DIOCESI – In un’epoca di relazioni superficiali, l’amicizia cristiana si rivela essere uno sguardo profondo che crea un legame forte che supera l’individualismo; uno spazio in cui si è accolti senza essere giudicati e si partecipa alla vita dell’altro, creando una comunione di intenti e sentimenti; un luogo in cui ci si manifesta il bene attraverso gesti di affetto, consolazione e sostegno reciproco; un tempo in cui ci si scopre strumenti di Dio per gli altri e si cammina quindi insieme verso la gioia, trasformando ogni forma di possesso in servizio.
È questo il filo rosso che unisce le testimonianze sull’amicizia che ieri sera, 21 Novembre 2025, dalle ore 21:00 in poi, Giulia Iozzi, Francesco Bollettini, Emanuele Sebastiani e Giovanni Rossi hanno reso presso la cattedrale Santa Maria della Marina, in San Benedetto del Tronto, davanti ad una nutrita assemblea di giovani, durante la GMG interdiocesana.
L’incontro, presieduto dall’arcivescovo Gianpiero Palmieri, è stata l’occasione per pregare non solo per i diaconi Francesco Bollettini e Giovanni Rossi che oggi saranno ordinati presbiteri, ma anche per tutti i giovani che vivono momenti di difficoltà o perché si sentono soli o perché non trovano il loro posto nel mondo o perché vivono il dramma della guerra.
La serata, che ha registrato una grande partecipazione di giovani, è stata organizzata dalle Équipes di Pastorale Giovanile delle due Diocesi del Piceno, coordinate da don Matteo Calvaresi e don Luca Censori.
A rendere ancora più preziosi i momenti vissuti insieme è stato il Coro interdiocesano dei Giovani del Piceno, diretto dal M° Marco Laudi ed accompagnato dall’organista Miriana Mercuri.
“L’amicizia è bella perché non è straordinaria”
La testimonianza di Giulia Iozzi
A creare l’atmosfera giusta per la serata è stato il brano di Olly “Ho un amico“, a cui è seguita la lettura di uno stralcio del Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale dei Giovani. Ma l’incontro è entrato nel vivo con la testimonianza della giovane Giulia Iozzi, studentessa universitaria, la quale ha raccontato l’esperienza di amicizia con una sua coetanea: “Ho conosciuto questa ragazza all’università per motivi di studio. Si è offerta di aiutarmi. Io non avevo chiesto niente, ma lei ha capito che avevo bisogno di aiuto e si è fatta vicina. Il giorno del suo compleanno, per ringraziarla, le ho preparato una bella torta, ma, quando tutta entusiasta glie l’ho consegnata, lei mi ha detto che non mangia dolci! È stato lì che ho capito che fino a quel momento il mio legame con lei era rimasto in superficie, non era mai andato in profondità. Io non la conoscevo affatto, non sapevo cosa facesse nel tempo libero, quali fossero le sue passioni o i suoi gusti. Quindi, nonostante il rifiuto della torta, ho deciso di andare oltre quel no, che comunque mi ha ferito, mi ha fatto rimanere male. Ho deciso di conoscerla veramente e così ho scoperto che l’amicizia non solo stringersi la mano, dirsi ciao e parlare del più e del meno; bensì è conoscersi davvero, saper ascoltare, esserci, offrirsi all’altro, volersi bene. E ho scoperto anche che l’amicizia è bella perché non è straordinaria, bensì si manifesta nelle pieghe della vita, nei momenti inattesi, nelle difficoltà, nella gioia, nella quotidianità”.
