Di Alessandro Pertosa
ASCOLI PICENO – Il 18 e 19 ottobre ad Ascoli Piceno, nel silenzio solenne di San Pietro in Castello, è andato in scena Romeo e Giulietta – Un Amore al Buio. Una produzione del Laboratorio Minimo Teatro, per la regia di Eleonora Balestra. Si è trattato di un evento che è andato ben oltre il semplice spettacolo: direi piuttosto un’esperienza percettiva, un viaggio nel buio in cui l’amore di Shakespeare torna a vibrare attraverso la voce, il suono e il respiro degli artisti.
Quando la sala piomba lentamente nell’oscurità, non si avverte semplicemente l’assenza della luce, ma il clamore burrascoso della poesia. Il buio diventa linguaggio, terreno fertile per chi è cieco e non può vedere e per chi, vedendo, ha forse dimenticato come si ascolta il mondo. Qui il teatro si fa accessibile a tutti, ma soprattutto sensibile: lo spettacolo restituisce al pubblico il potere dell’immaginazione, invitandolo a percepire il mondo con ogni fibra del corpo.
L’idea alla base di questo lavoro è radicale nella sua semplicità: trasformare la cecità in una nuova forma di percezione teatrale. In scena non si guarda, ma si ascolta. E in quell’ascolto ogni suono, ogni odore, ogni vibrazione diventa gesto e luce. Così, l’amore di Romeo e Giulietta si manifesta come pura energia sonora e olfattiva, un incontro di voci che si cercano e si riconoscono nel buio, laddove la vista non può arrivare.
A rendere l’esperienza ancora più avvolgente è la disposizione scenica dello spettacolo: gli spettatori siedono in un doppio cerchio concentrico, una sorta di grande occhio simbolico che abbraccia e include tutti. È l’occhio del teatro, che finalmente guarda attraverso chi ascolta. Non più palco e platea separati, ma un unico organismo sensoriale, un respiro collettivo che abolisce la distanza e annulla le gerarchie.
In aggiunta, l’antica chiesa di San Pietro in Castello amplifica ogni emozione. Le sue pietre bianche, la volta alta e la risonanza naturale trasformano ogni suono in architettura. Le voci diventano materia viva, i profumi disegnano luoghi invisibili: come l’aroma dolce dell’incenso, i sentori intensi che evocano il giardino dell’amata. È un teatro che si espande oltre la vista, una sinestesia di sensi che abbraccia lo spettatore e lo guida in un’esperienza quasi mistica.
Con questa regia, Eleonora Balestra firma un lavoro di grande finezza e coraggio. Dimostra di conoscere a fondo Shakespeare e di saperlo tradire con amore, restituendolo a una dimensione più autentica, fragile e contemporanea. La sua «visione al buio» non toglie nulla allo spettacolo, anzi aggiunge: priva di orpelli, la tragedia si rivela in tutta la sua nudità emotiva. I due amanti tornano a riconoscersi come esseri umani, fatti di voce, tremore e respiro.
Gli attori – tutti ascolani e davvero straordinari nel mantenere la tensione alta per l’intera durata della rappresentazione – offrono una prova corale di altissimo livello, calibrando le voci con sensibilità accurata e ottima presenza scenica.
Le voci di Romeo e Giulietta si rincorrono come echi d’anima, si sfiorano nel buio e accendono una passione che si percepisce quasi fisicamente. Attorno a loro, gli altri interpreti si muovono in perfetta unità, come accordi armonici di una medesima sinfonia, conferendo alla messinscena una qualità musicale e ipnotica di altissimo livello.
Quando il silenzio finale riempie di nuovo la sala, nessuno si muove. È come se il tempo si fermasse. Poi un applauso lungo, profondo, quasi liberatorio, si propaga nel buio. Non è un applauso di rito, ma un ringraziamento a chi ha il coraggio di spogliarsi della luce per restituire al pubblico la verità persistente dell’emozione.

