
Due santi “in un colpo solo”. Un laico, il medico José Gregorio Hernández, e una religiosa, suor Carmen Rendiles, sono stati, domenica 19 ottobre, i primi due santi del Venezuela.
Una gioia grande, per il Paese sudamericano, anche se la festa si intreccia con le vicende sociali e politiche di un Paese che, da anni, vive una stagione difficilissima, fatta di mancanza di libertà e democrazia, difficoltà economiche, emigrazione di massa.
Lo stesso evento della canonizzazione, è diventato, per certi aspetti, un “fatto politico”, coincidendo con uno dei momenti più duri della repressione antidemocratica del Governo guidato da Nicolas Maduro, ma anche con una fase di grande tensione, se non di veri e propri “venti di guerra”, tra gli Stati Uniti e il Venezuela. Sono, finora, caduti nel vuoto gli appelli arrivati da più parti al presidente venezuelano, per una liberazione dei detenuti politici, in occasione delle canonizzazioni. L’evento, ha scritto in un messaggio al Paese la Conferenza episcopale venezuelana, “è un’occasione propizia, affinché le autorità dello Stato emanino misure di grazia che consentano di restituire la libertà a coloro che sono stati incarcerati per motivi politici. Riteniamo che in questo modo si favorirebbe la tranquillità e l’armonia non solo delle famiglie e dei parenti di queste persone, ma dell’intera società”. Qualche giorno prima, lo stesso auspicio era stato espresso dalla leader dell’opposizione, María Corina Machado, prima di essere insignita del Nobel per la Pace. Machado aveva fatto appello a Papa Leone XIV, perché si adoperasse in tal senso. Finora, però, Maduro non ha ascoltato nessuno
Resta, però l’esempio luminoso, e per molti aspetti attuali dei nuovi santi, attivi in modo competente e coraggioso, l’uno nel campo della professione medica, l’altra nel campo dell’educazione. Due attività strategiche per qualunque società, e particolarmente necessarie per il Venezuela di oggi, dove vaste fasce di popolazione sono escluse da servizi sanitari ed educativi, anche a causa dei molti “vuoti” lasciati da chi si è visto “costretto” a lasciare il Paese, in tutto un quarto della popolazione.
Laico esemplare e medico dedito ai poveri. Da decenni è grande la devozione popolare per José Gregorio Hernández, nato a Isnotú, nello Stato di Trujillo, il 26 ottobre 1864. Fin da giovane dimostrò una grande intelligenza e una profonda vocazione al servizio. Si laureò come medico presso l’università Central de Venezuela e si specializzò a Parigi, dove si distinse per l’eccellenza accademica e l’impegno sociale. Al suo ritorno in Venezuela, praticò la medicina con passione e dedizione, soprattutto tra i più poveri e svantaggiati. Il suo studio divenne un riferimento per coloro che non potevano permettersi cure mediche. Non solo curava le malattie, ma forniva anche conforto spirituale e sostegno emotivo ai suoi pazienti. La sua religiosità permeava la sua vita e il suo lavoro e si manifestava nell’amore per il prossimo e nella dedizione ai più bisognosi. È beato dal 2021.
“Era medico, professore, fratello e amico. Era anche amante della musica e possedeva una cultura molto ampia. Coltivava l’amicizia ed era un eccellente conversatore e ospite”, ha scritto la Conferenza episcopale venezuelana, nel già citato messaggio. Padre Francisco Javier Duplá, gesuita, collaboratore del centro Gumilla di Caracas, biografo e grande conoscitore del nuovo santo, spiega al Sir: “il beato José Gregorio è una figura di grande attualità, lo vediamo anzitutto come un laico esemplare, che seppe testimoniare la sua fede in tempi, anche allora, difficili. Un laico, appunto, che fu, da un lato uomo di grande fede e preghiera, e, dall’altro, fu esemplare nel suo lavoro, nella dedizione e nella competenza. Ebbe competenze professionali e scientifiche di grande rilievo, che mise in luce già durante la sua specializzazione, a Parigi”.
In Venezuela, “si mobilitò verso i malati più poveri in occasione dell’epidemia influenzale del 1918, o per curare i malati di tubercolosi, maneggiava con grande abilità il microscopio. Fondò un laboratorio, fu anche insegnante. Era molto stimato anche da colleghi non credenti, fece parte dell’Accademia nazionale di medicina, su invito del fondatore, Luis Razetti. Ma si rifiutò di sottoscrivere un documento sulle origini della vita lontano dalla visione cristiana”. Il gesuita lascia un messaggio anche per l’attualità: “La medicina dev’essere per tutti, ma ciò non accade, mentre tanti medici hanno lasciato e lasciano il Paese”. Riconoscimento alle donne venezuelane. Pur essendo meno conosciuta, è di grande rilievo anche la testimonianza di Carmen Rendiles. Nacque a Caracas l’11 agosto 1903. Il 25 febbraio 1927 entrò nella Congregazione francese delle Serve di Gesù nel Santissimo Sacramento. Nel 1961, madre Carmen, con l’appoggio dell’episcopato nazionale, preferì chiedere la separazione dalla Congregazione madre per formare un Istituto autonomo, del quale fu nominata superiore generale. Morì il 9 maggio 1977.
Il processo per la canonizzazione iniziò il 9 marzo 1995. Il rito di beatificazione è stato celebrato il 16 giugno 2018
La nuova santa viene definita dai vescovi venezuelani “una donna con molte qualità umane di leadership, iniziativa e intraprendenza, frutto della sua vocazione cristiana e della sua generosa dedizione al servizio. Seguendo le sue orme, la Congregazione delle Serve di Gesù ha promosso un’opera educativa, benefica ed evangelizzatrice in molti luoghi del Venezuela e all’estero. Madre Carmen è e sarà uno stimolo per molte donne nel vedere come lei, con una grande fede in Gesù Cristo e sfruttando le sue naturali doti di leadership creativa, ha compiuto opere di bene a favore dei bambini e dei giovani nelle famiglie e nella Chiesa”. L’arcivescovo di Caracas, mons. Raúl Biord, ha parlato di “un riconoscimento alle donne venezuelane e al loro grande contributo alla Chiesa e alla società”.
Stimolo per una patria di fratelli. Per la Conferenza episcopale venezuelana, presente, con molti vescovi, al rito di canonizzazione, in piazza san Pietro, l’inserimento nel calendario universale dei primi santi venezuelani è un onore per l’intera nazione: “Per questo motivo, la loro canonizzazione non può ridursi a gesti esteriori di gioia e a omaggi artistici e culturali che vengono loro resi pubblicamente, ma deve favorire una profonda riflessione sul presente e sul futuro della nostra patria, alla luce delle virtù che questi santi hanno vissuto in profondità. È un forte stimolo affinché tutti i venezuelani si incontrino e si apprezzino come figli della stessa Patria e fratelli tra loro”.