“Gesù vuole che tu viva in pienezza”
La testimonianza di Francesco Bollettini
Il secondo giovane che ha raccontato la sua esperienza di amicizia è stato il diacono 27enne Francesco Bollettini, il quale, alla vigilia della sua ordinazione presbiterale, ha affermato: “A volte i pensieri negativi sono i nostri peggiori nemici. In un momento della mia vita, mi sono sentito solo, perso, come se non capissi quale fosse la motivazione per cui andare avanti. Ma ci sono state persone che mi hanno fatto vedere la bellezza che avevo dentro, quando io stesso non ero capace di vederla. Sono questi gli amici: coloro che mi hanno fatto incontrare Dio, perché mi hanno amato gratuitamente e, attraverso il loro amore, mi hanno fatto scoprire l’Amore di Dio. E la cosa bella è che ognuno di noi è chiamato da Dio a sperimentare questo Amore e a restituirlo. Gesù è il primo amico, il più grande. E questo amico è vicino a te: è presente, è vivo e non vuole che la tua vita sia solo alzarsi, andare a scuola, mangiare, studiare, dormire. Al contrario, vuole che tu viva in pienezza! Perciò circondati di amici che ti dicono cose belle, che ti incoraggiano, che ti spronano, ti sostengono e ti fanno vedere la bellezza che tu, a volte, accecato da sentimenti negativi, non riesci a vedere. Circondati di amici che ti vogliono bene e che ti conducono sulla via dell’Amore vero, pieno”.
“Ho provato una gioia infinita nel servire”
La testimonianza di Emanuele Sebastiani
Il terzo giovane ad intervenire è stato Emanuele Sebastiani, che ha 27 anni e a Dicembre sarà ordinato diacono: “Sono cresciuto in una famiglia cristiana, ma da adolescente non ascoltavo i miei genitori, volevo fare di testa mia e quindi ho compiuto azioni poco buone. Sono arrivato al punto di sentirmi uno schifo e di dire: ‘Forse è meglio che domani non mi alzi‘. Ma ad un certo punto, Cristo, attraverso la Chiesa, è venuto a prendermi. Avevo fatto deserto intorno a me, mi sentivo di non avere più nessuno, ma poi ho scoperto di essere amato. Ed è stato naturale restituire quell’amore. Sono stato in missione per tre anni e ho servito i pellegrini che venivano da ogni parte del mondo. Ho provato una gioia infinita nel servire. Meglio di una ragazza, di una partita con gli amici, di una cena in compagnia. La mia esperienza, dunque, è questa: prima di tutto sono stato servito e quindi oggi posso servire con la consapevolezza che la gioia più grande è servire e non essere serviti“.
“Tra i poveri mi sono sentito il più povero”
La testimonianza di Giovanni Rossi
A chiudere le testimonianze dei giovani è stato Giovanni Rossi, che ha 29 anni e oggi sarà ordinato presbitero: “C’è stato un momento della mia vita in cui ho compiuto azioni sbagliate: a dire la verità cercavo l’amore, ma lo cercavo dove non c’era, dove non potevo trovarlo. È stato in quel momento che ho scoperto che c’era qualcuno che mi amava anche quando io gli ero nemico e ho capito, nel tempo, che amare di un amore così non poteva essere solo con le nostre forze. Ho quindi iniziato a cercare la Verità e sono andato in missione in Israele: lì, vivendo fino in fondo l’esperienza del servire, ho scoperto che la Verità è nell’amore dell’altro. Successivamente sono stato anche in Papa Nuova Guinea e lì ho scoperto la povertà, non quella degli altri, ma la mia. Dio mi ha messo in mezzo ai poveri per farmi scoprire la mia povertà. Tra i poveri mi sono sentito il più povero nella vita. In tutto: ad esempio non conoscevo la lingua, quindi non potevo neanche parlare! E così ho scoperto che solo nel servire la mia vita è piena.
Questa è la mia esperienza e voglio quindi dire a ciascuno di voi: ‘Qualsiasi cosa tu abbia fatto nella vita, Dio ti ama!’. Solo fare esperienza di questo Amore porta alla felicità”.
