, quando viene sbattuta in faccia una verità che non si vuole sentire, subentra l’ira nel cuore; parliamo dell’ira omicida, quella che ha portato alla strage degli Innocenti. Che ne facciamo della Miseria, della Fragilità e di tutto ciò che non vorremo vedere e che non vorremo far vedere? L’Anno Giubilare ci dice di mettere tutto davanti al Signore e di sentire che Lui le guarda con Amore, ci invita a sentirci amati anche al vertice della propria Miseria, a sentirci abbracciati anche al vertice del proprio Peccato; questo perché tu non sei solo il tuo peccato né la tua Miseria né il tuo passato verso cui provi vergogna, ma tu sei un figlio che Dio ama e che non ha mai condannato.

Questa è l’esperienza del Perdono Giubilare che vuole cancellare tutto il peccato, riabbracciarci e farci alzare in piedi. Vuole permetterci di recuperare quella dimensione più profonda del nostro cuore, una condizione di profonda libertà. San Paolo dice che, quando si sperimenta il perdono, vieni investito di sentimenti di tenerezza, umiltà, magnanimità; questi sentimenti non vengono paragonati ad un vestito, ma ad una seconda pelle. San Paolo continua dicendo che vieni vestito dai sentimenti più belli e poi investito di Amore e Carità, il tuo cuore si unifica nell’Amore che ricevi da Dio e ti rende capace di illuminare i tuoi fratelli. Con il cuore unificato sperimenti una profonda pace, la pace di Dio; questa esperienza è da custodire e la custodia è proprio la Parola di Dio”.