SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – Cresce la preoccupazione per una serie di episodi di vandalismo e degrado che stanno interessando alcune chiese del territorio comunale, in particolare la chiesa del Sacro Cuore. A denunciarli è don Luigino Scarponi, attuale parroco di Sant’Egidio alla Vibrata, che ha deciso di rendere pubblica una situazione divenuta ormai insostenibile.
Secondo quanto riferito dal sacerdote, un gruppo composto da 7-10 giovanissimi, tra cui anche due ragazze, perlopiù di origine albanese ma affiancati talvolta anche da coetanei italiani, frequenta abitualmente gli spazi interni ed esterni delle chiese. Alla noia e al bivacco si sono aggiunti nel tempo atteggiamenti aggressivi e veri e propri atti di vandalismo.
«Rimproverati – racconta don Scarponi – hanno iniziato a rispondere con insulti e a sottrarre oggetti sacri». Tra le mancanze riscontrate figurano un secchiello per l’acqua benedetta, addobbi floreali dell’altare, un vaso in ottone dalla pila dell’acqua santa, una lampada dall’ambone, un elemento decorativo sopra il tabernacolo e persino un microfono con dieci metri di cavo.
L’area antistante la sacrestia del Sacro Cuore, con il piccolo porticato e le scalette, è diventata nel tempo un punto di ritrovo problematico, segnalato per consumo di alcol, fumo, presunto spaccio e fenomeni di bullismo. Le mura risultano imbrattate anche con scritte offensive e bestemmie. Non mancano episodi di forzatura delle porte antipanico e intrusioni notturne: lo scorso agosto, quattro ragazzi sono saliti fino alle campane, facendole suonare. In quell’occasione è stato necessario l’intervento dei Carabinieri di Alba Adriatica.
A questi fatti si aggiungono continui atti di inciviltà: bidoni dell’immondizia rovesciati, ruote di biciclette sgonfiate, oggetti lasciati ovunque. Ogni giorno l’area viene trovata sporca, con lattine, bicchieri, mozziconi di sigarette, cartacce e resti di cibo.
Nel suo intervento, don Scarponi non nasconde il dolore personale: «Mi duole il cuore denunciare queste cose – scrive – e mi porta a dichiarare un fallimento come prete e come educatore». Una riflessione amara che accompagna la decisione di rendere pubblica la vicenda, dopo aver già segnalato il problema al Consiglio Pastorale Parrocchiale, al maresciallo dei Carabinieri e al sindaco, che ha disposto la chiusura con un cancello dell’area interessata.
L’obiettivo, spiega il parroco, non è solo la denuncia, ma soprattutto il coinvolgimento dell’intera comunità e delle famiglie dei ragazzi. Da qui una serie di domande aperte: cosa può fare concretamente la comunità di Sant’Egidio? Quali spazi alternativi e accoglienti offrire ai giovani? Chi è disposto a investire tempo e competenze come educatore di strada? È possibile costruire una rete educativa più strutturata, magari coinvolgendo cooperative o realtà del territorio?
Interrogativi che chiamano in causa anche il futuro della “Porta della Speranza”, iniziativa avviata lo scorso 4 giugno proprio con l’intento di creare una rete educativa. Una sfida che, oggi più che mai, chiede risposte condivise e un impegno collettivo.