“Questi tre amici per noi ci saranno sempre”
Le parole del vescovo Gianpiero
A concludere la serata è stato il vescovo Gianpiero Palmieri, il quale ha affermato: “L’amicizia è un fatto di sguardi. Domenica ci sarà il racconto di uno sguardo particolare che Gesù dà ad una persona, forse l’ultimo sguardo d’amore al mondo. È lo sguardo che Gesù rivolge a Disma, quello che comunemente viene chiamato il buon ladrone. Ma Disma non era buono per niente! Per stare su quella croce chissà quante ne aveva fatte! Ne aveva fatte sicuramente tante quante l’altro ladrone. Disma è dunque uno che nella vita ha peccato. Peccare significa letteralmente ‘sbagliare il bersaglio’. Quando pensiamo al peccato, dobbiamo immaginare un arco e una freccia che non centra il bersaglio. Peccare, infatti, significa sbagliare bersaglio nella vita. Vorrei essere felice e mi ritrovo triste. Vorrei avere dei buoni amici e mi ritrovo solo. Vorrei andare bene a scuola e invece non riesco. Insomma anche Disma aveva peccato, aveva commesso degli errori di bersaglio, come capita a tutti. Ma quando sale sulla croce, capisce una cosa importante, cioè che quello che era stato condannato, era il Re. Allora Disma dice al Signore una cosa molto umana: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Ed è questo lo sguardo di amicizia a cui Gesù rivolge, a sua volta, il suo sguardo d’amicizia, dicendogli: « In verità ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso». Il primo ad andare in Paradiso, dunque, dietro a Gesù, non è la Madonna, che è la creatura perfetta, ma Disma, il ladrone. Questo significa che, quando uno si guarda allo specchio e si riconosce peccatore ma al tempo stesso volge lo sguardo al Signore, ecco che il suo cuore si infiamma“.
Mons. Palmieri ha poi spiegato che esistono vari livelli di amicizia secondo Sant’Agostino: “L’amicizia ha 3 gradi, dal più semplice al più perfetto.
– Il primo è quello di chi dà le cose agli altri. Ti occorre un favore, te lo faccio. Ti serve un oggetto, te lo regalo.
– Il secondo è quello di chi dà se stesso. Ti dono il mio tempo, il mio ascolto, la mia vita.
– Il terzo è quello di chi si spoglia della pretesa di essere migliore degli altri. Riconosco che non sono migliore di te. Rinunciare a questa presunzione non è semplice, ma noi siamo chiamati ad essere come Gesù, che non dice a Disma ‘Io sono migliore di te’, bensì gli rivolge il suo sguardo d’amore e gli dice: ‘Io sono qui sulla croce accanto a te; io non sono più bravo di nessuno’. Quando ti senti amato così, non puoi più amare, se non in questo modo”.
Ha infine concluso il vescovo Gianpiero: “È un fatto molto bello che questi tre giovani, due presbiteri e un diacono, abbiamo deciso di spendere la loro vita per servire noi. Non capita spesso. Questo è un regalo del Signore per noi. E sono molto belle anche le tre esperienze di amicizia che ci hanno raccontato: Francesco ha sperimentato che il Signore gli era vicino anche quando non lo poteva neanche lontanamente immaginare; Emanuele ha incontrato l’amicizia del Signore quando ha avuto la percezione, seppur giovanissimo, di aver toccato il fondo, di aver perso tutto; Giovanni ha incontrato Gesù in mezzo ai poveri e ha sentito di sentirsi il più povero di tutti.
Tre storie che ci ricordano che gli amici sono come le stelle: ci sono sempre, anche di giorno, quando non si vedono. E questi tre amici per noi ci saranno sempre“.
E nel concreto due gesti significativi …
Durante la serata sono stati compiuti due gesti molto significativi.
A metà serata è stato chiesto ai giovani presenti di prendere il proprio cellulare e di inviare un messaggio a un amico o ad un’amica da loro reputato importante per la loro vita. Il testo del messaggio poteva contenere un semplice saluto oppure un ringraziamento oppure delle scuse oppure qualcosa che avrebbero voluto dire da tempo, ma che non avevano mai avuto il tempo o il coraggio di dire.
Al termine della serata, invece, i giovani sono stati invitati a mettersi in fila nella navata centrale della cattedrale, dove prima della veglia erano state poste alcune stelle fluorescenti, ciascuna delle quali rappresentava un testimone che ci ha condotto a Gesù, proprio come le stelle conducono i marinai durante la notte. Ogni stella ha ricordato ai ragazzi che ciascuno di noi può essere una stella che brulla per qualche altra persona, indicando la via verso Gesù. Ogni giovane quindi è stato invitato a raccolto una stella e a tenerla con sé come ricordo e magari anche come impegno.

































